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Francese, italiano e lingue camerunensi a contatto: indagine sugli errori degli apprendenti d'italiano l2 presso il liceo classico e moderno di maroua

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par Edgar Jr MBIADJEU
Université de Maraoua - Cameroun - DIPES II 2014
  

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INTRODUZIONE GENERALE

Nel mondo moderno in cui vige il cosmopolismo, la conoscenza di più lingue è necessaria per chi vuole non solo variegare le proprie possibilità comunicative, ma anche integrarsi in modo efficace per poter interagire con gli altri. In questa prospettiva, molti paesi tra cui il Camerun promuovono il multilinguismo e il plurilinguismo nelle loro strutture scolastiche. Il Camerun è un paese multilingue, con circa 2801(*) lingue locali e due lingue ufficiali (il francese e l'inglese). In generale, l'inglese è usato soprattutto nelle regioni anglofone del Sud-Ovest e del Nord-Ovest mentre il francese è usato nel resto del paese (Cfr. Gerbault, 1997). Quindi, nonostante la parità ufficiale delle due lingue, il francese occupa uno spazio maggiore. Nessuna delle oltre 280 parlate locali è usata nell'amministrazione o nella stampa nazionale. Per?, il sistema educativo camerunense prevede l'insegnamento di molte lingue internazionali nelle scuole e nelle università. Oltre alle lingue ufficiali, le lingue che godono di una lunga tradizione di insegnamento-apprendimento nel paese sono il tedesco e lo spagnolo. Accanto a queste lingue vengono insegnate altre lingue straniere come l'arabo, il cinese e l'italiano. La politica di diffusione della lingua italiana ha fatto ufficialmente il suo ingresso in Camerun nel 1995 dopo un accordo firmato tra l'ambasciata d'Italia a Yaoundé e l'Università di Dschang (Kuitche, 2012). L'italiano fu integrato in modo ufficiale nei programmi della Facoltà di Lettere e Scienze umane e le lezioni furono affidate a due missionari del movimento dei Focolari2(*). Oggi oltre alle università, l'italiano viene insegnato nei centri linguistici per il conseguimento delle certificazioni di CILS3(*), CELI4(*) e PLIDA5(*) e poi presso la Scuola Normale Superiore di Maroua per la formazione dei docenti in seguito al decreto N° 2008/280 del 09/08/08. Nel processo di apprendimento da parte di studenti camerunensi, dal contatto tra il francese, le lingue locali e l'italiano, nascono delle interferenze che molte volte determinano l'emergere di errori linguistici nella lingua target. Il fatto che l'italiano entri in contatto con il francese e le lingue camerunensi pone certamente problemi didattici specifici che rendono il processo di apprendimento dell'italiano difficile determinando numerosi errori. Quali sono dunque i fattori che influenzano l'acquisizione di una seconda lingua? Perché inizialmente l'alunno non parla? Cos'è l'interlingua? Come correggere gli errori degli apprendenti? Come osservare, valutare ed analizzare l'interlingua degli alunni in classe? Sono tante le domande che si pongono i docenti, e quando si trovano alle prese con i nuovi problemi didattici e linguistici, vanno subito in panico perché gli apprendenti manifestano diverse lacune soprattutto nelle produzioni orali. Quindi, abbiamo giudicato necessario focalizzare la nostra attenzione sul tema francese, italiano e lingue camerunensi a contatto: indagine sugli errori degli apprendenti d'italiano L2 presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua. Il nostro lavoro mira a reperire, le aree di possibili interferenze e di possibili errori compiuti dai discenti del liceo Classico e Moderno di Maroua, in modo da fornire ai docenti d'italiano in Camerun alcune strategie mirate per la gestione degli errori in classe.

Abbiamo scelto questo argomento perché, il dinamismo e l'intensificarsi della cooperazione fra l'Italia e il Camerun nei settori sociale, economico, politico e culturale vanno di pari passo con la crescita della didattica della lingua italiana in Camerun. Si assiste oggi ad una piena trasformazione del sistema scolastico camerunense con la recente introduzione dell'italiano nelle scuole secondarie come materia di studio. Per?, l'italiano essendo una nuova lingua straniera cioè non utilizzata nel nostro paese come lingua veicolare si trova a dover sopravvivere in un contesto dove sono presenti circa 280 lingue locali. Un'altro motivo che ci ha spinto a scegliere questo tema è la nostra voglia, in quanto futuri insegnanti di dare il nostro contributo nel miglioramento della didattica dell'italiano nelle scuole secondarie del nostro paese. Quindi, la nostra ricerca parte dalla ipotesi secondo cui la peculiarità del contesto sociolinguistico e culturale del Camerun porta gli apprendenti d'italiano del Liceo Classico e Moderno di Maroua a commettere determinati errori. Cercheremo, quindi, di rispondere alle seguenti domande:

· Che cos'è l'errore?

· Perché è importante saper indentificare l'errore ?

· Quali sono i tipi di errori fatti dai discenti camerunensi ?

· Quali tipi di errori devono essere corretti nel contesto camerunense ?

· Qual è il valore dell'errore nell'insegnamento/apprendimento dell'italiano L2?

· Che cosa si pu? fare per ridurre gli errori nel processo di apprendimento dell'italiano da parte degli studenti camerunensi ?

L'importanza didattica dell'analisi degli errori ha suscitato l'interesse di vari studiosi che l'hanno affrontato sotto diversi aspetti, fra questi studiosi si snodano: Cattana e Nesci (2000). Queste autrici attraverso il loro lavoro sugli errori sono arrivate a una nuova maniera di riconsiderare, di individuare, di valutare e di correggere gli errori prodotti dagli allievi. Per queste scrittrici, gli allievi non sono più considerati come passivi ricettori di norme e di nozioni astratte, ma protagonisti partecipi e via via più consapevoli del proprio apprendimento. Sulla stessa scia di Cattana e Nesci, Pallotti (2005), in uno studio condotto sugli errori arriva alla conclusione secondo cui gli errori sono indissolubili da quello dell'apprendimento della lingua, di qualsiasi lingua. L'autore ha cercato, quindi, di spostare l'attenzione da un concetto puramente negativo (l'errore come fallimento, difetto, mancanza) a un concetto più positivo come quello di interlingua, che riconosce il contributo dell'apprendente verso la costruzione di un sistema di ipotesi sulla lingua che sta imparando. In questa ottica, Matthiae (2011) con la sua ricerca sull'interlingua degli apprendenti francesi dimostra che, le interferenze della LM (Lingua Madre) condizionano la progressione linguistica dei francesi andandosi a sommare agli errori di apprendimento. Attraverso produzioni scritte e orali di una cinquantina di apprendenti iscritti a corso d'italiano, la scrittrice ha riscontrato numerose interferenze morfosintattiche e lessicali a fronte di un'incidenza nettamente minore di devianze fonetiche/ortografiche.

Sul piano metodologico, la nostra ricerca si è avvalsa di un questionario somministrato ai docenti e discenti del Liceo Classico e Moderno di Maroua. Abbiamo anche raccolto delle produzioni scritte che ci hanno permesso di rilevare le devianze dalla norma riconducibili a errori di interferenza con la lingua francese e le parlate locali, i tipi di errori, le aree di possibili interferenze da parte dei discenti.

Il lavoro si suddivide in tre parti. Nel primo capitolo presenteremo il quadro generale della ricerca specificando gli obiettivi della ricerca, poi lo stato delle ricerche sull'italiano in Camerun, e infine il quadro teorico della ricerca. Nel secondo capitolo, faremo un accenno alla didattica dell'italiano L2 in Camerun mettendo a fuoco la specificità del Camerun sul piano linguistico, gli enti e i poli della diffusione e dell'insegnamento dell'italiano in Camerun e, infine, analizzeremo i problemi legati all'insegnamento dell'italiano nel nostro paese. Nel terzo capitolo, presenteremo i risultati dell'inchiesta fatta sul campo, mettendo in risalto le aree di possibili interferenze e di possibili errori compiuti dai discenti. Dopo aver elencato le tipologie di errori, le tipologie di correzioni e i limiti delle varie correzioni, ci soffermeremo sul valore dell'errore nella facilitazione dell'insegnamento/apprendimento dell'italiano L2. Infine, concluderemo con alcune proposte o tecniche che potrebbero aiutare i docenti a gestire meglio gli errori degli apprendenti d'italiano in Camerun.

CAPITOLO 1 : QUADRO GENERALE DELLA RICERCA

Negli ultimi anni la cooperazione fra l'Italia ed alcuni paesi dell'Africa sub-sahariana Francofona fra cui il Camerun, ha aperto nuove prospettive per la lingua italiana, non più considerata solo per le potenzialità ed il fascino legati al mondo dell'arte, della letteratura e della musica, ma anche e soprattutto per l'utilità e la spendibilità nel mondo del lavoro. Conoscere l'italiano oggi significa per gli studenti camerunensi poter accedere più facilmente al mondo professionale, allo studio, al made in Italy ecc... La conseguenza felice di questo panorama è l'importanza che la lingua italiana ha assunto nel nostro paese stimolando così il rafforzamento delle poltiche linguistiche e l'aumento dei corsi d'italiano nei centri linguistici, nei licei e nelle università statali. A proposito di destinatari, secondo le più recenti indagini, il numero di apprendenti della lingua italiana in Camerun è in costante crescita (Cfr. Kuitche, 2012). Per?, al contatto dell'italiano con le prime lingue dei discenti si verificano diversi fenomeni tra i quali l'interferenza linguistica e pragmatica come nel caso specifico dell'italiano appreso dagli apprendenti del Liceo Classico e Moderno di Maroua. In questo capitolo chiariremo gli obiettivi della nostra ricerca. Proseguiremo poi descrivendo il quadro teorico generale del nostro studio e presenteremo un quadro delle ricerche sull'italiano in Camerun descrivendo in maniera generale le più rilevanti indagini che sono già state svolte relativamente alla diffusione e alla didattica dell'italiano in Camerun.

1.1. Obiettivi della ricerca

La definizione degli obiettivi è una fase fondamentale nello svolgimento di una ricerca. La nostra ricerca parte dalla constatazione secondo cui l'interesse dimostrato dai camerunensi per lo studio della lingua italiana negli ultimi anni sta agevolando mano a mano l'inserimento di questa lingua come materia di studio nelle scuole secondarie. Oltre 10 anni dopo l'inizio formale dei corsi d'italiano nelle università e nei centri linguistici, e 4 anni dopo l'introduzione della lingua italiana come materia di studio nelle scuole secondarie camerunensi, il nostro lavoro si prefigge di ripercorrere le tappe evolutive della didattica dell'italiano in Camerun finora mettendo a fuoco le problematiche inerenti all'insegnamento dell'italiano in tale paese. La nostra ricerca intende anche, analizzare la situazione della lingua italiana nello spazio sociolinguistico camerunense, affrontando non solo la questione della sua diffusione ma, specificatamente il problema degli errori linguistici e pragmatici derivanti dal contatto con le lingue locali.

L'interesse della ricerca si fonda, in effetti, anche sulla compresenza di circa 280 lingue locali sul territorio e sul bilinguismo ufficiale che pone il francese e l'inglese anche come lingue dell'educazione. In questa ottica, il lavoro vuole quindi osservare da una parte il ruolo dell'italiano in questo contesto di plurilinguismo e dall'altra parte alcune differenze nei processi di acquisizioni da parte di apprendenti camerunensi. Inoltre, il lavoro cerca anche di sfruttare la situazione del processo di insegnamento-apprendimento, in cui operano i docenti, dando un'occhiata al significato attribuito all'errore e le modalità di gestione dei comportamenti errati.

Quindi, partiremo dal presupposto che, l'acquisizione di nuove competenze da parte dello studente chiama in causa il concetto di errore. Ci? non significa che l'errore debba essere visto come un evento negativo, pu? al contrario, trasformarsi in un'opportunità per l'apprendimento. Per? una volta che l'errore è stato fatto come bisogna comportarsi?, e in che modo viene corretto?. Acquisisce importanza in questo momento il ruolo dell'insegnante, il quale deve avere l'abilità di intervenire al momento opportuno e nella giusta misura per correggere una forma erronea. È lui a decidere come correggere, in base anche al contesto, alla personalità dell'apprendente, al tipo di produzione: se scritta o orale e in base al tipo di errore. Gli errori possono anche essere corretti dallo stesso apprendente, quando si rende conto di averli commessi, questo è il caso dell'autocorrezione. In merito alla questione dell'errore, la nostra ricerca si prefigge quindi, di dimostrare che la prevedibilità dell'errore in questo contesto di insegnamento-apprendimento dell'italiano L2 può essere uno strumento di facilitazione didattica. Se i docenti e gli studenti sono consapevoli delle aree di possibili interferenze e dei possibili errori, potranno essere più efficaci nel processo didattico.

Inoltre, verranno passati in rassegna in questo lavoro le tipologie di errori, le cause che sono alla base degli errori più frequenti fatti dagli apprendenti camerunensi e i principali approcci o teorie sull'apprendimento linguistico in particolare l'analisi degli errori e l'analisi contrastiva. Il lavoro cerca anche di capire quali sono i pro e i contro della correzione per poter individuare il modo migliore secondo il quale l'insegnante può condurre una lezione. Infine il lavoro prova a delineare una sorta di profilo dello studente camerunense, delle sue criticità oggettive e delle possibili strategie da attuare in classe, per risolvere o attenuare eventuali problematiche specifiche. È in questa ottica che va letto questo contributo.

1.2. Quadro teorico della ricerca

Questo paragrafo si propone di fornire un quadro, sia pure non esaustivo, delle varie teorie che hanno cercato di descrivere cosa è e come avviene l'apprendimento di una seconda lingua e delle riflessioni condotte sulle modalità e sulle caratteristiche dell'apprendimento in genere e di quello linguistico in particolare. Ci limitiamo, in questa sede, a descrivere quelle pertinenti all'argomento che ci proponiamo di approfondire.

1.21. L'analisi contrastiva e l'analisi degli errori

Negli anni Cinquanta del Novecento, in una temperie culturale condizionata dalla psicologia comportamentalista e dalla linguistica strutturalista e tassonomica di Bloomfield si riteneva che la lingua fosse un insieme di abitudini automatizzate e per questo doveva essere appresa attraverso meccanismi di stimolo-risposto-rinforzo e di imitazione (Skinner, 1957). L'indirizzo più seguito da chi si occupava di insegnamento -apprendimento di una seconda lingua era l'analisi contrastiva (AC). Con l'AC venivano messe a confronto nelle loro strutture (fonologiche, morfosintattiche, lessicali) la lingua materna dell'allievo e la lingua seconda, al fine di determinare i potenziali errori dell'apprendente. Ci? sulla base del presupposto che gli errori che compiono i soggetti che apprendono una lingua straniera sono causati dalle differenze tra la lingua materna  e quella straniera, e dal trasferimento delle abitudini proprie della L1 nell'uso della L2: questi errori sono quindi prevedibili e di conseguenza evitabili. Le diverse lingue vanno quindi analizzate in modo contrastivo, al fine di evidenziarne le simmetrie, i comportamenti simili, che causano nei parlanti dei transfert positivi, e le dissimmetrie, le diversità che sono motivi di interferenze  negative, e quindi di problemi nell'apprendimento linguistico. La linguistica contrastiva è alla base delle successive ricerche di analisi degli errori e della teoria dell'interlingua.

La nascita della linguistica contrastiva6(*) viene fissata in effetti, dallo studioso americano Robert Lado che propone di effettuare l'AC nella didattica delle lingue. L'autore osserva che in una situazione di insegnamento l'apprendente di una lingua straniera percepisce naturalmente alcuni elementi come facili e altri, al contrario, difficili e non equivalenti. Così, gli aspetti della lingua straniera considerati simili alla lingua materna (L1) sembrano più facili da imparare; invece l'apprendimento degli aspetti differenti sembra difficile. Secondo Lado il confronto di L1 con L2 può aiutare a evidenziare i contrasti (intesi come `differenze') che costituiscono potenziali fonti di difficoltà e di errori. Dalla sua nascita ad oggi l'AC si è rinnovata per molti aspetti. Come ribadisce Pelaggi (2006: 5-6), le prime applicazioni, infatti, si ebbero negli Stati Uniti nell'ambito della didattica delle lingue, il che portò al riconoscimento della sua validità e utilità. L'AC acquista non solo un ruolo importante nella linguistica generale ma anche in altri campi di applicazione quali la traduzione, la linguistica dei corpora, la linguistica computazionale e altri. Il suo carattere didattico permane nel cosiddetto uso empirico e si concentra nell'idea che:

La maggior parte degli errori dei discenti potevano essere previsti in base ad un'analisi contrastiva di L1 e L2; gli errori sarebbero verificati in relazione alle componenti più difficili da apprendere che erano individuate negli elementi di maggior differenza, distanza o assimmetria tra le due lingue; infine una didattica impostata alla consapevolezza e alla pratica della contrastività avrebbe potuto evitare gli errori7(*).

In modo generico, l'attuale ricerca contrastiva si concentra sulla realizzazione degli obiettivi seguenti:

· Ogni confronto linguistico è anche un confronto culturale visto che non si può separare il concetto di lingua da quello di cultura.

· I ricercatori che effettuano analisi contrastive hanno come scopo la descrizione di singole lingue, la traduzione e la compilazione di dizionari bilingui.

· Con l'AC si contestualizzano tutte le unità linguistiche confrontate (frasi, parole, suoni, ecc.): viene, cioè, esaminato il loro uso in un contesto linguistico ed extralinguistico;

· L'oggetto del confronto dell'AC è il testo sia scritto che parlato, inteso come unità di comunicazione;

· I dati linguistici analizzati sono autentici e vengono estratti da corpora testuali bilingui8(*).

La contrastività permette di indirizzare sforzi e tentativi laddove lo studente incontra le difficoltà maggiori. Il ruolo dell'AC nella didattica delle L2 è rilevante in quanto agevola la comprensione e l'assimilazione dei componenti stranieri mediante il confronto delle strutture. Pelaggi (2006: 15-16) nel suo articolo, si riferisce ai commenti di alcuni presupposti dell'AC fatti da Susan Gass e Larry Selinker (2001)9(*). In seguito alle critiche delle restrizioni che comporta l'AC si impegna alla rivalutazione di questo tipo di analisi partendo dal concetto di base di interlingua (IL) e arrivando a elaborare un concetto coerente della grammatica dell'IL e una teoria dell'acquisizione della seconda lingua (AL2). Comunque gli autori sostengono che l'analisi contrastiva si basa sul concetto secondo il quale la lingua viene considerata come comportamento e l'apprendimento di una seconda lingua consente la realizzazione di nuovi atteggiamenti. In tale prospettiva la lingua madre è la causa principale degli errori di comprensione e produzione nella lingua straniera. Le controversie si verificano ancora più numerose, quanto maggiori si evidenziano le differenze tra due lingue a confronto. Secondo questa visione le difficoltà o le facilità di apprendimento corrispondono rispettivamente alle divergenze e alle convergenze tra L1 e L2. È importante allora che l'apprendente faccia attenzione agli elementi differenti perché quelli simili potranno essere trasferiti, e dunque assimilati, in modo più agevole.

Le finalità dell'AC sono esplicitamente didattiche. L'AC ha un valore predittivo: ossia pu? essere sfruttata per predire gli errori che il parlante di lingua commetterà nell'apprendimento di una seconda lingua e, pertanto, pu? essere usata direttamente nella realizzazione di materiali didattici. Benché l'AC non riesce a render conto di tutte le devianze osservabili nelle produzioni degli apprendenti e non sempre fa previsioni corrette sugli errori riscontrabili in apprendenti di lingue materne in particolari; sono scaturiti nuovi approcci osservativi, che hanno ridimensionato il ruolo dell'analisi contrastiva, nel panorama degli studi sull'apprendimento. Come conseguenza dei limiti dell'AC a spiegare adeguatamente gli errori del discente, si è fatto strada in glottodidattica l'analisi degli errori.

L'analisi degli errori era un'alternativa all' analisi contrastiva, un approccio influenzato dal comportamentismo attraverso il quale i linguisti tentavano di usare le distinzioni formali tra la prima e la seconda lingua del discente per prevedere gli errori. L'analisi degli errori (AE) ha dimostrato che l'AC era incapace di prevedere una grande maggioranza di errori, anche se i suoi aspetti più di valore sono stati incorporati nello studio dell' interferenza linguistica. Un risultato chiave sull'analisi degli errori è stato che molti errori vengono prodotti dai discenti che fanno deduzioni sbagliate sulle regole della nuova lingua. Importante è stato il saggio di Pit Corder del 1967, «the significance of learnes's errors» che proponeva di interpretare gli errori non in un'ottica comportamentalista, come frutto di imitazione o di abitudini legate alla lingua materna, come segnale di un sistema linguistico in formazione analogamente a quanto già si faceva per le forme devianti presenti nel linguaggio infantile. Per Corder (1967: 71) citato da Pallotti (1998: 20), commettere errori è « un modo per l'apprendente di mettere alla prova le sue ipotesi sulla natura della lingua che sta imparando, essi sono quindi, un'importante «finestra sul sillabo incorporato nell'apprendente»». Un allievo, quando apprende una seconda lingua, si costruisce gradualmente un sistema di regole e gli errori che commette danno informazioni sullo stadio che sta attraversando.

