I.4.Dante e Dio
Nella figura di Dante con fluisce la crisi degli istituti e
delle forme della civiltà medievale, mentre in tutta la sua opera,
perticolarmente nella Divina Commedia, è presente l'estermo
tentativo di superare questa crisi per potere restaurare l'equilibrio ormai
spezzato. Anche si oggi l'ediale politico del poeta può sembrarci
un'utopia, è necessario che lo si comprenda , posto nel suo periodo, per
capire la genesi stessa della Divina Commedia.
Bisogna ricordare prima di tutto, il Convivio e la
Monarchia: nel primo, Dante si sofferma sulla necesità
dell'impero e dei suoi limiti: da Romolo ad Augusto, l'ascesa di Roma fu voluta
da Dio e perciò l'autorità data all'Imperatore ha lo scopo di
raggiungere i beni temporali, che preparano a quelli spirituali.Tale argomento
verrà meglio sviluppato nel De Monarchia in cui Dante vuole
dimostrare ancora la necesità dell'impero che, mediante
un'autorità iniversale, l'Imperatore, come la luna, riceve, grazie alla
benedizione del Papa non il proprio essere, ma la luce della grazia che gli
consente di operare con giustizia e onestà.Il poeta è anche
convinto che la chiesa non preceda l'impero, perché per i due fini
assegnati da Dio all'uomo in terra ( la beatitudine di questa vita e quella
della vita eterna) sono necessarie due guide per gli uomoini: il Papa, per
guidare l'umanità alla vita eterna e l'Imperatore per la felicità
temporale, due poteri autonomi.(Anche se alla fine Dante ammette che ci
può essere uno certa subordinazione del principe romano al romano
pontifice in qualche cosa, dal momento che la felicità terrena è
ordinata verso la felicità eterna).
Il pensiero politico di Dante, con il passare degli anni,
sembra (anche se questo è un problema molto dibattuto) abbia subito dei
mutamenti: il poeta, con la Divina Commedia pare aver dato, respetto
alle opere precedenti, maggiore importenza al rinnovamento della chiesa non
solo per i fini ultra terreni ma anche per quelli politici.
Riguardo al fondamentale concetto dell'interpretazione
provvidenziale la Divina Commedia sarà meglio compresa,
ricordando l'interpretazione figurate di Auerbach, secondo cui la provvidenza
divina ha eletto, fin dagli inizi, Roma capitale del mondo, dando al popolo
romano grandi vertù per conquistare il mondo e ridurlo in pace; dopo,
sotto Augusto, giunse finalmente il momento del Redentore: per questo Roma
terrena, figura, anticipazione della Roma celeste, specchio dell'ordine divino
nel mondo, diventa il centro del Cristianesimo e sede del Papa. Così,
tutta la tradizione romana confluisce nella storia della redenzione.
La Divina Commedia è sicuramente un'opera nel
suo insieme politica e autobiografica, ma è particolarmente nei canti
sesti dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso, che queste caratteristiche
si evidenziano maggiormente. Nella sua ascesa verso Dio, Dante " Pellegrino"
non può sminuire il valore della città terrena, frutto della sua
osservazione della storia, la quale gli serve a dare concretteza alla sua
poesia che altrimenti diventerebbe astratta.
Il centro ideale di questa epopea divina è la
redenzione, che dà significato religioso al processo provvidenziale
della storia, che viene vista così come teologia della storia, per Dante
un punto preciso di partenza per giungere, alla fine, al vero supremo, a Dio,
diventando, da storia, metastoria.Il poeta riesce a comprendere la
realtà del suo tempo grazie alla conoscenza della storia che lo aiuta a
fare luce su tutte le mesesie del suo periodo.Egli scorge nelle oscure
profondità del consiglio divino il processo del manifestarsi storico:
storia eberea e storia romana diventano anche storia sacra.Dante vede
Dio-vivere-attraverso i fatti, per indirizzare l'umanità verso uno scopo
determinato, diventando cosi ispiratore della storia, fatta dagli uomini:"
vedi quanta virtù l'ha fatto degno di riverenza....."(Paradiso
C.VI.VV.34.35)
Lo scopo di Dante è fondamentalmente quello di condurre
l'umanità dalle lotte e da dolori terreni verso la pace, dalla
città terrena alla città celeste verso la purezza della luce
divina.Per questo trascendente scopo di giustizia, Dante attraverso le parole
politiche di Ciacco, condanna l'uomo che lotta contro l'uomo ed anche l'uso
della violenza, di cui è imbevuta la storia.
Il poeta è teso sempre a cercare nella storia un
distino, un desegno della provvidenza divina, un giudizio di Dio nello scorrere
del tempo storico, un rapporto profondo fra il momento reale, concreto e
l'assoluto: quell'ideale assoluto, che è la suprema e ultima speranza al
dolore degli uomini, si trova nell'emozione del presente."perché
foco d'amor compia in un punto......."( Purgatorio
C.VI.VV 38)
Dante l'autore universale e di ogni tempo, trasmette a noi
l'importenza e l'eterno attualità di un valore, la fede in qualcosa che
superi, tarscenda la triste corrotta realtà, illuminandola di luce
divina: infatti è solo questa luce divina che può dare un'ultima
e suprema spiegazione a quelle che inzia come semplice e contigente storia
umana ma che sarebbe incompleta, assurda ed imperfetta se non tendesse verso
uno metastoria, qualcosa che va al di là della stessa storia terrena.
Solo con questa speranza, con questa tensione verso l'assoluta, come scopo
ultimo della vita terrena, si può vivere ed accettare con dignità
la stessa vita terrena, in cui operiamo secondo desegni imperscrutabili.
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