In effetti, l'AE ha dato la possibilità di penetrare nel processo d'apprendimento della L2 e ha stimolato notevoli cambiamenti nell'insegnamento della L2. Il suo contributo più latente sul campo è stato la scoperta che la maggioranza degli errori grammaticali che gli apprendenti fanno nella seconda lingua non sono il riflesso della loro lingua madre, ma sono molto simili a quelli dei bambini per esempio che imparano la prima lingua. In questo senso l'AE ha rappresentato un'alternativa rispetto all'approccio un po' restrittivo dell'AC nei riguardi dell'errore, aiutando a scoprire alcuni dei processi responsabili dello sviluppo dell'interlingua e spostando, di conseguenza, l'attenzione da un insegnamento della L2 tutto incentrato sull'evitare gli errori ad una concezione del processo di apprendimento favorito dagli errori. In questa ottica, Ambroso (1991: 3) osserva che:

Gli errori sono interessanti anche per i glottodidatti e gli insegnanti di L2: i primi li considerano non soltanto come segnali di un processo in atto di appropriazione di un nuovo sistema linguistico, ma soprattutto come indicatori del grado di competenza (o controllo) che il parlante ha nell'usare una data lingua.

Intanto, sarebbe necessario precisare che nell'apprendimento di una lingua seconda, tenendo conto dei concetti dell'analisi contrastiva e della linguistica acquisizionale, non appare tanto rilevante l'effettivo grado di somiglianze e differenze tra i due sistemi linguistici (L1 e L2), ma piuttosto quanto simili li percepisca il discente. Dalla sua intuizione dipende il transfert e l'interferenza che si verificano lungo il processo di apprendimento.

1.2.2. L'interlingua e l'interferenza linguistica

Nell'apprendimento di una seconda lingua trova grande spazio il concetto di interlingua10(*). L'osservazione della performance di individui che stanno imparando una lingua seconda porta a constatare l'esistenza di un sistema linguistico in continuo movimento e divenire che costituisce in ogni sua fase la norma che il parlante stesso crea e ipotizza per la lingua seconda. Questo sistema linguistico, soprattutto nel momento in cui il parlante produce lingua basandosi su ipotesi personali non avvalorate da un non ancora avvenuto insegnamento linguistico, si fonda su una sorta di struttura linguistica latente che il parlante possiede perché acquisita attraverso l'apprendimento della lingua madre o perché innata (Chomsky,1975)11(*). Ciò porta alla presenza nell'interlingua di strutture linguistiche tipiche della lingua madre che mano a mano l'apprendimento procede e il livello di conoscenze linguistiche si alza si riducono. Diminuisce dunque il grado di interferenza fino ad arrivare idealmente a due sistemi linguistici totalmente indipendenti, quello della L1 e quello della lingua seconda. Questo risultato per molti studiosi non è raggiungibile: sempre permane un certo spazio per l'interlingua.

L'interlingua (o lingua dell'apprendente) è il sistema linguistico che un discente di L2 sviluppa durante l'apprendimento. È il «sistema linguistico a sé stante [ ...] che risulta dal tentativo di produzione da parte dell'apprendente di una norma della LO (lingua obiettivo o target)» (Selinker, 1984: 29). Sulla nozione di interlingua Pallotti (2005: 1) e Andorno (2006: 86-111, 2010: 53-64) cos? scrivono:

L'interlingua è un sistema linguistico vero e proprio, con le sue regole e la sua logica, parlato da chi sta apprendendo una seconda lingua. Per capire come un alunno sta progredendo verso la lingua d'arrivo, la nozione di interlingua è più utile di quella di errore, perché è formulata in positivo e dal punto di vista di chi impara, cercando di dare conto delle sue ipotesi.

Il termine «interlingua» è stato introdotto negli anni Settanta da Larry Selinker che lo definisce come «un sistema linguistico separato che risulta dai tentativi, da parte di un apprendente, di produrre una norma della lingua di arrivo» (Selinker, 1972). L'interlingua non è semplicemente una lingua che sta a metà tra la prima e la seconda lingua; essa è un sistema linguistico in formazione con il quale l'apprendente cerca di avvicinarsi il più possibile alla L2 o lingua di arrivo. Questo sistema autonomo, a sé stante, è costituito da un insieme interno di regole12(*), che in parte coincidono con quelle della L2, in parte possono essere ricondotte alla L1, ma allo stesso tempo sono anche indipendenti da entrambe. Tali regole portano gli apprendenti a produrre frasi che, dal punto di vista della lingua d'arrivo, contengono errori, forme devianti; esse però vengono interpretate dal punto di vista dell'interlingua come dei tentativi sistematici da parte di un apprendente di ricostruzione del sistema della seconda lingua. A proposito dell'interlingua Bettoni (2001: 37) osserva che gli apprendenti non imparano le proprietà della L2 tutte insieme, ma procedono per gradi di approssimazione verso la L2. Questa approssimazione avviene per ipotesi, per tentativi; quindi l'interlingua, oltre a variare in diacronia perché dinamicamente tende alla L2, è anche instabile nei suoi singoli stadi. Il percorso verso la L2, tuttavia, sarebbe comune a tutti gli apprendenti. Varierebbe, invece, parecchio la velocità con cui gli apprendenti compiono il percorso e l'esito finale che raggiungono.

Negli anni passati, l'unico modo per descrivere la lingua degli apprendenti era in termini di errori e deviazioni rispetto alla L2: « il metro di riferimento era sempre la L2 nella sua varietà standard, corretta, alla quale gli apprendenti si avvicinavano più o meno; in questa ottica gli errori che commettevano parevano essere solo fastidiosi inciampi da cui liberarsi il più presto possibile » (Pallotti, 1999: 54). Gli errori erano considerati come una deviazione dalla norma, indicavano le carenze e le incertezze dell'apprendente e segnalavano che cosa non sapeva ancora dire/fare e che cosa non aveva ancora interiorizzato. Con la nozione d'interlingua si ribalta la prospettiva: l'apprendente diventa un soggetto attivo che formula ipotesi sulla lingua d'arrivo e costruisce un sistema provvisorio e fluido con i pochi mezzi che ha a disposizione. Gli errori diventano segnalatori di regolarità, indice di uno sviluppo normale del linguaggio. Essi non sono più visti come indicatori di vuoto, come mancanza e deviazione. In più, con l'interlingua, le cause dell'errore non vengono più attribuite soltanto all'interferenza, ma anche a strategie diffuse e universali di apprendimento, quali la semplificazione, la sovrageneralizzazione, la riduzione della complessità . Cos?, con l'analisi dell'interlingua, la lingua dell'apprendente, in ogni fase di appropriazione viene osservata come un sistema instabile, in continuo cambiamento con una sua grammatica peculiare, ma sistematica che non corrisponde né a quella della L1 né a quella della L2. Ci sono, cinque processi che possono determinare l'interlingua:

· il transfert linguistico, ritenzione di elementi della prima lingua;

· il transfert d'insegnamento, influenza del tipo di insegnamento e dei materiali usati;

· le strategie d'apprendimento utilizzate dall'apprendente;

· le strategie di comunicazione di una L2, modi seguiti dall'apprendente per comunicare nella L2 anche semplificando gli strumenti;

· l'ipergeneralizzazione, applicazione di regole della seconda lingua in modo troppo estensivo.

Inoltre, occorre sottolineare che, nella struttura costruita dall'apprendente o nel tentativo di produzione da parte dell'apprendente di una norma della lingua obiettivo o target si possono individuare, indipendentemente dalle differenti formulazioni, tre paradigmi, cioè:

· il sistema: l'interlingua è un sistema vero e proprio e non può essere valutato un miscuglio tra L1 e L2

· l'evoluzione: il sistema dell'interlingua varia ed evolve progressivamente;

· le specificità: l'interlingua è un complesso corretto nella propria idiosincrasia in quanto lingua propria dell'apprendente.

Tuttavia, le interlingue non si configurano affatto come varietà intermedie fra L1 e L2, risultate dell'interferenza fra le due, bensì come «grammatiche semplificate e rielaborate sulla base di tendenze, principi e processi naturali, andanti da un minimo a un massimo di avvicinamento alla varietà obiettivo» (Berruto, 1987: 173). Le interlingue sono delle lingue naturali, ma le loro grammatiche sono influenzabili e mutevoli, infatti la «grammatica» dell'apprendente si costruisce grazie ad un doppio processo d'accomodamento e assimilazione. La mutabilità dell'interlingua spiega il motivo per cui gli apprendenti possono trasferire proprietà grammaticali della loro lingua al sistema dell'interlingua. Il sistema interlinguistico è, in un certo senso, intermedio tra la prima e la seconda lingua. La lingua di chi apprende una seconda lingua (L2) è una forma difettosa, distorta e scorretta della lingua che si sta imparando, ma, anche se corretta, le frasi prodotte non saranno mai simili a quelle del parlante nativo della lingua-obiettivo. Gli apprendenti di lingue straniere non parlano la stessa interlingua, così come i bambini non parlano la stessa versione di linguaggio infantile.

Al concetto di interlingua si associa il termine di interferenza linguistica illustrata principalmente da Kellerman (1986: 35-48). Il termine interferenza linguistica si riferisce all'azione di un sistema linguistico su un altro e agli effetti provocati dal contatto tra lingue, e si usa in una duplice accezione: per indicare i prestiti di elementi lessicali, fonomorfologici o sintattici da un sistema linguistico a un altro, oppure i mutamenti innescati nella competenza del parlante dal contatto tra due o più lingue. L'interferenza può essere conscia o inconscia. Consciamente, il parlante può ipotizzare poiché non ha appreso o ha dimenticato l'uso corretto. Inconsciamente, il parlante può non considerare che le caratteristiche delle lingue possono differire, o può conoscere le regole corrette senza saperle mettere in pratica, e quindi ripiegare sull'esempio della propria lingua madre. Si noti che comunque sia lo scopo della ricerca, non esistono definizioni precise per quello che si riferisce al fenomeno di interferenza che generalmente indica una modificazione della lingua straniera dovuta al passaggio di regole e strutture dalla lingua materna. Kellerman (1986: 49) suggerisce però una distinzione tra interferenza (effetto linguistico che risulta dall'influenza di un'altra lingua) e transfert (concetto con cui si indica il processo psicologico che precede l'interferenza). Sulla scia di Kellerman, Lado (1957: 2) affermando infatti, che «Gli individui tendono a trasferire le forme e i significati della lingua e cultura materna, e la loro distribuzione, nella lingua e cultura straniera», accetta in pieno l'esistenza di un processo di transfert, i cui effetti possono facilitare quanto intralciare l'apprendimento e mette in luce, nella sua opera, il concetto di interferenza per indicare i fenomeni causati dall'influenza negativa di un precedente apprendimento linguistico sul nuovo apprendimento.

Rispetto all'interferenza si attuano poi due tipi di transfert: (1) interlinguistico- riguarda la situazione quando L1 influenza l'apprendimento della L2; (2) intralinguistico - si verifica nell'apprendimento errato all'interno della L2 dovuto alle interpretazioni scorrette delle regole straniere. A seconda degli effetti che produce, il transfert può risultare sia positivo -quando gli elementi della L1 che interferiscono nell'apprendimento della L2 agevolano l'acquisizione delle nuove strutture, sia negativo - quando invece l'uso di parole e regole della L1 porta a commettere errori nella L2 . Pallotti (1998: 60), citando Selinker (1992: 208) , propone una definizione di transfert linguistico piuttosto ampia:

È meglio considerare il transfert linguistico un termine generico per un'intera classe di comportamenti, processi e condizionamenti, ciascuno dei quali ha a che fare con l'influenza e l'uso di conoscenze linguistiche precedenti, solitamente ma non esclusivamente della lingua materna. Questa conoscenza contribuisce alla costruzione dell'interlingua interagendo in modo selettivo con l'input della lingua d'arrivo e con propri etàuniversali di vario genere.

Con maggiore precisione, Kellerman (1995: 102) afferma che: «Similarities between languages, and not differences, are the driven force in transfert. That is, the more similarity between the L1 and the L2 perceived by the L2 learner, the more transfer will occur13(*)».

Ovviamente, non si può ignorare la conoscenza di altre lingue straniere da parte dello studente perché tale fatto provoca una serie di sovrapposizioni dei codici linguistici al sistema obiettivo. Con i termini di interlingua e interferenza linguistica, si è cominciato a parlare degli errori nell'apprendimento linguistico.

1.2.3. Il concetto di errore nell'apprendimento linguistico

Ogni essere umano ha la capacità di apprendere, vale a dire la capacità di assimilare e conservare informazioni. Cos?, l'apprendimento pu? essere percepito come un processo di acquisizione di nuovi comportamenti e di contenuti rappresentativi che porta al conseguimento di più ampie conoscenze. Esso si caratterizza come un processo che avviene soprattutto all'interno dell'individuo ed è relativamente stabile e duraturo nel tempo. Come osserva Titone (1977: 29), l'apprendimento:

Implica un cambiamento entro la struttura psichica del soggetto, si caratterizza come un'acquisizione di tipo assimilativo, per cui determinati contenuti mentali o forme operative vengono interiorizzati determinando una ristrutturazione o riorganizzazione degli assetti dinamici del soggetto stesso.

In realtà, l'apprendimento in generale e soprattutto di una seconda lingua come noto chiama in causa il concetto di errore. L'errore ha trovato terreno fertile nel processo di apprendimento. Gli insegnanti che hanno intrapreso lunghe e pazienti lotte contro gli errori linguistici dei loro studenti si sono resi conto che fare errori è una parte inevitabile dell'apprendimento, non si può imparare una lingua senza commettere inizialmente errori.

Nei primi studi sui processi di apprendimento e di insegnamento l'errore era considerato come frutto di interferenza negativa e anche un male da evitare, mentre più recentemente è emersa una visione diversa dell'errore che lo considera come indicazione del grado e del livello di conoscenza raggiunti, segno dello sforzo da parte dell'apprendente di ipotizzare una grammatica adatta a descrivere la seconda lingua, le regole della L2 osservate. L'errore serve all'insegnante per capire quali strategie di apprendimento il discente ha messo in atto per risolvere i propri problemi di comunicazione. L'errore da elemento da evitare diventa elemento auspicabile perché dall'errore, lo studente può ripartire per rinegoziare e riqualificare le proprie ipotesi sul funzionamento della lingua. In questa nuova prospettiva l'errore non può essere causato esclusivamente da problemi di interferenza ma è il risultato di strategie che l'apprendente mette in atto per imparare. Per Cattana e Nesci (2000: 13) dobbiamo:

Considerare l'errore non come un incidente di percorso, una deviazione dal sistema linguistico che va combattuta, ma come uno strumento ricco di potenzialità che bisogna saper sfruttare. L'errore rappresenta una preziosa fonte di informazioni sul processo di apprendimento della lingua, che deve essere utilizzata sia per aiutare lo studente a progredire sia per definire e adattare la programmazione didattica.

Cos?, gli errori appaiono come il punto debole della lingua scritta o parlata dell'apprendente, sono quelle parti della conversazione o della composizione che deviano da una qualche norma d'esecuzione matura della lingua.

Inoltre, come puntualizza Corder (1981: 13):

Bisogna distinguere gli errori che sono dovuti al caso delle circostanze da quelli che si riferiscono ad un momento preciso della conoscenza latente, o come si potrebbe chiamare "competenza transitoria". Gli errori di realizzazione saranno per definizione non sistematici, e gli errori di competenza sistematici [...] Sarà anche comodo oramai chiamare "sbagli" gli errori di produzione, mantenendo il termine di 'errori' per gli errori sistematici degli apprendenti, quelli che ci permettono di ricostruire la loro conoscenza temporanea della lingua, cioè la loro competenza transitoria.

Occorre quindi operare una distinzione fra i due termini comunemente utilizzati in inglese per parlare di errori: error e mistake. Mistake è riferito ad un errore di esecuzione: tutti facciamo dei mistakes in L1 o L2. I parlanti nativi sono normalmente capaci di correggere i mistakes o lapsus, che non sono il risultato di una deficienza nella competenza, ma il risultato di alcune imperfezioni nel processo di produzione del discorso; l'error, invece, è una deviazione dalla grammatica dei parlanti nativi, che riflette la competenza interlinguistica dell'apprendente. In generale, gli elementi significativi che caratterizzano l'apprendimento di una lingua e che, in modo più o meno rilevante, possano essere responsabili di errori in una situazione di apprendimento guidato possono essere schematizzato come segue:

Fig.1.1. i fattori che sono alla base degli errori14(*).

Nella glottodidattica odierna gli errori non sono più considerati come «incidenti di percorso» ma, una molla per superare l'errore stesso. Per?, molti fattori sono alla base degli errori che commettono gli apprendenti in situazione di apprendimento di una seconda lingua; fra questi fattori ci annovera: la cultura di origine dell'apprendente, un'altra lingua conosciuta dall'apprendente, le strategie di comunicazione adottate dall'apprendente, la lingua da apprendere, il metodo di insegnamento, il luogo in cui si studia, infine la lingua madre, punto centrale dell'apprendimento di L2.

1.2. 4. Il ruolo della madrelingua nell'apprendimento linguistico

Imparare a usare il linguaggio è una delle abilità che l'uomo sviluppa nei primi anni di vita. Ogni essere umano alla nascita è «infantile», cioè non parla, ma impara a servirsi del linguaggio venendo a contatto con una lingua umana, quella parlata dai genitori o dalle persone che si occupano di lui. La lingua attraverso cui un individuo impara il linguaggio umano è detta «lingua materna» o «madrelingua», o anche la «prima lingua» (L1) di quell'individuo.

In effetti, fin dagli anni Cinquanta, la lingua materna dell'apprendente è stata ritenuta uno dei fattori centrali dell'apprendimento di L2 sia in positivo che in negativo. Nelle ricerche comportamentiste e contrastive, il ruolo della L1 era molto enfatizzato in quanto si riteneva che le abitudini assunte con essa influissero sul sistema della L2 in formazione. La gran parte degli errori e delle conquiste in L2 veniva ascritta al ricorso a L1, detto transfert o interferenza. Nei decenni successivi, numerose ricerche smentirono gli assunti contrastivi, dimostrando che gli errori derivanti da L1 sono solo una minoranza. Cos?, il ruolo della L1 venne ridimensionato. Più recentemente la posizione di chi nega ogni influenza della L1 è stata riconsiderata. Andersen (1990: 62-63); citando Pallotti consiglia: «quando non riesci a percepire le strutture della lingua che stai cercando di acquisire, usa le strutture della tua lingua materna con elementi lessicali della seconda lingua». È infatti, fuor di dubbio che la lingua materna ha un ruolo piuttosto importante nel determinare le elaborazioni interlinguistiche degli apprendenti.

Tuttavia, non si pu? apprendere una seconda lingua perdendo la prima. Perdere la prima lingua significa perdere la possibilità di scambi pieni di significato con i propri familiari. Per alcuni autori come Cummins (1983: 78) un buon apprendimento della seconda lingua non è legato alla perdita della L1, ma al contrario è dipendente dal suo sviluppo: infatti, l'abbandono della L1 può essere la causa di un blocco dello sviluppo linguistico - cognitivo, che può essere superato solo quando il livello di conoscenza della L2 rende possibile la ripresa dei processi di acquisizione delle funzioni superiori. La prima lingua offre infatti, la possibilità di mantenere i contatti aperti con la cultura d'origine per una rielaborazione continua della propria appartenenza e della propria identità. Per questo il mantenimento della prima lingua è fondamentale per la crescita psico-affettiva : è attraverso di essa che il bambino può continuare a mantenere vivi e «caldi» gli scambi affettivi con i familiari, è attraverso di essa che i genitori e i nonni possono trasmettere la loro cultura, anche tramite tutto ciò che viene veicolato per mezzo della lingua, ma che spesso non viene esplicitamente detto.

Tutti i soggetti che imparano una nuova lingua si affidano alla loro prima lingua o a quelle già conosciute in precedenza. Secondo Selinker (1992), la lingua materna ha un ruolo facilitante nell'elaborazione e nell'evoluzione dell'interlingua. A suo parere se il bambino o l'adulto che sta imparando la nuova lingua riesce a trovare un legame tra qualche proprietà della L1 e della L2 allora riesce anche a scovare delle «identificazioni interlinguistiche« (1992: 172, cit. in Pallotti, 1998: 64). Grazie a queste identificazioni interlinguistiche, che per Selinker sono una delle «strategie di base« per l'acquisizione della seconda lingua, gli apprendenti ristrutturano il sistema della lingua d'arrivo. In più le identificazioni interlinguistiche fanno sì che due lingue siano più affini e facili da apprendere. Ad esempio un apprendente camerunense francofono potrebbe imparare più velocemente e facilmente lo spagnolo e l'italiano che sono lingue neolatine e hanno maggiori probabilità interlinguistiche corrette (nel lessico, nella sintesi e nella grammatica). Per?, il fatto che due lingue abbiamo un origine comune e vicine tra di loro potrebbe non essere un'agevolazione per il discente, anzi, nella maggior parte dei casi esso è il primo responsabile nella commissione di errore. La consapevolezza delle aree di possibili interferenze da parte dei docenti e dei discenti costituisce un facilitatore didattico.

1.2. Stato delle ricerche sull'italiano in Camerun

Una Trentina di anni fa, la ricerca scientifica non si occupava dell'insegnamento-apprendimento dell'italiano in Camerun. Per?, l'interesse dimostrato dai camerunensi per lo studio della lingua italiana negli ultimi anni ha portato ad un aumento delle ricerche sull'apprendimento-insegnamento dell'italiano L2 nel nostro paese. Oggi, sono aumentati considerevolmente rispetto al passato gli studi condotti sull'italiano in Camerun e, stiamo assistendo mano a mano ad un vero boom di pubblicazioni scientifiche e di indagini relative all'italiano L2 nel paese centrafricano. In questo paragrafo andremo dal generale verso lo specifico analizzando in primis le indagini su scala globale condotte sulla diffusione dell'italiano con lo scopo di sfruttare i dati relativi alla didattica dell'italiano in Africa e in Camerun in particolare; e di tracciare un quadro sinottico di ciò che emerge dalla letteratura scientifica relativamente all'argomento che ci proponiamo di trattare.

1.3.1. Le indagini su scala globale

Le indagini sulla diffusione dell'italiano sono nate dalla volontà dello stato italiano di tracciare l'andamento e l'interesse del mondo per la cultura e la lingua italiana. In questa ottica sono state svolte diverse indagini nell'ambito della diffusione dell'italiano. Quelle più importanti e più estese sono: l'indagine dell'Enciclopedia Italiana, l'indagine Italiano 2000 e l'inchiesta Italiano 2010.

L'indagine dell'Enciclopedia è la prima indagine estesa e sistemica sulla diffusione dell'italiano diffuso fra stranieri. La ricerca ha preso inizio alla fine degli anni 70 ed è stata conclusa nel 1981. Essa è stata diretta da Ignazio Badelli. Questo studio aveva come obiettivo l'analisi quantitativa delle motivazioni allo studio dell'italiano all'estero. A tale scopo fu inviato un questionario alle rappresentanze diplomatiche italiane all'estero in cui venivano poste domande relative alla posizione dell'italiano nel loro sistema scolastico e al numero degli enti in cui si insegnava l'italiano. Veniva chiesto anche il numero degli studenti negli enti, nonché il numero dei docenti.

Secondo i datti di questa ricerca, 14 paesi africani hanno risposto all'inchiesta. Al seguito dell'analisi fatta da Baldelli e i suoi collaboratori, il pubblico di italiano in Africa era giovane con un'età generalmente compresa tra 19 e 26 anni nell'Africa settentrionale e tra 13 e 26 anni nell'Africa sub-sahariana. Si trattava in maggior parte, di studenti e giovani che intendevano continuare gli studi in Italia, lavorare con le imprese italiane. Erano circa 5980 gli studenti di italiano in Africa e l'Egitto era la nazione con il più gran numero di utenti che studiavano l'italiano in tutta l'Africa. Il Senegal contava il più gran numero di studenti presso le scuole di primo e secondo grado con ben 322 iscritti, mentre l'Algeria con i suoi 878 iscritti aveva il primato per quanto riguardava gli Istituti Italiani di Cultura. In generale, il dato più importante che l'indagine ha messo in evidenza era che ogni anno quasi 700.000 stranieri studiavano l'italiano, una cifra davvero consistente in quell'epoca, per una lingua senza un numero enorme di parlanti nativi e che comunque non sembrava oggetto di attenzione per interessi strumentali, di interazione commerciale e di comunicazione internazionale (Kuitche, 2012).

Sulla stessa scia dell'indagine dell'Enciclopedia Italiana, l'obiettivo principale di Italiano 2000 è stato di raccogliere dati sullo stato della lingua italiana nel mondo e sugli interventi per la sua diffusione, con un'attenzione particolare alle caratteristiche, alle motivazioni, ai bisogni formativi dei pubblici stranieri dell'italiano, alla qualità dell'offerta formativa. Italiano 2000 si proponeva di «fornire i dati più aggiornati e sistematici sull'italiano nel mondo» (De Mauro et al, 2003). Per raggiungere tale scopo, Italiano 2000 si è avvalsa di un questionario in formato elettronico che è stato inviato a tutti gli Istituti Italiani di Cultura (IIC), alle ambasciate e alle sedi consolari italiane nel mondo. I dati sono stati analizzati da un gruppo di lavoro costituito da Massimo Vedovelli, Monica Barni e Lorenzo Miraglia, operanti presso il Centro CILS (Certificazione di Italiano come Lingua Straniera dell'Università per Stranieri di Siena). Non va dimenticato che, uno dei principali punti fermi dell'indagine è stata la consapevolezza che «per definire la condizione dell'italiano nel mondo non è sufficiente considerare solo l'aspetto linguistico» (Kuitche, 2012), perché il contatto fra le lingue a diffusione internazionale implica una specie di competizione che coinvolge non solo gli idiomi, ma più in generale i sistemi socioculturali, statali e produttivi, che riconoscono le proprie identità nelle specifiche lingue.

Secondo i dati forniti da Italiano 2000 si rileva in primis, che l'italiano è al primo posto tra le quarte lingue scelte per l'apprendimento, ma non è mai la lingua scelta come prima lingua insegnata/ appresa. Ai primi posti ci sono le lingue a grande diffusione e con maggiori risorse investite nella propria diffusione (De Mauro et al , 2003: 238, cit. in kuitche, 2012). Inoltre, l'indagine rileva, un aumento generale di circa il 40% degli studenti che hanno frequentato nel 1999-2000 i corsi d'italiano L2. Infine, l'indagine spende pochissime righe sul continente africano limitandosi a segnalare una forte diminuzione del numero di corsi, di docenti, di apprendenti, della motivazione per lo studio della lingua . Per?, questi dati saranno rivisitati e completati dall'indagine del Centro di Eccellenza dell'Università per stranieri di Siena.

Italiano 2010 è stata promossa dal Ministero degli Affari Esteri «con lo scopo di valutare, attraverso una ricerca su scala planetaria, l'interesse che l'italiano suscita fuori dai confini nazionali e le risposte che vengono date alla domanda di apprenderlo» (Giovanardi e Trifone, 2010)15(*). Italiano 2010 presenta l'andamento della lingua italiana nel mondo nell'ultimo decennio, confrontando i risultati ottenuti con quelli di Italiano 2000. Come tutte le recenti indagine, Italiano 2010 si è avvalsa di un questionario che ha visto la collaborazione della totalità degli Istituti Italiani di Cultura attivi nel mondo (89 a quell'epoca). Seguendo l'andamento di Italiano 2000, i dati di italiano 2010 sulla presenza dell'italiano si riferiscono essenzialmente alle proposte didattiche degli Istituti italiani di Cultura e l'indagine non sembra risolvere il problema della scelta degli informanti già rilevato in Italiano 2000, anche se si può leggere che:

Fra le novità introdotte nella rilevazione, la principale è stata quella di non limitare l'inchiesta agli IIC, ma di estenderla ai lettori ministeriali attivi nelle università straniere e ai loro studenti, nell'intento di conoscere meglio i metodi didattici adottati e di misurare attraverso appositi test linguistici il livello di competenza dell'italiano e le diverse tipologie di errori.

(Giovanardi e Trifone, 2010)

Per quanto riguarda l'Africa, considerare soltanto gli IIC come sottolinea Kuitche (2012: 80) equivale a tagliare il continente in due e a non tener conto di una presenza sempre più importante della lingua italiana nella sua parte sub-sahariana. In questo caso l'estensione dell'inchiesta ai lettori ministeriali che rappresenta un importante passo avanti rispetto alle precedenti indagini, continua purtroppo a rendere conto solo parzialmente della situazione dell'italiano in Africa visto che, la lingua italiana ci si sta radicando sempre di più soprattutto nelle scuole, nelle università e nei centri linguistici locali. In breve, uno dei risultati più significativi di questa indagine rispetto alle altre è un generale aumento di 50% dei corsi e degli apprendenti d'italiano nel mondo.

Viene fuori da tutto quello che precede, che l'Africa era il continente con il minor interesse per la lingua e la cultura italiana, ed era anche l'unica area geografica dove si registrava una diminuzione dell'utenza di italiano rispetto agli atri continenti. Altre indagini più specifiche hanno portato in luce un andamento attuale piuttosto positivo dell'italiano in alcuni paesi africani tra i quali il Camerun16(*).

1.3.2. L'indagine del Centro di Eccellenza dell'Università per Stranieri di Siena

Questa indagine sulla presenza della lingua italiana in Africa è stata condotta nel 2008 da Raymond Siebetcheu nell'ambito delle attività del Centro di Eccellenza della Ricerca dell'Università per Stranieri di Siena, osservatorio permanente dello stato linguistico dell'italiano dentro e fuori i confini nazionali, che ha tra i propri obiettivi la realizzazione di indagini statistiche sulle motivazioni allo studio dell'italiano da parte di stranieri all'estero.

Questa ricerca infatti, parte dall'obiettivo di «rivisitare» il continente africano con una prospettiva più ampia rispetto alle precedenti indagini, coinvolgendo in modo sistemico tutti i paesi africani e prendendo in considerazione tutte le realtà e modalità di insegnamento-apprendimento della lingua italiana. Analizza il numero, le percezioni e le motivazioni dei docenti e degli apprendenti africani, nonché l'impatto della lingua italiana in Africa allo scopo di:

Collocare la nuova posizione dell'italiano nel continente africano in riferimento alla sua spendibilità, ovvero la sua capacità di uso e di attrazione come bene sul quale si può investire la crescita culturale e/o professionale degli africani; e al mercato delle lingue presenti nello spazio linguistico africano tanto per la didattica quanto per l'internazionalizzazione.

(Siebetcheu, 2009, cit. in Kuitche, 2012)

Uno dei risultati di maggiore importanza dell'indagine del CE è il forte incremento dei numeri relativi all'insegnamento-apprendimento dell'italiano in tutta l'Africa (strutture didattiche, docenti e studenti), contrariamente all'indagine Italiano 2000 che registrava nel continente africano una generale situazione di sofferenza sfociata nella chiusura di molti Istituti Italiani di Cultura e una preoccupante diminuzione del 100% delle proposte didattiche e quindi del numero di apprendenti in alcune realtà.

Sul piano metodologico l'indagine si è appoggiata principalmente su un questionario, inviato telematicamente alle rappresentanze diplomatiche italiane in Africa e alle agenzie formative. Nonostante le difficoltà incontrate, come sottolinea l'autore:

Il primo questionario è stato inviato nel dicembre 2007 alle 25 ambasciate e agli 82 consolati italiani in Africa, ma senza esito positivo. [...] Circa 6 mesi dopo l'invio del questionario a tutte le rappresentanze diplomatiche presenti in Africa, e con diverse sollecitazioni, solo pochi questionari risultavano compilati. Abbiamo quindi deciso di rivolgerci alle rappresentanze diplomatiche esclusivamente per i dati delle Anagrafi consolari, che abbiamo confrontato con quelli del Ministero degli Affari Esteri. (Siebetcheu, 2009)

L'indagine ha il pregio, rispetto ad altri lavori simili, di aver preso in considerazione tutte le realtà di diffusione della lingua italiana in Africa, presentando così una visione più realistica e più completa del fenomeno.

Secondo i dati tratti da questa ricerca, il Camerun17(*) è il settimo paese africano con il più gran numero di studenti d'italiano (1350) e con il maggior numero di candidati (536) agli esami di certificazione in tutta l'Africa. Questo paese vanta inoltre il maggior numero di centri linguistici specializzati nella didattica dell'italiano in Africa sub-sahariana, escluso il Sudafrica. Con questo primato, il Camerun è anche l'unico paese africano dove sono presenti le 4 certificazioni di italiano (CELI, CILS, IT, PLIDA) come lingua straniera. Inoltre, l'indagine sottolinea che, studiare in Italia è il motivo principale per cui i giovani camerunensi investono nello studio della lingua italiana. Questo è dovuto sia al successo del sistema formativo italiano, sia al contatto con i parenti e connazionali già presenti sul territorio italiano e che fanno da tramite per convincere questi ultimi a venire in Italia.

In generale, l'indagine sottolinea che, in Africa, appare in netta crescita la presenza degli enti certificatori (CELI, CILS, IT e PLIDA), e la diversificazione delle proposte didattiche (università, scuole secondarie, centri locali, ecc.), ci? che testimonia secondo Siebetcheu (2009) il fatto che la lingua italiana non è una lingua di emergenza che deve essere a tutti i costi parlata e appresa, come succedeva nel periodo coloniale, talvolta senza l'approvazione del discente. Oggi, lo studio della lingua italiana in Africa deriva da una scelta consapevole. Il forte incremento esponenziale dei numeri di africani che si avvicinano alla lingua italiana, ad esempio degli apprendenti africani della parte sub-sahariana francofona, dove l'italiano si sta progressivamente radicando nei sistemi scolastici locali, la presenta come un bene su cui investire.

1.3.3. La prima indagine sull'italiano nell'Africa sub-sahariana francofona

L'indagine sui pubblici dell'italiano L2 nell'Africa sub-sahariana è stata condotta tra il 2009 e il 2011 in Camerun, in Congo-Brazzaville, e in Senegal da Gilles Kuitche. Ci? che attira la nostra attenzione e su cui ci soffermeremo sono i dati relativi ai pubblici dell'italiano L2 in Camerun rilevanti per la nostra ricerca.

Questa indagine infatti, riprende alcuni presupposti delle indagini precedenti concentrandosi in maniera più approfondita su una specifica area geografica dell'Africa, quella sub-sahariana francofona, caratterizzata da importanti mutamenti nel tempo e nello spazio per quanto riguarda la diffusione e la didattica dell'italiano L2. Secondo le statistiche del Rapporto Italiani nel mondo (Fondazione Migrantes, 2010, cit. in Kuitche, 2012) il numero complessivo di apprendenti d'italiano nell'Africa sub-sahariana si aggira intorno alle 11.856 unità e, con circa 5900 studenti, la zona francofona ne rappresenta quasi il 50%. Per quanto riguarda i centri linguistici posti di reale radicamento della lingua italiana, su un totale di circa 8.000 apprendenti nel periodo 2008-2009 l'Africa sub-sahariana francofona ne conta ben 5.850, cioè il 73% e, il Camerun è stato a quell'epoca il paese africano con il numero più elevato (1615) di candidati agli esami certificatori, e vantava, inoltre, il maggior numero di docenti (38) e di centri linguistici (17) specializzati nella didattica dell'italiano in Africa sub-sahariana.

Questo passo decisivo della lingua italiana in quest'area geografica ha suscitato l'attenzione degli esperti di glottodidattica e di didattica della lingua italiana, nonché quella di coloro che si interessano di diffusione dell'italiano L2 all'estero. In merito a questo andamento positivo della lingua italiana nella sottoregione, per Vedovelli (2008: 174), «è interessante la situazione dell'Africa sub-sahariana, dove negli ultimi cinque anni la richiesta dell'italiano è impetuosamente aumentata soprattutto in relazione ai progetti migratori verso il nostro paese, pur in presenza di pochissimi Istituti italiani di Cultura».

Sul piano degli obiettivi il lavoro si propone di mettere a fuoco le caratteristiche dell'insegnamento della lingua italiana in questa parte del mondo, dove l'italiano si sta progressivamente radicando nei sistemi scolastici locali, ad esempio del Camerun dove si è già avviato il processo di inserimento dell'italiano nelle scuole secondarie. In questa ottica, il lavoro si propone anche di mettere l'accento sui principali elementi che potrebbero guidare una miglior impostazione a programmazione didattica. Un'efficace azione formativa, sostiene Vedovelli (2002a: 195), deriva in effetti innanzitutto dalla stretta compatibilità fra riconoscimento degli specifici bisogni e delle concrete caratteristiche degli apprendenti.

Sul piano metodologico, l'indagine si è avvalsa di un questionario non elettronico come le precedenti indagini perché secondo l'autore:

Conoscendo la situazione socioeconomica dei paesi africani del campione e illuminati dalle esperienze passate, era giudizioso optare per un rapporto più diretto con gli attori in presenza: privilegiando l'auto - compilazione del questionario presentato in formato cartaceo, con presenza fisica dell'intervistatore-costruttore del questionario. (Kuitche, 2012)

Per Dautriat (1990: 40), con questa tecnica del «questionario per il colloquio personale», si riesce ad ottenere la massima collaborazione dei rispondenti e si ha la certezza che la risposta proviene dalla persona designata col campione; questo consente un maggior controllo dell'indagine da parte del ricercatore e gli permette di toccare dal vivo la realtà che si accinge a descrivere e ad analizzare, evitando le cosiddette «ricerche a tavolino» per le quali non si ha nessun mezzo per verificare la veridicità o la buona fede delle opinioni e dei fatti. L'indagine si è anche avvalsa di interviste faccia a faccia con l'ausilio di un registratore vocale. Sono stati intervistati responsabili di centri d'insegnamento dell'italiano, alcune personalità nelle ambasciate d'Italia e altri informanti nei paesi del campione.

In generale, la relazione finale dell'indagine, rispetto all'andamento dell'italiano in Camerun, sottolinea il boom di proposte didattiche e di domanda di corsi dovuto non solo al consolidamento in quest'area di enti certificatori come CILS e CELI ma, soprattutto alla creazione di un dipartimento d'italiano presso la Scuola Normale di Maroua (istituto per la formazione di futuri professori di scuole secondarie), e il progressivo inserimento dell'italiano come materia di studio nelle scuole secondarie. Da questa situazione scaturisce nel nostro paese un nuovo profilo professionale quello del docente di lingua italiana.

In conclusione, emerge dallo stato delle ricerche sull'italiano in Camerun che, qualche anno fa, si registravano in Camerun un numero relativamente basso di corsi, di docenti e di apprendenti d'italiano (una situazione dovuta soprattutto al minor interesse dei camerunensi a quell'epoca per la «bella lingua»). Oggi, la costante crescita della lingua italiana nel nostro paese ha attirato l'attenzione degli esperti di glottodidattica nonché quella di coloro che si interessano di diffusione dell'italiano L2 fuori dell'Italia. Tuttavia, è difficile parlare della diffusione della lingua italiana nel nostro paese senza fare alcune considerazioni sullla situazione sociolinguistica di quest'area geografica nella quale l'italiano è chiamato a sopravvivere; e anche il rapporto che i camerunensi hanno con le loro lingue, che vengono tendenzialmente utilizzate a livello orale. Oltre a questa competenza limitata, al contatto tra le lingue occidentali ( ad esempio del francese e l'italiano), e quelle locali, nascono delle interferenze che molte volte determinano l'emergere di errori linguistici nella lingua target; il che rende il processo di apprendimento dell'italiano difficile. Questo scritto si propone di analizzare l'influenza del francese e delle lingue camerunensi nell'apprendimento dell'italiano; evidenziando gli errori che commettono gli apprendenti camerunensi d'italiano L2 e le strategie per gestirli meglio nell'ambito della didattica dell'italiano L2 in Camerun.

CAPITOLO 2: DIDATTICA DELL'ITALIANO LINGUA SECONDA IN CAMERUN

Il Camerun, come già sottolineato in precedenza, è secondo i dati delle prime indagini sulla diffusione dell'italiano in Africa (Siebetcheu, 2009), il settimo paese africano con il più gran numero di studenti d'italiano e con il maggior numero di candidati agli esami di certificazione in tutta l'Africa. Questo paese vanta inoltre il maggior numero di centri linguistici specializzati nella didattica dell'italiano in Africa sub-sahariana. Si ammette in maniera convenzionale che, se la lingua italiana è appresa in Italia, per lo studente essa è considerata L2 e se è appresa all'estero, sarà considerata LS. Questa differenziazione è una distinzione ormai consolidatissima in glottodidattica, e permette di percepire le differenze nel processo di apprendimento della lingua italiana (e di qualsiasi altra lingua) tra il discente che impara in un ambiente «italofono» e quello che lo fa nel paese di origine, dove l'italiano non è lingua veicolare. Visto che apprendimento e insegnamento sono due facce indivisibili di una stessa medaglia, il luogo in cui avviene il processo didattico è in stretto rapporto con la formazione e le competenze linguistiche, glottodidattiche e soprattutto pragmatiche dei docenti. In questo capitolo, presenteremo la situazione dell'insegnamento dell'italiano in Camerun, mettendo in risalto la specificità di tale paese sul piano linguistico, le modalità di diffusione e di insegnamento dell'italiano L2 e analizzando i problemi legati all'insegnamento dell'italiano L2.

2.1. Specificità del Camerun sul piano linguistico

Il Camerun è un paese bilingue (francese e inglese) dell'Africa centrale e, secondo le statistiche dell'ultimo censimento effettuato nel 2005 dall'Agence Nationale de la Statistique et de la Démographie (ANSD), questo paese conta circa 20 milioni di abitanti18(*). Il Camerun viene chiamato «Africa in miniatura», non solo a causa del suo paesaggio diversificato, del suo clima o del suo rilievo rappresentativi della realtà continentale, ma grazie alla sua diversità culturale. Uno di questi aspetti culturali è la diversità etnica che corrisponde, naturalmente, ad una diversità linguistica che solo pochi altri paesi al mondo possono rivendicare. È il primo paese dell'Africa Centrale in termine di diversità19(*); con circa 280 lingue locali e due ufficiali (francese-inglese). Il multilinguismo che caratterizza il paese ha dato origine a costruzioni molto originali sul piano lessicale e morfosintattico. Un dato importante da rilevare è l'esistenza del Camfranglais, un parlato misto che si è sviluppato principalmente dal contatto tra il francese, l'inglese e il pidgin- english, ma che integra alcuni tratti delle parlate locali ed è molto usato dai giovani soprattutto nei contesti informali. La coabitazione linguistica che deriva da questa copresenza di più lingue è un fenomeno che porta con sé un certo numero di problemi di cui daremo conto nei prossimi paragrafi.

2.1.1. Le lingue camerunensi

Il Camerun è un paese multilingue dell'Africa sub-sahariana francofona, dove oltre alle due lingue ufficiali, il francese e l'inglese, coabitano circa 280 lingue locali. La composizione linguistica della sua popolazione è molto eterogenea: si sono censiti circa 236 lingue camerunensi che appartengono a tre delle quattro grandi famiglie di lingue africane (ALCAM, 1983), ci? che dà secondo Gerbault (1997) una media di circa 5000 locutori per lingua. La diverità delle lingue camerunensi non rispetta i confini amministrativi del paese. Numerose lingue coabitano in ogni provincia ed il numero di locutori è variabile. Certe lingue hanno una larga diffusione nel paese ed al di là delle sue frontiere. È il caso del fulfulfé parlato al Nord e nei paesi vicini e limitrofi, Ciad, Nigeria, Niger. Il fufuldé è la lingua di cui si stima del resto che ha forse il più gran numero di locutori nativi circa 350.000. Altre lingue come l'ewondo e il duala sono parlate nelle regioni del Litoral e al Centro. Le lingue bamilékè all'Ovest hanno soltanto alcune migliaia di locutori ed un uso molto ristretto geograficamente.

Inoltre, le regioni dell'Ovest che sono ufficialmente in maggioranza anglofona, sono le più dinamiche sul piano economico20(*). Si ritrova in queste regioni un ricco patrimonio culturale e delle tradizioni particolarmente vive. È proprio là che si è sviluppato da tre secoli ciò che si chiama oggi il pidgin-english del camerun. Questa lingua con un vocabolario in parte inglese ha preso oggi un'importanza notevole. Per Chia (1990) e Féral (1989), il pidgin english è probabilmente la lingua che si parla di più in Camerun, ma, resta senza riconoscimento ufficiale e senza prestigio. Il plurilinguismo della società camerunense sembra relativamente stabile in particolare grazie ai cambiamenti sociali avuti nel campo del trasport, del commercio e della comunicazione, si è potuto constatare che gli ambiti di utilizzo di certe lingue minoritarie o poco prestigiose si sono ridotti in favore di lingue più prestigiose. Per?, le identità linguistiche e culturali, regionali e locali restano contrassegnate in questo paese e la politica ufficiale è stata di riconoscere la loro esistenza. In questo contesto che può sembrare molto complesso la comunicazione nazionale risulta problematica e la questione delle lingue a livello scolastico è di grande importanza.

2.1.2. Le lingue insegnate nelle scuole

L'insegnamento delle lingue nelle scuole camerunensi trova le sue origini nell'epoca coloniale. Infatti, durante il periodo coloniale, i missionari britannici utilizzavano alcune delle nostre lingue locali per l'educazione dei bambini, mentre, l'amministrazione francese conduceva interamente in francese l'insegnamento. Poco a poco, i missionari britannici sono stati costretti dall'amministrazione ad abbandonare l'insegnamento delle lingue camerunensi e, a valorizzare la loro lingua. Cos?, a partire dal 1972, data dell'unificazione del paese, l'insegnamento primario che ciascuna delle due parti aveva gestito ha dato luogo a due sistemi: quello anglofono e quello francofono.

Oggi, il francese in zona francofona e, l'inglese in zona anglofona continuano ad essere le lingue della scuola. Un'educazione di tipo europeo si è mantenuta. La parte anglofona ha adottato un sistema educativo ricalcato sul modello Britannico e la parte francofona un sistema alla francese. Accanto al francese e l'inglese, vengono insegnate nelle scuole alcune lingue straniere come lo spagnolo, il tedesco, il cinese, l'italiano e l'arabo. Per la maggior parte dei genitori, la scuola è inseparabile dall'apprendimento del francese e/o dell'inglese. Sanno che la conoscenza di queste lingue porta dei vantaggi socioeconomici, anche se oggi i problemi economici permanenti del paese fanno che i giovani-adulti che hanno concluso gli studi in inglese o in francese hanno in realtà poche probabilità di trovare un impiego.

Tuttavia, occorre sottolineare che, il sistema educativo camerunense non sembra riempire la sua funzione (almeno per quanto riguarda il bilinguismo effettivo): quella di formare persone che sono bilingui, capaci di esprimersi fluentemente in inglese ed in francese. A tal proposito, Echu e Grundstrom (1999), in uno studio condotto sul bilinguismo ufficiale in Camerun hanno dimostrato che, un gran numero di camerunensi non parla né inglese, né francese e tra quelli che parlano una delle due lingue, pochi sono realmente bilingui. Così, per dare alla scuola il suo vero posto nella società camerunense, bisognerebbe permetterle di tenere conto, da una parte dei repertori linguistici dei bambini che accoglie, e dall'altra dei repertori mirati alla fine del periodo di scolarizzazione. Anche se il francese e l'inglese costinuiscono ad essere le lingue dell'educazione, il francese occupa uno spazio maggior rispetto all'inglese.

2.1.3. La posizione del francese

Il Camerun, come la maggior parte dei paesi della sottoregione, ha ereditato la lingua francese dalla colonizzazione. Il francese arriva in Camerun dopo la sconfitta della Germania durante la prima guerra mondiale. Infatti, nel 1919 il Camerun, vecchia colonia tedesca, fu diviso in due parti dalla «Société des Nations» (SDN), e affidato nella sua parte orientale alla Francia e nella sua parte occidentale alla Gran Bretagna. La Francia impose nel territorio l'uso della lingua francese come lingua dell'amministrazione. Per esempio nel 1921, Jules Carde, alto commissario della Repubblica Francese diede questo ordine ai responsabili delle circoscrizioni amministrativi:

Quindi è necessario che voi seguite con grande cura il piano di propaganda che vi ho tracciato, che coordiniate i vostri sforzi, tutti, e che il dissodamento metodico e ben concertato (delle altre lingue) vada avanti sia senza fretta, sia senza sosta [...] al fine di concretizzare) la nostra volontà di dare alle popolazioni del Camerun la lingua, in qualche modo nazionale, che hanno e che non pu? essere altro che la lingua del popolo a cui spetta la sovranità del paese.21(*)

È cos? che la lingua francese mano a mano si è radicata nel paese fino a diventare la lingua ufficiale.

Oggi, il francese è la lingua usata negli atti ufficiali dello stato, in tutti gli uffici pubblici; nelle scuole e nelle trasmissioni della radio e della televisione nazionale, ad esempio il 90% della stampa è francofona e i programmi della CRTV (Cameroon Radio and Television) sono per circa il 65% realizzati in francese e il 35% in inglese22(*) (Biloa, 2003). Il suo uso è obbligatorio in tutte le situazioni in cui è rappresentato lo stato23(*) ed è un vantaggio a livello sociale e professionale per quelli che ne hanno la padronanza. Mendo-Ze 1990: 34-44, citando Echu 1999:96-101 afferma:

L'inglese e il francese sono usati in una proporzione uguale in tutte le provincie; i formulari amministrativi sono tradotti nelle due lingue; sono creati degli uffici di traduzione nei servizi pubblici; il trasferimento dei funzionari e agenti dello Stato deve essere senza tener conto delle loro origini linguistiche; incoraggiamenti specifici sono dati ai funzionari bilingui24(*).

Fino ad oggi, il francese assieme all'inglese sono diventate lingue ufficiali in Camerun, grazie al passato coloniale e soprattutto alla difficoltà dei camerunensi di poter adottare una lingua nazionale con la quale avrebbero potuto comunicare, esprimere la loro realtà quotidiana, i loro valori culturali; insomma, una lingua capace di unire tutto il popolo. Di fronte a questa difficoltà, il Camerun sarà costretto ad adottare il francese e l'inglese come lingue ufficiali, come illustra l'articolo 1 della costituzione di 1996 nel suo terzo paragrafo: « La République du Cameroun adopte l'anglais et le français comme langues officielles d'égale valeur. L'État garantit la promotion du bilinguisme sur toute l'étendue du territoire»25(*). Per?, in questo contesto multilingue dove, per sopravvivere, ogni lingua deve essere parlata per non scomparire, si disegna una competizione linguistica che porta con sé il problema di conflitto linguistico tra le lingue esistenti sul territorio nazionale.

2.1.4. I conflitti fra le lingue in Camerun

I conflitti tra le lingue in Camerun nascono dal fatto che coabitano (Cfr. Bitja'a Kody, 1999).Oggi, il conflitto linguistico oppone le lingue ufficiali, le lingue nazionali e ufficiali e le lingue nazionali.

Parlare di conflitto tra le lingue ufficiali vuol dire porre al centro del dibattito la problematica del bilinguismo in Camerun. Il fatto che il Camerun sia un paese bilingue non vuole dire che tutti i cittadini camerunensi usano il francese e l'inglese quotidianamente. Nel nostro paese, la lingua inglese tende ad essere assorbita dal francese, il francese resta la lingua più usata sia nell'amministrazione, sia negli altri settori della vita a tale punto che i cittadini di origine anglofona devono parlare il francese per cavarsela nel quotidiano. Si parla più il francese che l'inglese, quello che si promuove di più è il «bilinguismo individuale»(Fonolon,1963). Buona parte dei camerunensi non ha la padronanza che sia del francese o dell'inglese nelle loro zone rispettive, ragione per cui si assiste sempre all'intervento degli interpreti nei nostri tribunali ad esempio. Paragonando la situazione del Camerun a quella del Canada e del Belgio, Fonlon (1963: 54) afferma:

La stragrande maggioranza dei canadesi e dei belgi sono rimasti monolingui. Uno Stato bilingue non suppone dunque necessariamente degli individui, dei cittadini bilingui. Ma per noi, in Camerun, sarebbe una ignoranza dei vantaggi che si offrono a noi e una mancanza spiacevole di ideale se ci accontentassimo di aver creato uno Stato bilingue. L'obiettivo che dobbiamo mirare deve essere un biliguismo individuale grazie al quale ogni bambino che segue il ciclo del nostro sistema educativo sarà capace di parlare l'inglese e il francese26(*).

Il conflitto tra le lingue ufficiali ha trascinato con sé il problema della pratica delle lingue nazionali cioè il posto dato alle lingue nazionali dai cittadini camerunensi. Oggi, molte famiglie usano il francese o l'inglese. Con il fenomeno di esodo rurale che si verifica in Camerun già da molti anni, si assiste ad una diminuzione molto rapida del numero di camerunensi capaci di esprimersi fluentemente nella propria lingua locale. Le lingue locali sono ridotte ad un uso orale e familiare, la loro funzione emblematica è sfruttata solo a fini politici limitati nel tempo e durante le campagne elettorali. Nessuna delle oltre 280 parlate locali è usata nell'amministrazione o nella stampa nazionale. Alcune lingue sono usate in modo molto sporadico nelle radio regionali, generalmente per la diffusione di istruzioni del governo agli illetterati. In questa ottica, Kuitche (2012), nota che, in Camerun oggi, soltanto persone di una generazione che è ormai al suo crepuscolo hanno conservato quasi tutti i valori linguistici locali e riescono a sfruttarli in tutte le situazioni della vita quotidiana. Per quanto riguarda i giovani che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione camerunense27(*), molti linguisti hanno rilevato dati allarmanti. In uno studio quantitativo condotto sulla dinamica delle lingue nella città di Yaoundé, Bitja'a Kody (2001) descrive in questi termini la situazione dell'utilizzo delle lingue locali:

L'uso delle lingue nazionali è in via di perdita fine al confine delle facende endogamiche dove non è più usato. Attraverso questo studio, gli adulti francofoni dichiarano che in famiglia usano la lingua materna nelle 52% delle situazioni evocate contro 42% del tempo di utilizzazione del francese. I giovani compresi tra 10-17 anni interrogati nelle stesse facende dichiarano che usano il francese 70% nelle stesse situazione di comunicazione famigliale contro 25% del tempo di utilizzazione delle lingue famigliari potenziali28(*).

Per alcuni, le lingue ufficiali sono diventate le lingue materne; secondo alcuni genitori, insegnare il francese o l'inglese al bambino a casa gli permette di entrare in contatto con la lingua che più tardi troverà a scuola. Per loro, è un modo di agevolare una rapida integrazione del bambino nella vita sociale a scapito dell'identità culturale che costituisce la base di ogni gruppo, di ogni individuo.

Non va dimenticato che, questo conflitto si è esteso anche al livello delle lingue nazionali fra di loro. Infatti durante la colonizzazione tedesca, il duala era una lingua di insegnamento, essa ha resistito alle invasioni delle altre lingue nazionali ma non al tedesco e al pidgin-english che si sono finalmente imposte. Nonostante ci?, la lingua duala è rimasta dominante su tutto il Litoral fino ad oggi29(*). In Camerun oggi, come scrive Mendo-Ze (1990: 67):

Nove lingue hanno una funzione veicolare attestata ma cinque soltanto presentano un'area di diffusione importante: fulfuldé al Nord, béti-fang al Centro-Sud e Est, pidgin-english nel Nord-Ovest, il Sud-Ovest, l'Ovest e il Litoral, basaa nelle aree di bakoko, del tunen, il Litoral, il Centro e il Sud, duala nel Littoral e il Sud-Ovest30(*).

Per concludere, quando più culture si incontrano, dice Hofstede (1994), all'inizio entrano in conflitto. Dopo, la risoluzione del conflitto, si tende verso uno stadio di intercultura, dell'accettazione delle differenze, da quest'interculturalità nascono cosi delle lingue «ibride» come risoluzione del conflitto linguistico.

2.1.5. L'ibridismo linguistico in Camerun

Nell'ambito della linguistica, una parola ibrida é «Formata da radici prestati a lingue diverse»(Dictionnaire Universel, 1997). Secondo Ngueffo (2010: 31), l'ibridismo linguistico nel contesto camerunense « è la creazione di composti il cui primo elemento è francese e il secondo autoctone e viceversa [...] ». Cos?, una lingua ibrida è una lingua che deriva dall'incroccio di più lingue; è il risultato di una coabitazione linguistica. In Camerun, l'ibridismo linguistico trova la sua massima espressione nel camfranglais e nel pidgin-english.

Il Camfranglais è un misto di lingue nazionali camerunensi (Cam), del francese (fran) e dell'inglese (Biloa, 2000a). È nato probabilmente nelle vie della città di Douala, soprattutto nelle zone popolari (Bassa e Deido), prima di diffondersi nelle grandi città del paese. Considerato all'inizio come l'espressione del malessere dei giovani camerunensi, il Camfranglais è oggi la lingua più diffusa in Camerun, tutti la parlano. Per i citttadini camerunensi, il Camfranglais è una lingua molto facile da imparare rispetto alle lingue ufficiali e, sembra rappresentare sempre di più l'identità nazionale. Il Camfranglais appare oggi come l'unica lingua che riesce ad unire tutte le etnie del Camerun e tutte le classi sociali, scommessa nella quale il francese e l'inglese sono falliti (Mbah, 1997). Il Camfranglais è parlato da millioni di camerunensi ma, rimane una lingua parlata soprattutto dai giovani nei contesti informali. Come esempi di questo parlato giovanile abbiamo come illustra (Chia, 1990: 122):

· Je n'ai pas ya ce que tu tchatchais hier soir en backant. (Non ho capito ci? che dicevi ieri quando rincasavamo.)

· Comment tu es go sans me call alors que je te waitais dans la bougna ? (Come mai sei andato/a via senza avermi chiamato allorché ti aspettavo nella macchina).

· Quand je venais, je mimbaais que tu étais back. (Quando venivo, immaginavo che fossi ritornato/a)

Il termine pidgin designa una serie di lingue semplificate nate dal contatto fra un idioma straniero (spesso una lingua europea coloniale) ed una o più lingue indigene; tali idiomi non sono lingua materna per nessun parlante e vengono usati per la comunicazione essenziale tra gruppi di madrelingua diversa, con occasioni di comunicazione ridotte e limitate a questioni pratiche, «di sopravvivenza». Oltre a non avere parlanti nativi, il pidgin presenta una struttura semplificata, dovuta alla sua natura di codice funzionalmente circoscritto: ha infatti «un uso ed una diffusione limitati a pochissimi ambiti funzionali, cioè alle situazioni in cui i due gruppi umani devono effettivamente interagire» (Grandi, 2003: 4). Andersen (1983) ribadisce che la sua formazione avviene in condizioni di input linguistico molto ridotto, dovuto al contatto spesso violento tra popolazioni che non possiedono un codice comune e che tuttavia devono soddisfare impellenti bisogni comunicativi.

Come il Camfranglais, il pidgin-english camerunense è una lingua ibrida derivata dall'inglese e alcune lingue nazionali. All'inzio, era una lingua usata unicamente per agevolare la comunicazione fra le popolazioni stabilite sul litorale. Oggi, é molto usato nella parte anglofona del Camerun, cioè nelle regioni del Nord-Ovest e del Sud-Ovest, ma anche all'Ovest e nel Litoral. In modo generale il pidgin-english è usato nelle grandi città commerciali come Douala, Bafoussam, Bamenda, Buéa ecc... È inoltre usato come lingua materna da molte popolazioni anglofone. Secondo (Tsofack, 2002), circa 80% della popolazione anglofona usa il pidgin-english e il 40% dei francofoni lo usa.

Insomma, va notato che, il passato coloniale, la diversità culturale e multilingue del Camerun sono fattori che ostacolano l'adozione di una lingua ufficiale tra le 280 parlate esistenti, il che pu? portare ai conflitti interculturali e far sorgere il sentimento di dominazione di una cultura sulle altre. A tal proposito, Gramsci (1952: 192) riguardo alla situazione italiana dell'80031(*) dice che: «La lingua è inevitabilmente considerata dalle classi dominanti più come uno strumento di politica culturale per la conservazione del potere che non come una risorsa da valorizzare». Di fronte a questa difficoltà, il governo camerunense ha adottato il francese e l'inglese come lingue ufficiali. Esiste comunque una diversità linguistica al livello regionale, ognuno vuole promuovere la propria lingua. Infatti, le lingue adottate sono rimaste nei documenti, i camerunensi non si riconoscono in queste lingue ereditate (francese, inglese) dalla colonizzazione ed è una delle ragioni per cui cercano sempre di trovare un modo di esprimersi, di capirsi, tipico delle realtà sociali. In questa ottica, il Camfranglais e il pidgin-english appaiono come il simobolo dell'unità di un popolo multietnico e multilingue preoccupato di stabilire una lingua in cui tutti gli stratti della società camerunense si ritrovano. Questo è il contesto in cui la lingua italiana si trova a dover sopravvivere a fianco ad altre lingue straniere.

2.2. Diffusione e insegnamento dell'italiano L2 in Camerun

L'interesse per lo studio da parte dei camerunensi è di grande importanza e, sembra non essere calato neanche quando, a causa della crisi economica che colpì duramente il paese negli anni Novanta, il governo decise di sospendere la gratuità dell'iscrizione nelle università statali e buona parte delle borse di studio per gli studenti, il che condusse nello stesso periodo ad un boom migratorio degli studenti verso l'Occidente. Forte dei vantaggi logistici (borse di studio, residenze universitarie, ecc...) e accademici (qualità della didattica, opportunità di lavoro dopo gli studi, ecc...), del suo sistema universitario, l'Italia è probabilmente il paese europeo che ha attratto il più gran numero di camerunensi in Europa nell'ultimo ventennio (Cfr. Siebetcheu, 2011). Quest'integrazione dei camerunensi nella società italiana va di pari passo con la diffusione della lingua italiana in Camerun. Che cosa significa imparare una lingua? Come si impara una lingua seconda? Perché si fanno alcuni errori? Quali strategie didattiche possono facilitare l'apprendimento? Queste sono le domande alle quali i docenti sono confrontati quando devono condurre un intervento didattico tenendo conto del contesto camerunense. Per il presente paragrafo si tratta di presentare l'andamento attuale dellla lingua italiana nel nostro paese, evidenziando i motivi per lo studio della lingua italiana da parte dei camerunensi, i poli o gli enti di diffusione dell'italiano in Camerun, gli attori che si occupano della sua diffusione e infine, gli obiettivi dell'insegnamento dell'italiano nel nostro paese.

2.2.1. I rapporti bilaterali Italia-Camerun

Le relazioni tra il Camerun e l'Italia sono state allacciate all'indomani dell'indipendenza del Paese e con l'apertura dell'Ambasciata d'Italia a Yaounde nel 1962. Agli eccellenti rapporti politici tra i due paesi corrisponde una significativa presenza imprenditoriale italiana nel Paese, soprattutto nel settore forestale. Con l'andare del tempo i rapporti tra L'Italia ed il Camerun si sono intensificati con l'ausilio di numerosi accordi allacciati tra i due stati. Questi rapporti si snodano su diversi piani32(*):

Sul piano culturale, l'Ambasciata d'Italia, in collaborazione con istituzioni culturali e sponsor locali, organizza eventi e manifestazioni culturali, in particolare in occasione della Festa Nazionale del 2 Giugno e della Settimana della cultura e della lingua italiana nel mondo. Il Camerun essendo il paese africano con il maggior numero di studenti presso gli atenei italiani; la sua popolazione studentesca è triplicata negli ultimi anni passando da 778 iscritti nell'anno accademico 2003/2004 a 2.410 nell'anno accademico 2010/2011. Un dato importante che cresce proporzionalmente al numero degli iscritti e che pone il Camerun al quinto posto delle nazionalità straniere per studio in Italia33(*).

Sul piano educativo, l'Ambascita d'Italia sostiene una rete molto attiva di collaborazione tra Università italiane e camerunensi.Oltre al sostegno con doni di materiali didattici al Centro di lingua italiana presso l'Università di Dschang, L'Università Ca' Foscari di Venezia segue a Yaounde il terzo master annuale 2013 di cooperazione internazionale, azione umanitaria e allo sviluppo sostenibile. Il master è frutto di un partenariato con l'Università di Yaounde II e l'Istituto delle Relazioni Internazionali camerunensi (IRIC) del Ministero delle relazioni Esteri (MINREX). Il corso, sostenuto dall'Università di Venezia, viene finanziato dall'IRIC, dall'Università di Yaounde II e dalle quote di iscrizione degli studenti camerunensi ammessi, che nelle tre edizioni del Master sono stati in totale 570, di cui 90 iscritti per l'anno 2012/2013.

Inoltre, il Dipatimento di Ingegneria dell'Università di Padova è presente a Yaounde con propri docenti per il corso di ingegneria civile attivato presso la Scuola Superiore dei Lavori Pubblici (ENSTP). È attivo anche un master in ingegneria civile, che prevede l'invio di docenti italiani da Padova, moduli di e-learning e formazione di docenti camerunensi della Scuola Superiore LL.PP. Le Università di Camerino e Urbino sono presenti a Dschang per i corsi del master congiunto di Farmacia. Il Master, avviato a novembre 2012, avrà la durata di 3 anni, di cui 3 semestri saranno realizzati con docenti italiani a Dschang e i restanti 3 prevedono il soggiorno in Italia dei 20 borsisti camerunensi, dove seguiranno i corsi presso le facolta' di Camerino e Urbino. Al termine del ciclo triennale, sarà riconosciuta loro la laurea italiana in farmacia e, cos? formati, potranno fare ritorno a Dschang per potenziare il corso di laurea di Sciences Biomedicales, in prospettiva di creare un vero e proprio polo di Medicina e Farmacia.

Sempre sul piano educativo, l'Università di Udine-Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali, ha finanziato e inaugurato a maggio 2013 un laboratorio a Yaounde per l'analisi sulla sicurezza degli alimenti di origine animale a Nkolbisson in collaborazione con l'Università di Yaounde I che già partecipava al progetto di ingegneria genetica per l'introduzione della razza bovina «pezzata rossa» in Camerun (ranch di Dumbo e Ndokayo), finanziato dalla Provincia di Udine e dalla predetta università. L'Università di Roma Tor Vergata fornisce anche sostegno al Progetto Mingha, per la lotta all'AIDS specie nei casi di trasmissione fetale per via materna, nelle zone rurali adiacenti alla città di Dschang con finanziamenti del Comune di Roma, Regione Lazio e Università di Roma Tor Vergata e quella di Dschang. L'Università di Genova, Dipartimento di Medicina, ha stipulato nel 2011 un accordo di cooperazione con la facoltà di Medicina di Ebolowa per corsi a distanza (teledidattica, con equipaggiamento internet via satellite, PC e cablaggi messi a disposizione gratuitamente da Telespazio). In cambio, l'Università di Genova è interessata a raccogliere dati sulle malattie tropicali ed avviare corsi di educazione sanitaria in Italia. La Scuola Superiore S.Anna di Pisa ha organizzato a settembre 2012 a Yaounde un corso di formazione di peacekeeping, co-finanziato dalla Farnesina e dalla predetta università. Il Corso è stato organizzato presso l'istituto delle Relazioni Internazionali camerunensi (IRIC).

Sul piano commerciale, il Camerun, rispetto ad altri paesi della sottoregione, è uno degli Stati più stabili dell'Africa sub-sahariana ci? che conferisce al nostro paese una sede idonea all'installazione di attività produttive, in particolare quelle ad elevata intensità di lavoro. L'Italia registra sistematici disavanzi mercantili con il Camerun, indotti dall'elevato livello delle importazioni (petrolifere). Dal 2009 al 2012, le esportazioni italiane si sono riprese rispetto agli anni precedenti, determinando un contenimento del disavanzo bilaterale. Il petrolio continua a rappresentare la principale voce delle importazioni italiane, seguito dal legname, alluminio e caucciù. L'Italia esporta macchinari, pezzi di ricambio, lavorati in ferro, materie plastiche. Sia nell'ambito dei beni di consumo che in quelli di investimento, il manufatto italiano gode di un'elevata immagine di qualità ed affidabilità presso i consumatori e gli imprenditori del paese34(*). Fra le principali realizzazioni della cooperazione italiana negli ultimi 10 anni in Camerun possiamo citare:

· il progetto di sostegno al Centro di ricerca Chantal Biya per la lotta all'Aids.

· l'attivazione e l'integrazione sistema SSP (Soins de Santé Primaires) dei nuovi ospedali di Bertoua e Yagoua.

· il programma di sostegno alle iniziative di sviluppo nella valle del Logone Progetto integrato per la promozione dei diritti dei minori e per il sostegno alle potenzialità dei giovani.

· il programma di appoggio all'artigianato informale in due quartieri della città di Yaoundé.

· il progetto MINGHA per la Prevenzione della Trasmissione madre-figlio dell'HIV. Quest'iniziativa è finalizzata alla profilassi della trasmissione materno-infantile dell'HIV ed è in fase di realizzazione nelle aree rurali intorno alla cittadina di Dschang (Provincia dell'Ovest). 

Accanto a questi boom di realizzazione italiana in Camerun non vanno dimenticati gli accordi firmati tra i due stati ci si annovera:

· l'accordo sull'annullamento del debito: in vigore dal 30 novembre 2006, quest'accordo prevede la cancellazione a favore del Camerun di 134,8 milioni di Euro (pari a 88,4 miliardi CFA) di cui 44,2 milioni di Euro per crediti di aiuto (pari a 29 miliardi CFA) e 90,5 milioni (59,4 miliardi CFA) per crediti commerciali.

· l'accordo sulla promozione e reciproca protezione degli investimenti, firmato il 29 giugno 1999, in vigore dal 2004. Esso prevede la protezione degli investimenti italiani con il divieto di misure discriminatorie ed il diritto al godimento, utilizzo e vendita degli investimenti effettuati.

· l'accordo di cooperazione economica, tecnica e finanziaria per lo sviluppo, firmato il 17 gennaio1989, esso prevede la riduzione della povertà per favorire lo sviluppo sociale e sanitario del paese.

Questi accordi sono segnati dagli incontri bilaterali col il Ministro degli Affari Esteri camerunense e italiano di cui l'ultimo risale al 29 Novembre, 2012, visita a Roma del Ministro degli Affari Esteri camerunense Pierre Moukoko Mbonjo. Occorre sottolineare che, non si pu? parlare di cooperazione senza menzionare l'aspetto linguistico: la lingua italiana. Essa costituisce un ponte di accesso , il primo strumento di integrazione e di contatto con la cultura italiana. È infatti, insegnata in vari poli didattici presenti sul territorio nazionale.

2.2.2. Gli enti e i poli di diffusione dell'italiano in Camerun

Tra gli ultimi arrivati nel paesaggio linguistico camerunense, si nota la presenza dell'italiano che suscita un interesse in costante crescita. La lingua italiana è diffusa secondo i dati delle più recenti ricerche35(*) sull'italiano in Camerun da scuole, università e centri linguistici privati. Abbiamo già sottolineato in precedenza che la politica di diffusione della lingua italiana ha fatto ufficialmente il suo ingresso in Camerun nel 1995 dopo un accordo firmato tra l'ambasciata d'Italia a Yaoundé e l'Università di Dschang. L'italiano fu integrato in modo ufficiale nei programmi della Facoltà di Lettere e Scienze umane e le lezioni furono affidate a due missionari del movimento dei focolari, il movimento si è diffuso in tutta l'Italia e si è poi esteso in Europa e in Africa. È un movimento religioso fondato da Chiara Lubich negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, precisamente nel 1943. Il movimento vuole diffondere la pace e la speranza fra la gente afflitta dalla guerra e da ogni forma di dolore. Il suo messaggio di pace e di speranza si accompagna da atti concreti che vanno dal sostegno morale alla creazione di impieghi, alla costruzione di scuole, di ospedali ecc. Questo movimento si è insediato in Camerun a Fontem, città capoluogo del Dipartimento del Lebialem nella regione del Sud-Ovest. Qui, fra cure mediche, insegnamenti generale e tecnico, attività industriali e messaggio di pace e speranza, il movimento diffonde la lingua e la cultura italiana. Il movimento ha dato a tutta la regione il gusto per la lingua e la cultura italiana.

Oggi, la lingua intaliana è presente anche nei centri linguistici con un numero sempre più importante di apprendenti. Questi centri36(*) operano con l'accordo dell'Ambasciata d'Italia in Camerun e offrono una formazione mirata visto che gli studenti si prefiggono di sostenere gli esami di certificazione CILS, CELI e PLIDA. I centri sono localizzati per lo più nelle città universitarie e in alcune città turistiche del paese. Esistono altri centri che non hanno l'accreditamento dell'Ambasciata d'Italia in Camerun ma che contribuiscono allo stesso modo alla diffusione dell'italiano in Camerun; è il caso del « Centre Fiel» di Bafoussam, del centro IILE (Internationale des langues Etrangères) di Dschang e di Douala. Oltre ai centri linguistici, l'italiano viene insegnato presso le università statali : l'università di Dschang, l'università di Yaoundé I e l'università di Maroua. La prima offre una formazione triennale, che si conclude con una Laurea in trilingui. Nella seconda invece, l'italiano è inserito come materia facoltativa. Presso l'Università di Maroua la lingua italiana viene insegnata all'interno di un percorso formativo che prepara i futuri insegnanti d'italiano nelle scuole secondarie. Questi poli di diffusione dell'italiano sul territorio nazionale accolgono ogni anno un numero sempre più consistente di apprendenti di italiano.

2.2.3. Le motivazioni all'apprendimento dell'italiano in Camerun

Le ricerche sull'acquisizione della seconda lingua vedono nella motivazione un fattore chiave nell'apprendimento della L2. Il termine «motivazione» deriva dal latino motus che indica il dirigersi di un soggetto verso un oggetto desiderato: il desiderio implica una spinta dovuta al bisogno di soddisfare una propria esigenza o un obiettivo. Si pensa che più un apprendente è motivato, migliori saranno i risultati. Si tratta, in sostanza, di capire i motivi per i quali un individuo decide di spendere le proprie energie per imparare una seconda lingua. Dörnyei (1998: 117) scrive che la motivazione fornisce la spinta principale ad iniziare ad imparare la lingua e, successivamente, essa rappresenta «The driving force to sustain the long and often tedious learning process37(*)». Come nell'apprendimento in generale, anche in quello linguistico in particolare, la motivazione ricopre il ruolo primario di motore che spinge chi apprende verso una lingua e una cultura diversa dalla propria e che lo sostiene in un cammino lungo e, spesso, faticoso, ma al contempo appagante, il cui traguardo prevede un arricchimento globale della persona. Secondo Gardner e Lambert (1972) sono da distinguersi quattro tipi di motivazione (Daloiso, 2007:9):

· intrinseca, che nasce dall'intimo dell'apprendente, legata alla sfera degli affetti e dei desideri.

· estrinseca, legata a fattori esterni di varia natura quali, ad esempio, l'obbligo scolastico, l'influenza dei genitori...

· integrativa, ossia la motivazione di chi desidera (motivazione integrativa intrinseca) o deve (motivazione integrativa estrinseca) integrarsi in una cultura diversa dalla propria.

· strumentale, quando l'apprendimento linguistico può comportare ricadute positive in ambito formativo, professionale, ecc.

Balboni (2002: 37), a sua volta, riconduce l'analisi della motivazione a tre macrocategorie di base:

· il dovere, ossia l'obbligo ad apprendere (ad esempio in ambito scolastico) che se non supportato da effettivo interesse produce apprendimento ma non acquisizione: i contenuti vengono infatti immagazzinati nella memoria a breve termine e ben presto dimenticati.

· il bisogno, motivazione legata all'emisfero cerebrale sinistro, secondo cui il discente è razionalmente consapevole di avere bisogno di sviluppare delle conoscenze specifiche per raggiungere uno scopo.

· il piacere, «motivazione essenzialmente legata all'emisfero destro, ma che può coinvolgere anche il sinistro divenendo, in tal modo potentissima» (Balboni 2002: 38).

La centralità della motivazione, oltre a emergere dalla letteratura glottodidattica è fortemente sottolineata anche nei documenti elaborati dal Consiglio d'Europa e, in particolare, nel Quadro Comune europeo di riferimento (2002) che considera l'orientamento motivazionale uno dei principali fattori da analizzare per elaborare interventi formativi sulla base dei bisogni degli apprendenti. Dunque, la realizzazione di un percorso formativo che assume come punto di riferimento l'apprendente implica neccessariamente la conoscenza delle sue motivazioni allo studio della lingua. A tal proposito, Dörnyei (1998: 2) afferma che: « La mia impressione personale è che il 99% di apprendenti che vogliono apprendere una lingua straniera potrà essere in grado di manipolare la minima conoscenza riguardo al loro attitudine38(*)». A proposito dell'importanza della motivazione nell'apprendimento linguistico, Gass e Selinker (2001: 349) affermano giustamente che: «Le persone che sono motivate impareranno altre lingue rapidamente ad un grado molto elevato. Inoltre, molti studi hanno dimostrato con dati concreti che la motivazione è un predicatore del sucesso nell'apprendimento di una lingua39(*)».

Basandandoci su queste riflessioni, possiamo dire che uno studente è motivato quando trova interesse ad imparare una lingua. La motivazione è dunque un motore che spinge lo studente ad intraprendere lo studio di una lingua, il motivo che determina la scelta di studiare una lingua seconda, tradizionalmente definito di tipo integrativo o strumentale ( Gardner e Lambert, 1972), ma anche: «la misura dell'impegno o sforzo che un individuo mette nell'apprendere una lingua a causa di un suo desiderio e della soddifazione provata in tale attività» (Gardner, 1985: 10, cit. in Pallotti, 1998: 212).

Parlare di motivazione allo studio della lingua italiana nel contesto camerunense significa rispondere alla domanda: perché si studia l'italiano in Camerun. La motivazione è di fondamentale importanza per l'impostazione didattica. Nel contesto camerunense, si snodano tre motivazioni principali allo studio dell'italiano a seconda del luogo dove si impara la lingua:

Gli apprendenti d'italiano nei centri linguistici studiano la lingua per il motivo di continuare gli studi universitari in Italia. A tal proposito, Kuitche (2012) in uno studio condotto sulla diffusione e le motivazioni allo studio dell'italiano nell'Africa subsahariana francofona, nota che più dell'80% dei camerunensi che si avvicina all'italiano lo fa per motivi di studio, precisamente per proseguire gli studi universitari in Italia. Inoltre, l'autore sottolinea che, nel corso dell'ultimo decennio, è cresciuta considerevolmente l'attrattività del «sistema Italia» sui giovani camerunensi che, una volta conclusi gli studi secondari, si iscrivono a corsi di italiano con lo scopo di raggiungere il livello di indipendenza e di autonomia linguistica, conditio sine qua non per ottenere un visto40(*) per motivi di studio presso l'Ambasciata d'Italia. D'altra parte, continua l'autore, il numero di visti per motivi legati agli studi universitari in Italia rilasciati nell'ultimo decennio confermano un palese incremento quantitativo dei camerunensi che studiano l'italiano per il motivo di proseguire gli studi universitari in Italia41(*).

Nelle scuole secondarie per?, la lingua italiana viene inserita nei curricula, fa quindi parte di un più generale progetto educativo. Gli allievi quando sono ancora nelle classi di 5°, alla fine dell'anno sono chiamati a scegliere tra il tesdesco, l'arabo, lo spagnolo e l'italiano una lingua che essi studieranno come lingua straniera.

Nelle Università, con le nuove opportunità offerte dall'inserimento dell'italiano nella scuola normale, sempre più studenti si iscrivono ad un percorso di laurea in studi italiani perché hanno lo scopo di diventare docenti d'italiano nelle scuole. Quindi, la lingua viene sudiata per i suddetti apprendenti per un lavoro.

Durante la nostra indagine , abbiamo chiesto anche ai docenti che operano nei vari licei nei quali è stata svolta la nostra indagine quali sono i motivi principali che spingono i loro studenti ad apprendere l'italiano. Le risposte degli insegnanti e quelle degli apprendenti confermano la netta prevalenza della motivazione legata al desiderio di proseguire gli studi universitari in Italia. Viene fuori dalla nostra indagine che, il 47% dei camerunensi del nostro campione che si avvicina all'italiano lo fa per motivi di studio, precisamente per proseguire gli studi universitari in Italia e il 23% per lavorare in Camerun le altre ragioni sono soltanto accessorie (Cfr. Fig.3.12).

2.2.4. Gli obiettivi dell'insegnamento dell'italiano nelle scuole camerunensi

Con il decreto N°220/12/MINESEC/IGE/IP-LAL/LVII42(*), che definisce il programma provvisorio dell'italiano in Camerun, il Misnistero dell'Insegnamento Secondario Camerunense ha definito gli obiettivi generali dell'insegnamento dell'italiano in questi termini:

L'obiettivo principale dell'insegnamento/apprendimento di una lingua è lo sviluppo della competenza comunicativa da parte dello studente. L'insegnamento dell'italiano permette in effetti all'apprendente camerunense che si avvicina all'italiano di aprirsi al mondo, questo potrebbe condurre a un arricchimento della propria cultura, esperienza ed a un paragone tra la propria comprensione del mondo e quelli degli atri43(*).

Emerge da questo programma che, l'insegnamento dell'italiano nelle scuole secondarie camerunensi persegue scopi comunicativi, perché la lingua è prima di tutto strumento comunicativo. Perci?, gli obiettivi comunicativi dell'apprendimento di una lingua consistono essenzialmente nell'acquisizione della competenza comunicativa che include tre grandi aree:

· sapere la lingua italiana:

Si tratta di far acquisire allo studente le abilità linguistiche: comprendere; parlare; leggere e scrivere. L'insegnamento dell'italiano deve prendere in considerazione tutti questi aspetti linguistici a partire dalla base; nessuna abilità va trascurata.

· Sapere usare la lingua italiana:

L'apprendente deve acquisire la competenza socio-pragmatica cioè far uso della lingua per agire. Non si tratta di mettere molte parole insieme per il piacere, ma di combinarle di modo da trasmettere un messaggio, di modo da spingere l'interlocutore per agire. Questo integra le funzioni linguistiche e gli atti comunicativi:

- la funzione personale ( esprimere la sua personalità)

- la funzione interpersonale ( usare la lingua per stabilire un rapporto di interazione con le altre)

- la funzione referenziale ( usare la lingua per descrivere o spiegare la realtà)

- la funzione regolativo-strumentale (al fine di ottenere qualcosa per soddisfare la sua necessità)

- la funzione poetica (parlare per produrre effetti stilistici)

- la funzione metalinguistica (riflettere sulla lingua se stessa)44(*)

· saper integrare la lingua con altri codici disponibili per la comunicazione:

Si tratta qui di associare alla competenza linguistica una serie di competenze non verbali:

- la competenza fonologica (il parlante deve cercare di avere la pronuncia giusta)

- la competenza morfo-sintattica (per una buona combinazione delle parole)

- la competenza lessicale (per una scelta opportuna delle parole da usare in contesto)

- la competenza extralinguistica. Si tratta della padronanza di codici usati insieme alla lingua.45(*)

Tutte le componenti di questi saperi formano la competenza linguistico -comunicativa.

Il Quadro Comune Europeo di riferimento (2002), definisce le competenze linguistico - comunicative come «quelle che permettono a una persona di agire usando specificatamente strumenti linguistici». Essa comprende, quindi, le seguenti diverse componenti: la linguistica, la sociolinguistica, la pragmatica e la metalinguistica. Ognuna di queste competenze specifiche comprende a sua volta particolari abilità che la caratterizzano: la competenza linguistica include abilità relative alla fonologia, al lessico, alla morfosintassi e ad altri aspetti legati alla costruzione del linguaggio, non solo dal punto di vista conoscitivo, ma anche cognitivo. La competenza sociolinguistica riguarda, invece, i fattori socioculturali dell'uso linguistico, mentre la pragmatica è relativa agli usi e alle funzioni all'interno dell'atto linguistico, come: la padronanza del discorso, la coerenza, l'identificazione delle forme testuali, l'ironia e la parodia. La competenza metalinguistica include, infine, la capacità di riflettere sul processo d'apprendimento, abilità fondamentale per far seguire al discente un percorso d'acquisizione consapevole e autonomo. Tutte queste competenze vengono utilizzate dal parlante per compiere attività linguistiche, le quali riguardano: la ricezione, la produzione, l'interazione e la mediazione (interpretariato e traduzione), anche nelle forme integrate del loro uso. L'obiettivo dell'insegnamento linguistico è proprio quello di far padroneggiare la competenza linguistico - comunicativa, di rendere, cioè, il discente competente a tal punto da utilizzare le conoscenze in contesti diversi, rivestendole di significato proprio. Per un quadro completo della competenza linguistico - comunicativa, si rimanda allo schema seguente:

Fig.2.1. Schema della competenza linguistico-comunicativa46(*).

COMPETENZA LINGUISTICO -COMUNICATIVA

C. Linguistica C. Socio-linguistica C. Pragmatica C. Metalinguistica

c. morfosintattica c. socio-culturale c.pragmatica riflettere sul processo d'apprendimento

(uso della grammatica) (consapevolezza dei (usare la lingua a seconda

c. fonologia fattori culturali) delle funzioni)

(uso di suoni e intonazioni) c. In linguaggio non

c. grafemica verbali

(uso della scittura) (sapersi rapportare con altri)

c. lessicale

(genere parole)

c. testuale

(coerenza e coesione)

Tali competenze vengono utilizzate per compiere attività linguistiche: Ricezione, Produzione, Interazione, Mediazione più Abilità integrate .

Tutto questo è quello che l'apprendente d'italiano nei licei camerunensi ha bisogno di imparare, per gradi successivi; l'italiano per narrare, esprimere stati d'animo, riferire cose che lo riguardano, ovvero idee, esperienze, progetti; leggere e scrivere; la lingua per studiare; la riflessione linguistica. Naturalmente per arrivare a questo ci vuole prima di tutto tempo e pazienza. Cummins (1984), nella sua distinzione tra BICS (Basic Interpersonal Communication Skills, abilità comunicative interpersonali di base) e CALP (Cognitive-Academic Language Proficiency, abilità linguistica cognitivo-accademica), ipotizza che ci vogliono almeno due anni per sviluppare attività di interazione verbale in attività contestualizzate e in media cinque a sette anni per sviluppare le abilità linguistiche necessarie per svolgere attività a bassa contestualizzazione. Quindi, l'obiettivo delll'insegnamento della lingua italiana nelle scuole camerunensi deve imbocare questa strada, cioè cercare di far acquisire agli studenti tutti questi elementi senza i quali né la socializzazione, né la consapevolezza culturale, né l'autopromozione saranno possibili.

Occorre sottolineare che, gli apprendenti d'italiano nei licei camerunensi devono essere formati pertanto, in modo da rispettare le differenze che la cultura italiana presenta rispetto a quella camerunense. Vanno dunque combattuti gli stereotipi che potrebbero falsare l'interpretazione di una cultura ma, fornendo piuttosto dei sociotipi, secondo la definizione di Balboni (1999), cioè delle caratterizzazioni che derivano da una generalizzazione razionale di stereotipi empiricamente verificabili.

2.2.5. La spendibilità sociale dell'italiano in Camerun

La fase sperimentale di introduzione dell'italiano in alcune scuole statali nelle principali città del paese, si sta gradualmente allargando coinvolgendo un pubblico sempre più ampio. Sul piano delle motivazioni all'apprendimento, un'altra rivoluzione in corso è rappresentata dalla netta crescita della spendibilità sociale in loco dell'italiano: l'introduzione dell'italiano come percorso formativo presso la Scuola Normale Superiore di Maroua; Istituto dove vengono formati gli aspiranti insegnanti delle scuole secondarie ha dato un nuovo impluso delineando e istituzionalizzando il profilo professionale del docente d'italiano L2. I laureati di questo Istituto Superiore vengono sistematicamente assunti dallo stato alla fine del loro percorso formativo e assegnati alle scuole pubbliche di tutto il paese.

Quindi, con questa inserzione della lingua italiana presso la Scuola Normale Superiore è cambiato notevolmente il volto dell'italiano nel paese, aumentando cos? la spendibilità sociale di tale lingua. Oggi, è possibile costruire il proprio futuro, la propria vita, investendo nell'apprendimento dell'italiano che offre ormai un chiaro sbocco professionale: professore nei licei.

In definitiva, viene fuori da tutto quello che precede che, per contribuire al pieno sviluppo della personalità dell'allievo, l'insegnamento dell'italiano in Camerun nei licei, nei centri linguistici e nelle univesità deve porre un'accento sulla formazione umana, sociale degli apprendenti mediante un'educazione interculturale, che porti ad una ridefinizione di atteggiamenti nei confronti del diverso da sé.Questo permette al giovane camerunense di inserirsi nella vita professionale e di aprirsi al mondo e particolarmente all'Italia. Questo sembra una scommessa difficile visto che la lingua italiana fa fronte a molti problemi nel nostro paese.

2.3. Problemi dell'insegnamento dell'italiano in Camerun

La didattica dell'italiano in Camerun ha compiuto notevoli passi negli ultimi anni, ma molto rimane ancora da fare per migliorare la qualità della didattica e il livello di competenza dei giovani apprendenti d'italiano.

2.3.1. Il problema della formazione degli insegnanti

Il tema della formazione degli insegnanti di lingue è al centro del dibattito glottodidattico tanto in ambito italiano quanto in ambito internazionale. La qualità dell'insegnamento e della formazione degli insegnanti sono indubbiamente fattori chiave per garantire la qualità dell'istruzione e per migliorare il livello di istruzione dei giovani. La formazione dei docenti nel nostro universo camerunense è un elemento centrale di un possibile rinnovamento della scuola. Nel nostro contesto essa implica non solo un aumento quantitativo di competenze e responsabilità, ma anche un mutamento qualitativo riconducibile al restringimento dell'area della routine e l'allargamento dell'area della progettazione (Reguzzoni, 2009: 19).

È noto che, non basta conoscere una lingua per pretendere essere insegnante di quella lingua. Insegnare l'italiano come L2 richiede da parte dell'insegnante competenze che vanno al di là della semplice competenza comunicativa. Chi parla, scrive, legge e caspisce l'italiano, anche se è un nativo non pu? pretendere poterlo insegnare. L'insegnamento ricchiede una preparazione mirata che coinvolge molti settori di interesse: dalle scienze del linguaggio alla psicologia, dalla pedagogia generale alla didattica dell'italiano come lingua seconda, e infine, l'interdisciplinarietà che solo pochi insegnanti d'italiano in Camerun possiedono (Bayeck, 2010)47(*).

Gli insegnanti infatti, hanno una funzione da svolgere nel preparare gli alunni all'ingresso nella società e nel mondo del lavoro. In qualsiasi momento della loro carriera gli insegnanti devono poter accedere a /o essere in grado di acquisire tutta la gamma di conoscenze relative a una materia, le conoscenze e le capacità pedagogiche necessarie per essere in grado di aiutare i giovani a realizzare le loro piene potenzialità. Essi devono possedere le capacità necessarie per identificare le esigenze specifiche di ciascun discente e rispondere a queste esigenze con un'ampia gamma di strategie didattiche; sostenere lo sviluppo dei giovani affinché diventino discenti pienamente autonomi in tutto l'arco della loro vita. Cos?, l'intervento formativo nel nostro paese e soprattutto presso la Scuola Normale Superiore di Maroua dovrebbe quindi:

· offrire l'occasione ai futuri docenti per la condivisione di buone pratiche;

· declinare le teorie glottodidattiche per l'insegnamento dell'italiano per stranieri;

· individuare modelli organizzativi e operativi che possano sostenere nella gestione di classi ad abilità differenziate;

· promuovere le competenze chiave del docente-facilitatore dell'apprendimento (competenze glottodidattiche, comunicative, relazionali);

· promuovere una pedagogia centrata sull'allievo e sui metodi partecipativi;

· sviluppare l'autoformazione anche attraverso l'attivazione di percorsi di ricerca-azione;

· stimolare gli insegnanti ad avviare percorsi di rete al fine di favorire l'ottimizzazione e la circolarità delle risorse.

Per quanto riguarda la formazione degli studenti futuri insegnanti d'italiano, si è notato un miglioramento della qualità dell'offerta formativa attraverso l'entrata in vigore del nuovo programma48(*). Per il ciclo II di Master I, il nuovo programma mette lo studente al centro della formazione ponendo un accento sui princpi di glottodidattica: oltre alle conoscenze linguistiche è necessario che l'insegnante abbia una solida formazione glottodidattica per garantire la sua piena efficienza. Inoltre, il nuovo programma cerca di dare al futuro insegnante tutte le strategie necessarie per facilitare il suo intervento didattico nel contesto camerunense. Oltre a questo, viene definita la figura del docente e anche le modalità di gestione di una classe di LS per fornire ai futuri docenti indicazioni per operare scelte precise sul piano della gestione della classe, dall'interazione docente/allievo all'analisi e gestione degli errori. Infine, il programma mira anche a preparare i futuri docenti a scrivere tesine e tesi di laurea, affrontando cos? nella partica tutte le fasi della ricerca, dal disegno della ricerca alla costruzione della base empirica fino alle tecniche di organizzazione, elaborazione e interpretazione delle informazioni.

D'altra parte, per il Master II, il nuovo programma prevede dei semirari d'italiano con l'intento di fornire ai futuri docenti le principali tecniche per lo sviluppo delle abilità linguistiche ma anche, i criteri di valutazione e di progettazione di materiali didattici. Oltre alle tecniche didattiche, i semiari guidano anche i futuri insegnanti nella scoperta delle peculiarità della cultura italiana con lo scopo di consolidare la loro competenza interculturale e di renderli consapevoli dell'importanza della dimensione culturale nell'insegnamento/apprendimento dell'italiano L2 in Camerun.

Sempre nell'ambito del miglioramento dell'offerta formativa, occorre anche sottolineare l'esistenza di un sito web dell'unità d'italiano in costruzione. Questo sito costituisce un importante spazio didattico ed interattivo, dove gli studenti possono consultare e scaricare svariate tipologie di materiali e rimanere a contatto con la lingua italiana. Inoltre, vengono descritti dettagliatamente gli insegnamenti attivi presso l'unità d'italiano della Scuola Normale Superiore di Maroua ; con un breve riassunto in francese dei principali obiettivi formativi49(*).

Da questo nuovo programma, viene fuori il bisogno non solo di migliorare la qualità della formazione dei docenti d'italiano ma anche di formare gli insegnanti esperti della lingua italiana dotati di tutti i saperi necessari per il loro intervento didattico. Accanto alla formazione dei docenti non va dimenticato per? l'aggiornamento professionale di questi ultimi che, costituisce una condizione necessaria affinchè i corsi abbiano effetto adeguato allo sforzo profuso.

2.3.2. Il problema dell'aggiornamento dei docenti

Da tempo l'aggiornamento è stato riconosciuto come strumento capace di favorire e promuovere i processi d'innovazione in tutte le scuole. Da quel momento, l'esigenza di valorizzare la formazione e l'aggiornamento dei docenti è stata sentita come irrinunciabile per accompagnare il forte processo di cambiamento in atto nella scuola. Per i docenti l'aggiornamento consiste in primo luogo in attività che permette il mantenimento di un rapporto col mondo della ricerca, al fine di ricavarne elementi per un arricchimento della preparazione disciplinare e culturale, nonché nuovi spunti per l'attività didattica. Quelle numerose attività (convegni, seminari, conferenze, mostre, ecc...) che il docente svolge al di fuori del tempo di lezione rappresentano una parte considerevole del suo onere lavorativo. A tal proposito, l'aggiornamento appare come:

· un tratto essenziale del profilo professionale dell'insegnante e rappresenta un aspetto stimolante e creativo del suo lavoro.

· un fattore essenziale per il mantenimento di un alto livello qualitativo della scuola.

· un progressivo rinnovamento della formazione di base dei docenti e della riflessione sulla propria esperienza professionale.

· un miglioramento delle capacità pedagogiche e didattiche dei docenti, tenendo conto dell'evoluzione del sapere, dei metodi d'insegnamento e delle trasformazioni della società.

· una predisposizione ad accrescere le capacità professionali dei docenti e, conseguentemente, a migliorare la qualità della scuola.

Per?, nel nostro paese, l'aggiornamento dei docenti non è al centro del dibattito, fra i docenti usciti dalla Scuola Normale Superiore di Maroua, molti non hanno mai partecipato a un seminario di aggiornamento. Inoltre, molti non hanno mai visitato l'Italia per un soggiorno di aggiornamento per poter toccare la realtà culturale italiana. Per loro questa realtà rimane soltanto nei libri. Come pu? un insegnante d'italiano condurre un intervento didattico sul Pantheon, sul Colosseo, sulla Strada Romana, quando non li ha mai visitati o visti (soltanto nei libri, sul internet o alla TV). Forse è ora di pensare anche a viaggi per un aggiornamento vero e intensivo, stage all'estero, tutoraggio in itinere, ricerca didattica sulle metodologie, certificazione chiara dei progressi negli apprendimenti per riorganizzare la didattica e riqualificare il personale docente in Camerun.

Se l'aggiornamento dei docenti viene riconosciuto quale criterio indispensabile per mantenere alta la qualità della nostra scuola, allora si devono predisporre tutti gli strumenti necessari per favorirlo, compresi quelli di sostegno finanziario. Si tratta dovunque non solo di assicurare un adeguato sostegno finanziario alla formazione e all'aggiornamento degli insegnanti d'italiano in generale e di quelli presso la Scuola Normale Superiore di Maroua in particolare, ma di garantire che tutti gli insegnanti possiedano le conoscenze, le attitudini e le capacità pedagogiche necessarie per svolgere il loro compito in maniera efficace; è necessario non solo sostenere il carattere professionale dell'insegnamento, ma occorre anche promuovere una cultura della riflessione e della ricerca nell'ambito della professione. Ma, oltre al problema della formazione e dell'aggiornamento dei docenti va segnalato anche quello dei manuali didattici.

2.3.3. Il problema dei manuali didattici

Negli ultimi anni la produzione di strumenti utili all'apprendimento/insegnamento dell'italiano L2 è aumentata considerevolmente rispetto al passato. Studenti e docenti dispongono oggigiorno di una gamma variegatissima di libri di testo e di eserciziari prodotti in Italia e all'estero. D'altra parte, con il fenomeno della globalizzazione stiamo assistendo ad un incremento vertiginoso delle pubblicazioni in questo settore, grazie anche alle ormai mature riflessioni sull'insegnamento delle lingue operate dalla moderna glottodidattica e riversatesi progressivamente negli strumenti didattici più recenti (Cfr. Kuitche, 2012). Infatti, il libro che, di solito, accompagnava lo studente dall'inizio alla fine del suo percorso linguistico, è stato sostituito da una molteplicità di testi che si integrano tra loro con supporti multimediali; sono talmente tante le proposte di materiali, sia cartacei che multimediali, che diventa piuttosto difficile il compito del docente che «si trova nella posizione di dover effettuare una scelta che rischia di risultare non del tutto soddisfacente anche nel suo stesso processo» (Vedovelli, 2002: 212; cit. in Kuitche, 2012: 1).

In Camerun, gli apprendenti d'italiano nelle scuole secondarie non godono ancora di questo privileggio della globalizzazione nell'ambito editoriale. Si assiste nel nostro contesto ad una scarsità dei manuali didattici, i pocchi accessibili come i dizionari, i manuali generici (il libro In italiano ad esempio) costano un'occhio della testa. Inoltre, la Scuola Normale Superiore di Maroua che offre la più completa formazione nel paese non ha ancora un laboratorio linguistico e una biblioteca d'italiano operativi. I docenti d'italiano nei vari licei del paese non possiedono una coppia autentica dei manuali che usano in classe, gli studenti sono cos? costretti a fare delle fotocopie, perché il libro è un lusso non accessibile a tutti.

Tuttavia, il problema dei manuali per l'insegnamento dell'italiano sta comunque travando ottime soluzioni soprattutto con la costruzione di un sito web dell'unità d'italiano50(*) che costituisce un importante spazio didattico ed interattivo, dove gli studenti possono consultare e scaricare svariate tipologie di materiali e rimanere a contatto con la lingua italiana. D'altra parte, i docenti d'italiano nei licei camerunensi per fronteggiare il problema della scarsità dei manuali d'italiano devono essere ingrado di andare al di là della semplice competenza comunicativa (scivere, leggere, parlare e ascoltare) operare scelte consapevoli. Non dovrebbero lasciarsi guidare solo da un materiale didattico a disposizione perché (Mezzadri, 2005: 32, cit. in Bikitik, 2011):

Il libro di testo non è flessibile quanto il materiale creato ad hoc dal docente, invecchia più rapidamente di un articolo tratto dal quotidiano del giorno, le immagini e la grafica possono risultare fuori moda dopo pochi anni dalla pubblicazione del testo. La struttura del libro di testo è rigida [...] il libro di testo tende a uniformare gli studenti, a omogarli.

Dovrebbero perciò ricorrere a materiali aggiornati, rinvenibili mediante Internet. Esistono ottime riviste di didattica per adolescenti che forniscono spunti operativi molto validi e concreti. In http://www.aaaitalianocercasi.com è possibile trovare notizie utili sull'Italia, sul made in Italy, la moda, il design, il turismo, la cucina e naturalmente la didattica della lingua italiana necessario per un intervento didattico. Attività sempre nuove e stimolanti sono inoltre proposte e continuamente aggiornate in varie bacheche telematiche come quella del sito http://www.guerra-edizioni.com.

Allo stato attuale dell'arte, per quanto concerne l'insegnamento dell'italiano L2 nel nostro paese, molto rimane ancora da fare nel campo della progettazione e della produzione di strumenti didattici per l'insegnamento dell'italiano. Buona parte di manuali usati fin qui sono manuali prodotti in Italia da editori italiani per soddisfare la domanda in entrambe le modalità di insegnamento/apprendimento dell'italiano (L2/LS). Se la caratteristica essenziale dei materiali ideati per pubblici specifici è proprio quella di mettere al centro dell'attenzione i destinatari, coinvolgendo i loro sentimenti e tutta la loro sfera emotiva (Kuitche, 2012: 2); è utile notare però che, molti manuali d'italiano usati nel nostro contesto si limitano a prendere in considerazione soltanto le caratteristiche linguistiche dei destinatari, conservando comunque una buona dose di polivalenza per quanto riguarda il contesto d'insegnamento/apprendimento e altre peculiarità dei destinatari. Di fronte a questa situazione, viene spontanea un'interrogazione: Quale materiale per l'insegnamento dell'italiano nelle scuole secondarie camerunensi? Domanda che cercheremo di chiarire nel paragrafo che segue.

2.3.4. Il problema della costestualizzazione dei manuali didattici

L'incremento della domanda d'italiano nel mondo ha portato ad un maggiore interesse per le problematiche legate alla specializzazione della didattica e quindi dei materiali didattici. Al giorno d'oggi sono disponibili varie tipologie di materiali didattici specifici destinati all'acquisizione dell'italiano da parte di apprendenti provenienti da determinate zone geografiche. In Camerun ad esempio, i materiali didattici attualmente in uso sono caratterizzati, non soltanto da una generale obsolescenza ma anche e soprattutto dal fatto di essere completamente staccati dalla realtà degli apprendenti. Sono in genere materiali pensati per pubblici molto generici, strumenti che riescono difficilmente a stimolare le emozioni degli apprendenti (Kuitche, 2012: 12). A tal proposito, per Arnold (1999) citato da Kuitche (2012: 14), affinché il materiale didattico aiuti veramente nell'acquisizione linguistica, «è necessario che l'apprendente lo percepisca come rilevante per i suoi bisogni e che le nuove esperienze presenti all'interno dello strumento si colleghino in qualche modo con la sua esperienza pregressa». Detto questo, nel nostro contesto d'insegnamento dell'italiano attualmente caratterizzato dall'inesistenza di materiali progettati specificatamente per i nostri utenti, è compito del docente modulare ciò che Jolly e Bolitho (1998) chiamano il mass market course book per renderlo più consono alle caratteristiche della classe (apprendenti e ambiente) cui si trova di fronte. Per fare questo è necessario che l'insegnante sviluppi delle abilità e delle strategie di contestualizzazione del manuale generico.

In effetti, l'idea di contestualizzazione dei materiali per la didattica delle lingue straniere nasce dalla necessità di supplire alle numerose carenze degli strumenti didattici generici che, pensati per soddisfare le esigenze di tutte le tipologie di pubblico, finiscono per non soddisfare le esigenze di nessuno. In genere, questi ultimi riescono difficilmente a stimolare le emozioni degli apprendenti come sostiene Tomlinson (1998: 20), citato da kuitche (2012: 5) quando afferma che molti manuali globali presentano ciò che chiama «a sanitised world which is bland and dull and in which there is very little excitement or disturbance to stimulate the emotions of the learner»51(*). Inoltre, come spiega Vedovelli (2002: 195), il limite intrinseco di tali strumenti è «proprio il fatto che siano standardizzati, che siano pensati per un'ideale situazione media di insegnamento che il più delle volte non coincide con quella in cui opera l'insegnante». Contestualizzare significa quindi, inserire in un contesto; il concetto si riferisce al fatto di rivalutare la dimensione locale, adattando un manuale progettato per un pubblico generico ad un pubblico e avendo ben presente in mente, in fase di impostazione, le peculiarità dei destinatari nonché quelle del contesto didattico di riferimento.

Il primo passo di questo procedimento come ci fa notare Kuitche (2012) consiste nell'evitare assolutamente di seguire il manuale adottato come se si trattasse di un copione; è necessario considerarlo una risorsa destinata ad essere modificata e continuamente rimodellata. Ad esempio, se prendiamo il manuale In italiano, non si tratta per il docente di seguire segno per filo questo libro ma di adattarlo al contesto in cui si trova ad operare: invece di dire, Mario uno studente dell'università incontra alla fermata dell'autobus un suo vecchio professore della scuola media (cfr. In italiano: primo capitolo) , bisognerebbe piuttosto prendere al posto di Mario un nome come Bouba, Atangana ecc.... Lo studente quando sente questo nome (Bouba o Atangana) anche se non è il suo nome capisce comunque di non essere distaccato da quello che sta imparando e si mostra impegnato nelle attività d'insegnamento/apprendimento.

In seguito, è utile procedere con l'individuazione e la conseguente riduzione di ciò che Tomlinson (2007) chiama «the nonhumanistic elements of the course book», ovvero quegli elementi che sono maggiormente suscettibili di produrre un effetto di straniamento e risultare controproducenti nel processo di acquisizione. Concretamente, si tratta di rimodellare gli aspetti che non consentono al discente di collegare il contenuto del materiale didattico alla sua esperienza e alla sua conoscenza del mondo, mischiandoli con altri presenti nel suo universo referenziale. Ad sempio, se un insegnante deve condurre una lezione sui cibi italiani, argomento previsto nel manuale In italiano, lui deve partire da un modello sociale basato sull'intercultura e sull'educazione al relativismo culturale rimanendo sempre saldamente ancorato all'esperienza che i suoi apprendenti hanno dell'arte del mangiare. Facendo questo, gli apprendenti si sentiranno e scopriranno con piacere questo aspetto della cultura italiana e lo metteranno con entusiasmo a confronto con la cultura locale. In ognuno dei due casi è fondamentale farsi un'idea il più possibile chiara delle caratteristiche intrinseche del pubblico cui si rivolge il materiale didattico. Perché, secondo Kuitche (2012: 6):

L'obiettivo principale del processo di contestualizzazione dei manuali di didattica delle lingue straniere è quindi porre in maniera effettiva l'apprendente al centro dell'evento educativo, coinvolgendo i suoi sentimenti e tutta la sua sfera emotiva, tenendo conto delle sue caratteristiche, dei suoi bisogni e valorizzando le sue esperienze. Mira anche al miglioramento della qualità della didattica, facendo crescere la motivazione degli apprendenti e degli insegnanti attraverso una maggiore umanizzazione del materiale. Inoltre, facilita lo sviluppo di una competenza plurilingue e interculturale, nonché l'educazione al relativismo culturale.

D'altra parte, il «saper contestualizzare materiali generici», operazione che sottintende un'attenta valutazione del grado di adeguatezza dei materiali didattici alle singole realtà didattiche, con l'ausilio di appositi strumenti chiama in causa i seguenti aspetti:

Fig. 2.2. Schema della contestualizzazione dei manuali generici.

6. Scopi dell'insegnamento

Il materiale didattico

5. Adeguatezza del manuale 7. L'Istituto

4. Destinatari 3. Paese

2. Lingua / Cultura

1. Docente

Al termine di questa analisi della diffusione e dell'insegnamento dell'italiano in Camerun, emerge che tale lingua è in netta crescita nel paese, ma rimane ancora molto da fare per migliorare la qualità della didattica nel nostro paese.Uno dei principali problemi da risolvere rimane quello dei materiali didattici tenendo conto dell'aumento esponenziale della domanda d'italiano, nonché il maggiore interesse verso questa lingua da parte delle autorità camerunensi, diventa sempre più urgente programmare la progettazione di materiali contestualizzati che tengano conto dei reali bisogni formativi dei discenti nonché delle caratteristiche intrinseche del contesto locale52(*). Nel prossimo capitolo, presenteremo i risultati dell'indagine sugli errori degli apprendenti d'italiano presso il Liceo classico e Moderno di Maroua con lo scopo di mettere a fuoco le tipologie di errori che commettono i suddetti apprendenti e le strategie per poter gestirli meglio per un miglior intervento didattico.

CAPITOLO 3 : RISULTATI DELL'INDAGINE SUGLI ERRORI DEGLI APPRENDENTI D'ITALIANO PRESSO IL LICEO CLASSICO E MODERNO DI MAROUA

Agli occhi di chi ascolta una persona parlare una lingua che sta imparando il fenomeno più appariscente è quello degli errori, ovvero l'uso di forme e strutture linguistiche che un parlante nativo non avrebbe usato in quel contesto e in quella situazione. Chi ha esperienza e pratica con gli apprendenti di lingue sa poi di solito «riconoscere» certi errori, ovvero sa che alcuni errori si manifestano con regolarità in tutti gli apprendenti, alcuni sono tipici di parlanti di certe lingue materne, alcuni scompaiono più precocemente, alcuni sono più a rischio di non scomparire, ovvero di fossilizzazione... Nell'immaginario collettivo di ogni adulto che ha già concluso con la scuola rimane ancora viva l'immagine dell'insegnante che sta sottolineando in rosso gli errori. Gli errori sono considerati in didattica delle lingue fase «transitoria»53(*) di apprendimento; spingono gli apprendenti a persistere nei loro sforzi di apprendimento; essi diventano quindi molto utili al discente perché gli permette di controllare e di verificare le proprie ipotesi formulate e di constatare i limiti delle regole che ha ricostruito.Questa teoria cognitivista oltrepassa perciò quella dei comportamentisti secondo cui gli errori commessi durante l'apprendimento potevano essere solo spiegati dall'analisi contrastiva tra la lingua materna (L1) e quella di arrivo (L2) e di studio. Detto questo, la correzione, oltre ad essere un atto «terminale», perché è un giudizio, si trasforma in aiuto per apprendere. Essa, non si accontenta più di controllare distanze rispetto alla norma, controlla «successi precisi» e «errori precisi», apre la porta ad altre attività (Cfr. Ambroso, 1993). I livelli di errore sono molteplici e variegati. L'indagine che abbiamo condotto sugli errori degli apprendenti d'italiano presso il Liceo classico e Moderno di Maroua ci aiuterà a reperire le aree o le tipologie di errori che commettono gli apprendenti d'italiano in Camerun. Per il presente capitolo, presenteremo i risultati di quest'inchiesta sul campo con un'attenzione particolare ai suoi scopi nonché alle specificità della modalità di raccolta e di trattamento dei dati. Infine, metteremo a fuoco il valore dell'errore nella didattica dell'italiano L2 in Camerun; e le modalità o le tecniche di gestione dei comportamenti errati nell'apprendimento dell'italiano L2 in Camerun.

3.1. Scopi, contesti e strumenti della ricerca

L'andamento positivo della lingua italiana in Camerun porta con sé un certo numero di problemi; in particolare gli errori oggetto della presente ricerca che, scaturiscono dal contatto con l'italiano e le prime lingue dei discenti. Lo scopo principale di questa ricerca è di dimostrare che la prevedibilità dell'errore in questo contesto di insegnamento-apprendimento dell'italiano L2 può essere uno strumento di facilitazione didattica; se i docenti e gli studenti sono consapevoli delle aree di possibili interferenze e dei possibili errori, potranno essere più efficaci nel processo didattico. La ricerca intende anche proporre alcune strategie di gestione dei comportamenti errati per un miglior intervento didattico in classe. L'indagine è stata condotta in dicembre 2013 presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua.

3.1.1. Gli obiettivi dell'indagine sul campo

Gli obiettivi della nostra ricerca sul campo sono quelli di raccogliere in primis, le informazioni concrete sulle motivazioni che spingono gli studenti camerunensi allo studio dell'italiano. Poi, reperire le tipologie di errori derivati dal contatto con la lingua francese e le parlate locali dei discenti, specificando le cause che sono alla base di questi errori. La nostra ricerca sul campo intende anche osservare i comportamenti dei docenti di fronte ad una forma errata; mettendo a fuoco le loro strategie adottate nella correzione di una forma errata nonché le loro proposte per una migliore gestione dell'errore nella didattica dell'italiano L2 nei licei camerunensi.

3.1.2. Il campione

La nostra ricerca si è concentrata principalmente sugli apprendenti d'italiano presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua54(*) . La scelta del luogo (LYCLAMOMA) presso il quale effettuare la rilevazione dei dati è stata condizionata da diversi fattori, quali la disponibilità ricevuta dai vari insegnanti contattati e la possibilità di raggiungerli facilmente.

Tuttavia, per quanto riguarda il questionario dei docenti, abbiamo dovuto allargare il raggio d'indagine per il semplice motivo che nell'istituto scelto come campione c'era soltanto un insegnante d'italiano, il quale non poteva darci dati attendibili e rappresentativi per quanto riguarda le modalità di gestione degli errori. Con l'intento di fare una ricerca affidabile e di avere dati più attendibili, si è posta la necessità di estendere il nostro campo d'indagine ad altri insegnanti d'italiano di altri licei della città dove si insegnava l'italiano. Quindi, il nostro gruppo di informanti è costituito da sei (06) docenti e da novantasette (97) studenti come illustra le tabelle che seguono:

Tab.3.1. Apprendenti: classi e numero di questionari e produzioni scritte raccolti.

Classi frequentate dagli informanti

Numero di questionari raccolti

Numero di produzioni scritte raccolte

4eme

49

31

3eme

33

23

2nd

15

14

Tab.3. 2. Docenti: Luoghi di rilevazione e numero di questionari raccolti.

Luoghi di rilevazione

Numero dei questionari

Liceo Classico e Moderno di Maroua

1

Liceo Bilingue di Maroua

2

Liceo di Domayo-Maroua

3

3.1.3. Le specificità e le motivazioni del metodo di rilevazione

Come per tutte le indagini, è sempre necessario esplicitare le ragioni della scelta degli strumenti che sono stati adoperati per raggiungere gli obiettivi prefissati. Sul piano scientifico, questo consente di valutare l'affidabilità dei risultati ottenuti. Il nostro lavoro pur avendo come oggetto l'indagine sugli errori degli apprendenti camerunensi d'italiano, coinvolge la dimensione sociolinguistico del fenomeno. Come possiamo osservare nella maggior parte delle indagini sociolinguistiche, si ricorre per lo più a due tipi di strumenti e di procedure di acquisizione di dati: i questionari o strumenti chiusi costituiti da domande aperte e chiuse e gli strumenti non chiusi come la produzione scritta. Mentre i primi consentono un'analisi delle risposte più facile e rapida dal momento che le risposte possibili sono definite a priori, i secondi prevedono un'analisi delle risposte più complessa perché la loro formulazione è lasciata all'informante (Barni e Bagna 2008: 100).

Per la nostra ricerca, abbiamo optato per una somministrazione in praesentia con una presenza fisica dell'intervistatore-costruttore dello strumento di rilevazione. Per Dautriat (1990: 40), con questa tecnica (somministrazione in praesentia) si riesce ad ottenere la massima collaborazione dei rispondenti e si ha la certezza che la risposta proviene dalla persona designata col campione; questo consente un maggior controllo (soprattutto la fase determinante di acquisizione dei dati) da parte del ricercatore e gli permette di toccare dal vivo la realtà che si accinge a descrivere e ad analizzare, evitando le cosiddette «ricerche a tavolino» per le quali non si ha nessun mezzo per verificare la veridicità o la buona fede delle opinioni e dei fatti. La somministrazione in praesentia permette di limitare, attraverso le spiegazioni, il controllo del ricercatore presente e la tecnica di probing55(*) gli errori e le distorsioni dovute al modo in cui lo strumento viene presentato agli intervistati, alle caratteristiche dell'intervistato e dell'intervistatore (grado di istruzione, caratteristiche di personalità, motivazione a formulare o a rispondere alle domande, ecc). Questo modo di procedere restituisce che sia al questionario e la produzione scritta i loro ruoli di strumenti di comunicazione le cui funzioni sono di trasmettere all'intervistato l'esatto significato dell'informazione richiesta56(*). La maggior parte dei risultati di questa indagine è frutto del lavoro che abbiamo svolto sul campo ed è fortemente dipendente dal fattore tempo e dalle risorse relativamente limitate a disposizione.

3.1.4. Gli strumenti della rilevazione

Una ricerca che voglia darsi i caratteri scientifici deve ricorrere a prospettive di analisi quantitative (statistiche) e qualitative (linguistiche, glottodidattiche, sui processi sociali e culturali), e a un adeguato modello teorico. Un modello concettuale di riferimento che consente, nella fase preliminare e in quella di svolgimento dell'indagine, di sviluppare le ipotesi, orientare la scelta degli oggetti, le modalità della ricognizione, la struttura degli strumenti di rilevazione e, in quella di analisi dei dati raccolti, di guidare l'interpretazione. Come strumenti principali della rilevazione sul campo abbiamo utilizzato due questionari : uno per i docenti d'italiano L2 in Camerun l'altro per gli apprendenti57(*). Poi, un tema per la produzione scritta rivolto agli apprendenti d'italiano del campione. L'obiettivo dei questionari realizzati per l'indagine è di individuare i diversi tipi di errori che commettono gli apprendenti camerunensi d'italiano, mettendo in rilievo la loro importanza nel processo didattico nonché le strategie per gestirli meglio nell'ambito dell'insegnamento/apprendimento dell'italiano L2 nei licei camerunensi. Con l'analisi delle produzioni scritte, si vuole reperire le aree di possibili interferenze che nascono dal contatto con l'italiano, il francese e le lingue locali dei discenti.

3.1.4.1. I questionari

Il questionario che abbiamo usato nell'ambito della nostra indagine, destinato agli apprendenti, si suddivide in due sezioni con un totale di quattordici domande: la prima sezione, «generalità e motivazioni allo studio dell'italiano», ha come obiettivo la conoscenza delle caratteristiche fondamentali del pubblico che si avvicina all'italiano nell'area dello studio. Questa sezione consente di disegnare l'identikit dell'apprendente dell'italiano L2 nei licei camerunensi. La seconda sezione è incentrata sugli errori degli apprendenti e le loro cause e vuole raccogliere informazioni sulle tipologie degli errori che commettono questi studenti nonché sulle cause. Va notato che, questo questionario è stato tradotto in francese per  farlo compilare anche dagli studenti di 4° che hanno ancora una scarsa competenza in italiano allo scopo di aumentare considerevolmente gli informanti e dare ancora più credibilità alla nostra ricerca. Il questionario somministrato agli insegnanti d'italiano L2 che operano nel nostro campione è composto da dodici domande suddivise in due sezioni. In maniera generale, la prima sezione vuole tracciare il profilo dei docenti e la seconda si concentra sulle modalità di gestione dei comportamenti errati.

Le domande sono tutte «strutturate» (Istat, 1989), con una prevalenza di quesiti a risposte fisse predefinite (al rispondente viene lasciato il compito di scegliere tra le risposte possibili quella che meglio si adatta al suo caso personale) su quelli chiusi (nel senso più stretto del termine)58(*) che presentano soltanto due o tre modalità di risposta. L'unica eccezione è la penultima e la terzultima domanda del questionario rivolto ai docenti. Queste domande strutturate consentono un'analisi più facile e rapida dal momento che le risposte possibili sono definite a priori, permettono anche al ricercatore di avere un maggior controllo sull'indagine con la possibilità di indirizzare gli intervistati verso gli elementi che ritiene salienti e rilevanti per gli scopi della ricerca. Facilitano anche il compito del rispondente perché non comportano sforzi eccessivi di elaborazione.

3.1.4.2. Il corpus di produzioni scritte

La raccolta delle produzioni scritte è avvenuta dopo la somministrazione del questionario e si è estesa su tre giorni. Prima della raccolta, ci siamo messi d'accordo con il docente che doveva intervenire a quel momento nelle classi individuate per il nostro studio (4°, 3°, 2nd) per poter sfruttare un'ora del suo tempo. Quindi, abbiamo condotto noi questa fase di produzione e volevamo assicuraci non solo che le produzioni provenissero dagli studenti stessi, ma anche che, loro non copiassero da un libro o da qualche altra fonte. Prima di comunicare l'argomento delle composizioni scritte ai nostri informanti, abbiamo fatto delle precisazioni sull'utilizzo che verrà fatto delle loro produzioni. Cos?, gli abbiamo spiegato che le loro produzioni ci aiuteranno a trovare altre strategie per la gestione dei loro errori e per aiutarli ad essere più competenti. Inoltre, gli abbiamo chiesti di non scrivere i nomi sui compiti e di sentirsi il più liberi possibile nello svolgimento dell'attività perché le produzioni non sarebbero state valutate. Abbiamo raccolto in totale sessantotto (68) produzioni scritte nelle tre classi.

L'argomento scelto per la produzione scritta59(*) era: «che cosa fai durante la tua giornata libera?». La formulazione di questo tema si è basata sulle indicazioni fornite dal Quadro Comune Europeo di Riferimento (2002: 77-78), considerando ciò che quest'ultimo afferma in merito alla produzione scritta, per cui:

· chi è al livello A2 è in grado di scrivere un testo coeso su aspetti quotidiani, come gente o luoghi ed esperienze di lavoro/studio;

· chi è al livello B1 è in grado di scrivere resoconti di esperienze, descrivendo sentimenti ed impressioni;

· chi è al livello B2 è in grado di scrivere un saggio sviluppando un'argomentazione e fornendo motivazioni a favore o contro un determinato punto di vista.

Inoltre, per la formulazione dell'argomento, abbiamo anche preso in considerazione il fatto che, i nostri informanti erano al primo semestre di studio; quindi, il tempo verbale che hanno già studiato a quel momento è il presente60(*). Con questo tempo, potevano raccontare senza difficoltà (per quelli che hanno imparato bene) la loro giornata libera. Il numero medio di parole usate per gli studenti di 4° si aggira in torno a 70-90 parole e per gli studenti di 3° e 2nd 80-120 parole.

3.2. Presentazione ed interpretazione dei risultati

Con i dati ottenuti dalla compilazione dei questionari, facciamo un'analisi statistica per trarne conclusioni.

3.2.1. Il questionario somministrato ai docenti

Nel mese di dicembre 2013, abbiamo somministrato un questionario ai docenti d'italiano operanti nei vari licei nei quali è stata svolta l'indagine. Uno degli obiettivi di questo questionario, come accennato in precedenza, era proprio quello di ricavare informazioni circa l'esperienza di coloro che impartiscono lezioni di lingua italiana nei licei camerunensi e anche le strategie adottate per la gestione dei comportamenti errati. Sei (06) insegnanti hanno compilato i questionari. Gli istogrammi riportati di seguito sono la fotografia del profilo dei docenti che operano nel nostro campione e le loro modalità di gestione degli errori.

La prima sezione del questionario destinato a docenti si proponeva di tracciare il profilo dei docenti operanti nei vari licei del nostro campione. Dall'analisi dei questionari raccolti si nota che, per quanto riguarda l'esperienza nell'insegnamento, il 100% dei docenti d'italiano operanti nei vari licei nei quali è stata svolta l'indagine ha meno di due anni di esperienza. Questo è dovuto al fatto che, l'italiano è stato introdotto nel sistema educativo camerunense di recente, e la prima promozione di docenti uscita dalla scuola normale non può avere un'esperienza che va oltre ciò che di due anni.

Fig.3.1. Esperienza nell'insegnamento dell'italiano dei docenti d'italiano nelle scuole camerunensi.

Inoltre, emerge dalla nostra indagine che, il 83,33% dei docenti che hanno compilato il nostro questionario insegna l'italiano nelle classi di 4° e 3° e il 16,66% insegna l'italiano nella classe di 2nd. Questo è dovuto al fatto che, l'italiano essendo una nuova lingua nelle scuole secondarie camerunensi, il suo insegnamento si limita soltanto nella classe di 2nd. Il docente che insegna nella classe di 2nd ha già un'esperienza di due anni mentre quelli che insegnano nelle altre classi hanno un anno di esperienza. È un processo in evoluzione perché quasi ogni anno, si aggiunge una nuova classe d'italiano. Dopo la 2nd ci sarà la 1ere, e abreve, avremo il primo baccalauréat-italiano in Camerun.

D'altra parte, dalla nostra ricerca viene fuori che, i docenti intervistati durante la nostra indagine sul campo insegnano tutti gli allievi principianti come illustra la figura che segue.

Fig.3.2. Livello degli apprendenti del campione.

Oggi, la stragrande maggioranza dei docenti d'italiano operanti nei vari licei del nostro campione non ha mai partecipato ad un seminario d'italiano. Dalla figura 3.3 emerge infatti che soltanto il 16,33% di loro dichiara di aver già partecipato ad un seminario di didattica dell'italiano destinato a docenti.

Fig.3.3.Partecipazione a seminari dell'italiano destinati a docenti.

Queste statistiche relative alla percentuale di docenti di italiano operanti nei vari licei del nostro campione sono molto importanti, in quanto possono essere sintomatiche della qualità del processo didattico.

La seconda parte del questionario somministrato ai docenti riguardava gli errori degli apprendenti e le strategie di gestione da parte dei docenti.Viene fuori dalle domande 2.7 dei docenti e 2.7 dei discenti che gli errori i più frequenti fatti dagli studenti camerunensi sono gli errori di interferenza con altre lingue (47%) e gli errori linguistici (34%).

Fig.3.4. I tipi di errori fatti dagli studenti camerunensi.

Per il 100% dei docenti intervistati, gli errori li aiutano molto nel processo didattico. Per loro, ogni errore pu? essere un errore creativo. Occorre quindi considerare l'errore come opportunità di revisione della procedura e di miglioramento. Utilizzare gli errori degli studenti per preparare attività di ricupero. Inoltre, l'errore è un occasione di spiazzamento del punto di vista: basta cambiare una vocale e la zuppa diventa la zappa, un'altra cosa61(*). Per questi docenti, lavorare con l'errore non significa mettere in conflitto errore e correzione, anzi se io sbaglio tra zuppa e zappa , è sicuro che quell'errore non me lo scordo più. Quindi, occorre secondo loro una pedagogia che non teme il dubbio, l'imprevisto, che non guarda l'orologio, che crede nella scuola come luogo di incontro privilegiato per tutte le tipologie di giovani; è una pedagogia che «comincia a ricominciare» da zero ascoltando le parole preziose di chi non ha ancora tutte le parole per esprimere i concetti che va «conoscendo», che non teme l'errore e lo ama perché le svela i percorsi mentali che l'hanno prodotto62(*).Volere evitare l'errore significa frenare e persino inibire l'apprendimento. A tal proposito, si deve cercare di creare un'atmosfera in cui sia permesso sperimentare senza alcun timore l'emozione e in cui essa venga considerata come mezzo per una presa di coscienza delle possibilità delle peculiarità e dei limiti della lingua straniera63(*). A dirla breve, non si deve drammatizzare l'errore, ma utilizzarlo per modificare i comportamenti dell'allievo; per andare oltre; per superare l'errore stesso.

Fig.3.5. Valore degli errori da parte dei docenti intervistati.

D'altra parte, emerge dalle domande 2.9 dei docenti e 2.8 dei discenti che, di fronte ad una forma errata, il 49% dei docenti usa la correzione immediata per correggere un errore fatto dagli allievi mentre, il 43% usa l'autocorrezione e l' 8% la correzione del gruppo coinvolgendo altri studenti della classe.

Fig.3.6. Strategie per la correzione degli errori.

Inoltre, durante la nostra indagine sul campo, abbiamo chiesto ai docenti intervistati se secondo loro tutti gli errori vanno corretti. Viene fuori dopo l'analisi di questa domanda che, per il 100% dei docenti che hanno compilato il nostro questionario, tutti gli errori vanno corretti.

Fig.3.7. La correzione degli errori.

Per loro, se l'obiettivo finale dell'insegnamento-apprendimento di una lingua è che tutti riescano a parlare senza commettere errori, non dobbiamo quindi lasciare correre un errore perché; quando l'errore non viene corretto l'allievo pensa ad esempio che la forma che lui ha usato fosse giusta e mano a mano egli interiorizza quella forma che non è stata corretta e diventa cos? un errore fossilizzato. Oltre a questa domanda, è chiesto ai nostri docenti intervistati quali tipi di errori devono essere corretti nel contesto camerunense. Il 100% dei docenti sostiene che, nel nostro contesto dobbiamo correggere gli errori di interferenza con la lingua francese e le lingue locali dei discenti perché; gli allievi ne commettono troppi (Cfr. Fig.3.4.). Questa domanda viene quindi confermare la nostra ipotesi di partenza secondo cui la peculiarità del contesto sociolinguistico e culturale del Camerun porta gli apprendenti di italiano del Liceo Classico e Moderno di Maroua a commettere determinati errori.

Tuttavia, per gestire meglio gli errori, il 68% dei docenti che hanno compilato il questionario propone l'organizzazione di seminari o corsi di aggiornamento destinati a docenti. Il 16% propone di lavorare in sinergia con altri docenti di lingua e il restante 16% propone di valutare costantemente (valutazione formativa) gli studenti.

Fig.3.8. Strategie per la gestione degli errori degli apprendenti d'italiano.

Per riepilogare, dai dati raccolti risulta che il docente d'italiano dei vari licei nei quali è stata svolta la nostra indagine è una nuova figura nel sistema educativo camerunense. È uscito dalla Scuola Normale Superiore ed è stato assegnato alle scuole secondarie del paese. Malgrado la limitatezza della sua esperienza egli è chiamato ad andare al di là della sua competenza teorica per poter intervenire al momento giusto per correggere forme errate. È lui a decidere come correggere, in base anche al contesto, alla personalità dell'apprendente, al tipo di produzione (se scritta o orale) e in base al tipo di errore. Detto questo, l'errore diventa per lui il primo strumento di facilitazione didattica.

3.2.2. Il questionario somministrato agli apprendenti

Nel mese di dicembre 2013 abbiamo somministrato un questionario ad apprendenti d'italiano presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua con l'obiettivo di disegnare un identikit dell'apprendente d'italiano in Camerun e l'origine dei suoi errori. 97 apprendenti hanno compilato i questionari. Gli istogrammi riportati di seguito sono la fotografia del tipo di pubblico che si avvicina all'italiano in Camerun e le tipologie di errori che lo caratterizza.

La figura 3.9 è una fotografia dell'età media degli apprendenti camerunensi che si avvicinano all'italiano. L'istogramma in sé è abbastanza indicativo, il 54,63% degli apprendenti di italiano del nostro campione ha tra i 13 e i 14 anni. Sottolineiamo che la popolazione camerunense in generale è estremamente giovane, come confermano i risultati dell'ultimo censimento: più della metà degli abitanti ha meno di 25 anni e i minori di 14 anni superano il 40% della popolazione64(*).

La figura 3.10 mostra una presenza femminile leggermente superiore a quella maschile. Riteniamo importante a questo punto sottolineare che questa può essere considerata una tendenza generale della popolazione camerunense. L'ultimo censimento realizzato nel 2005 segnalava già un 51% di persone di sesso femminile contro un 49% di sesso maschile.

Fig.3.9. Età degli apprendenti camerunensi d'italiano.

Fig.3.10. Apprendenti d'italiano in Camerun ripartiti per sesso.

Inoltre, dal punto di vista linguistico viene fuori dalla nostra ricerca che, l'85% degli apprendenti d'italiano del nostro campione ha come prima lingua di comunicazione la loro madrelingua: il fulfuldé. Benché il francese sia la lingua di insegnamento nella regione, il tasso di alfabetizzazione in questa lingua rimane molto basso. Il fufuldé è sempre di più la lingua di comunicazione. Il ricorso a tale lingua è frequente in tutte le comunicazioni orali, anche nell'amministrazione, nei tribunali e nell'insegnamento (Bello, 1997 e Raïhanatou, 2007).

Fig.3.11.Grado di conoscenza della propria madrelingua

D'altra parte, un altro dato importante per la nostra ricerca riguarda la principale motivazione allo studio della lingua italiana da parte del nostro campione di apprendenti camerunensi. Durante la nostra indagine abbiamo chiesto anche ai docenti che operano nei vari licei nei quali è stata svolta la nostra indagine quali sono i motivi principali che spingono i loro studenti ad apprendere l'italiano. Le risposte degli insegnanti e quelle degli apprendenti confermano la netta prevalenza della motivazione legata al desiderio di proseguire gli studi universitari in Italia. La figura ci rivela che il 47% dei camerunensi del nostro campione che si avvicina all'italiano lo fa per motivi di studio, precisamente per proseguire gli studi universitari in Italia e il 23% per lavorare in Camerun; le altre ragioni sono soltanto accessorie.

Fig. 3.12. Motivazione allo studio dell'italiano degli apprendenti del nostro campione.

Occorre notare che, l'insegnamento dell'italiano è in piena rivoluzione nel nostro paese. Al contrario dei dati forniti da Kuitche65(*)(2012) che, rivelava che l'apprendente d'italiano in Camerun è un giovane adulto di età compresa tra i 18 anni e 26 anni, titolare di un diploma di scuola secondaria e in legame con l'Italia perché conosce un parente o un amico che vi risiede e si avvicina alla lingua italiana attraverso corsi intensivi; oggi, con la recente introduzione della lingua italiana come lingua seconda , allo stesso livello dello spagnolo e del tedesco nelle scuole secondarie, si nota un nuovo profilo dell'apprendente di italiano. Anche se il motivo principale rimane lo studio (in netta crescita rispetto ad altre indagini), si nota un'altra motivazione in corso: il lavoro.Va notato anche che, il cambiamento del profilo dell'apprendente d'italiano ha fatto sorggere un'altra figura nel sistema educativo camerunense quella del docente di lingua italiana di cui la crescita della spendibilità in loco dell'italiano, favorendo ipso facto un reale radicamento della «bella lingua» nel sistema formativo del paese.

Inoltre, durante la nostra ricerca abbiamo chiesto ai nostri informanti la loro impressione per quanto riguarda le somiglianze (formali) tra il francese e l'italiano. La figura 3.13 è una fotografia delle somiglianze formali tra il francese e l'italiano. Questa somiglianza tra il francese e l'italiano è di grande importanza perché aiuta molto i nostri discenti nello studio dell'italiano come ci fa vedere la figura 3.14. Cos?, si assisterà come illustra la figura 3.15 all'uso frequente di «voi» di cortesia francese invece del «Lei» di cortesia italiano.

Fig.3.13. Somiglianze formali tra il francese e l'italiano

Fig.3.14. Il ruolo del francese nell'apprendimento dell'italiano da parte degli informanti.

Fig.3.15. La confusione tra il «Voi» di cortesia francese e il «Lei» di cortesia italiano.

La seconda parte del questionario somministrato ai discenti riguardava gli errori che fanno spesso e le cause. Emerge dalla nostra ricerca che, il 47% dei discenti commette errori di interferenza con le lingue locali, il 34% errori linguistici e il 19% errori pragmatici (Cfr. Fig. 3.4.). Di fronte a questi errori, il 49% dei docenti intervistati usa la correzione immediata, il 43% stimola l'autocorrezione e l'8% la correzione in gruppo con altri studenti della classe (Cfr. Fig.3.6).

Tuttavia, per i discenti intervistati i loro errori derivano soprattutto dall'influenza della lingua francese e dall'influenza della propria madrelingua.

Fig.3.16. L'origine degli errori degli apprendenti intervistati.

Occorre notare a questo proposito che, visto che il francese assomiglia all'italiano (Cfr. Fig.3.13) e li aiuta molto nell'apprendimento dell'italiano (Cfr. Fig.3.14), essi sono obbligati ad un certo momento fare ricorso a tale lingua per cavarsela. Per?, la loro alfabetizzazione in questa lingua (visto che la maggioranza parla il fufuldé) constituisce di per sé un freno, e determina l'emergere di errori nella lingua target (l'italiano).

Per aiutare loro a ridurre i loro errori, il 34,02% dei discenti intervistati suggerice di mettere l'accento sull'interazione in classe. La lingua essendo prima di tutto un fatto orale, l'insegnante deve quindi creare una serie di attività in classe durante le quali l'allievo avrà l'opportunità di esprimersi. Il 27,83% pensa che sia meglio dare molti esercizi. A tal proposito diremo che, l'esercizio è l'opportunità offerta all'allievo per interiorizzare o padroneggiare la regola insegnata in classe. Quindi, l'esercizo aiuta gli allievi ad insediare la regola insegnata in classe e pradicandola ogni giorno essa rimane per sempre. Inoltre, quando l'insegnante fa interagire gli studenti e dà esercizi, egli deve permanentemente dare un feed-back sulla progressione di ogni studente affinché che tutti riescano a sapere a che punto è la loro competenza linguistica.

Fig. 3.17. Strategie per ridurre gli errori degli apprendenti d'italiano.

In conclusione, l'apprendente d'italiano che abbiamo incontrato durante la nostra ricerca sul campo è un adolescente di età compresa tra tredici e quattordici anni. È un soggetto bilingue che possiede una competenza essenzialmente orale nella propria lingua materna e ha acquisito un certo livello di competenza orale e scritta in francese. Le sue difficoltà in italiano vengono dalla sua madrelingua e soprattutto dal francese che lo aiuta molto nello studio dell'italiano. Le ragioni per le quali egli si avvicina all'italiano sono varie; la più importante rimane lo studio.

3.3. Tipologie di errori degli apprendenti d'italiano presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua

Alla luce della teoria contrastiva sull'apprendimento di una LS, gli individui tendono a trasferire le forme e i significati della lingua e cultura materna e la loro distribuzione nella lingua e cultura straniera. Questa concezione è basata essenzialmente sul trasferimento positivo dalla madrelingua a quella straniera o sull'interferenza negativa della prima sulla seconda e vice versa. L'ipotesi contrastiva sembrerebbe particolarmente rilevante da parte degli apprendenti di italiano presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua. L'apprendimento dell'italiano da parte di questi discenti avviene attraverso un costante confronto parallelo tra la nuova lingua e la madrelingua.

L'italiano appreso dai discenti che abbiamo incontrato durante la nostra ricerca sul campo è caratterizzato in maniera generale da un'interferenza che si rivela notevole a tutti i livelli (sia morfosintattico che soprattutto lessicale). Oltre al rischio di falsare più o meno l'efficacia comunicativa, questo pu? condurre al persistere e in certi casi al consolidamento e alla successiva fossilizzazione di determinati errori. L'elevato numero di errori, dovuto al fenomeno di interferenza linguistica tra il francese e l'italiano che abbiamo notato sulle produzioni scritte dei nostri informanti dimostra che l'apprendimento di lingue molto simili alla propria spesso è forte di maggiori problemi e difficoltà, e, nella maggior parte dei casi esso è il primo responsabile nella commissione di errore. A tal proposito De Benedetti (2006: 206) afferma:

La percezione di vicinanza, peraltro spesso confortata dai fatti, può [...] essere talvolta fonte di errori causati dalla trasposizione in italiano di suoni, forme e strutture appartenenti soltanto alla propria lingua. Sono gli effetti di quello che in linguistica si chiama transfert [...], che consiste appunto nel trapianto in L2 di abitudini consolidate nella propria lingua madre (o in un'altra L2), abitudini che possono talora favorire l'apprendimento della L2, ma più spesso la disturbano, provocando il fenomeno conosciuto come interferenza. In genere, l'interferenza tende a prodursi quando l'apprendente riconosce una qualche somiglianza tra la L1 e la L2 e formula ipotesi sul funzionamento della L2 che si fondano proprio su tale somiglianza.

In maniera generale, gli errori che abbiamo reperito nelle produzioni scritte dei nostri informanti si distribuiscono come segue:

3.3.1. Gli errori linguistici

Gli errori linguistici riguardano aspetti intralinguistici. Sono deviazioni chiari dalle regole sintattiche, morfologiche e lessicali. In maniera generale, gli errori dei discenti intervistati riguardano:

· La confusione del genere di alcune parole come in:

*Durante la mia giornata libera come il domenica

(....)*poi faccio la colazione con la pane

(...)*vado a fare un giro alla mare

(...)*vado da mia zia per una piccola tempo

· Al livello delle preposizioni si nota la sostituzione di «da» con «di»:

*La prima cosa di fare quando mi also è di pregare

· L'uso della preposizione «in» davanti ai nomi delle città al posto di «a»:

*Vado sempre in Garoua da mia madre

*Sto sempre con mio padre che vive in Mokolo

· L'uso della preposizione «per» o «in» dopo il verbo andare:

(....)*vado per visitare il mio amico

(....)*vado in Garoua per restare con mio zio

· Scelta sbagliata dell'ausiliare:

*mi ho piaciuto giocare al calcio

*studio molto perché non ho riuscito il mio esame l'anno scorso

· La confusione tra le consonanti affricate /S/ e /Z/ come in: *televizione, *mi alzo, *spaso, *cansone, *franceze

· Il raddoppiamento e la sillabazione

Un tratto fortemente marcato presente in italiano e in pochissime altre lingue dunque di difficile acquisizione per chi non lo possiede nella propria L1, è la geminazione consonantica, più comunemente detta raddoppiamento. Nella lingua italiana ben quindici consonanti sono coinvolte in questo fenomeno / p b t d k g s f v l r m n/. Foneticamente la geminazione consiste in un allungamento del suono che si distribuisce su due sillabe. Il raddoppiamento della consonante in italiano ha funzione distintiva ed è segnalato anche graficamente dal raddoppiamento del grafema, tuttavia non ci sono regole per determinare quando una consonante debba essere raddoppiata. Di conseguenza, la geminazione consonantica è un fenomeno destinato a creare difficoltà in molti apprendenti tra cui i discenti intervistati durante la nostra indagine sul campo. Cos? si nota sulle produzioni scritte dei nostri informanti l'uso di:

Tab.3.3. Errori di raddoppiamento tratti dal corpus e la versione corretta

Dati tratti dal corpus

Italiano corretto

ragazo

ragazzo

fratelo

fratello

mama

mamma

leteratura

letteratura

fato

fatto

lego

leggo

matina

mattina

profesore

professore

alievo

allievo

villagio

villaggio

alora

allora

mezogiorno

mezzogiorno

3.3.1.1. Gli errori da interferenza con il francese

Durante la nostra ricerca sul campo abbiamo notato che la stragrande maggioranza dei nostri informanti ha come lingua di comunicazione la loro madrelingua: il fufuldé66(*). Il ricorso a tale lingua è frequente in tutte le comunicazioni orali. Benché il francese sia la lingua di insegnamento nella regione, il tasso di alfabetizzazione in questa lingua rimane molto basso. Per?, le somiglianze formali percepite in esse lingue (francese e l'italiano) dai discenti intervistati (Cfr.Fig.3.13) vanno a sommarsi a errori di interferenza nella lingua target. D'altra parte, appare evidente che, la loro competenza limitata nell'apprendimento del francese fa sì che le medesime difficoltà incontrate in francese si ripropongano più o meno con la stessa frequenza e incidenza sia a livelli iniziali che a livelli avanzati di apprendimento nell'apprendimento dell'italiano. In questa ottica, Vietti (2006) in un suo recente saggio dedicato proprio ai fenomeni di transfert tra gli ispanofoni peruviani in Italia, rifacendosi agli studi di Weinreich (1974), ha interpretato questo meccanismo come un prodotto della spinta naturale in ogni parlante all'unificazione dei sistemi linguistici, dovuta alla tendenza istintiva alla riduzione del carico cognitivo; spinta che nel caso delle lingue affini, data la percezione di vicinanza e parziale corrispondenza tra i sistemi, è ovviamente più forte:

In prima istanza possiamo dire che i meccanismi alla base dell'interferenza sono da un'unica attività che agisce al di sotto della consapevolezza del parlante, quella Weinreich definisce la capacità dei bilingui di stabilire delle identificazioni interlinguistiche. Questa consente «scavalcare» i confini delle lingue stabilendo fra loro delle connessioni sulla base di somiglianze percepite, spesso parziali, tra forme e contenuti [...] Siccome si tratta sempre di lingue, quando ne impariamo una nuova cerchiamo di rifarci alle nostre conoscenze linguistiche precedenti, andando a trovare le somiglianze nel lessico o nella grammatica. Questa attività di identificazione spinge verso una unificazione dei sistemi linguistici, direbbe Weinreich, e, noi, oggi diremmo, verso una riduzione del carico cognitivo.

La percezione di congruenza e corrispondenza tra le il francese e l'italiano, alimentata dalla loro somiglianza, spinge così i discenti incontrati durante la nostra ricerca sul campo all'introduzione di strutture della L1 nella L2. Dal momento che queste strutture paiono incastrarsi e trovare posto senza problema nell'interlingua di questi apprendenti, non inficiando affatto l'efficacia comunicativa della loro produzione, il loro uso tende a cristallizzarsi, fossilizzando così il percorso verso la L2. E una volta «cristallizzatisi» gli errori dimostrano una resistenza fortissima, sopravvivendo a lungo nell'interlingua dei discenti, malgrado l'avanzamento della conoscenza della L2. In maniera generale, le devianze dalla norma più ricorrenti riscontrate durante la correzione delle produzioni scritte dei nostri informanti sono:

· «Qualche» usato al plurale per calco da «quelques» francese come in:

*gioco al calcio per qualche minuti

(....)*guardo la TV per qualche ore

· Alcune preposizioni articolate erronee calcate dal francese («de la» per «della», «a la» per «alla», «in la» per «nella») come in:

*Vado sempre a la chiesa con mio padre

(...)*a la fine vado a dormire

*Esco sempre con mio zio che lavora in la ditta di SODECOTON

· La tendenza a dimenticare l'articolo davanti agli aggettivi possessivi come in francese:

*Faccio miei esercizi

*Gioco con mie sorelle

· Omissione della preposizione «a» dopo il verbo «andare» seguito da infinito come in francese:

*vado dormire quando ho finito di guardare la TV

· I faux-amis : sono lemmi che assomigliano alle parole della LM per pronuncia e ortografia ma che in un'altra lingua presentano un significato decisamente differente.

Vado in chiesa con miei parenti («parents»= genitori).

Riguardo sempre i cartoni animati («regarder»= guardare).

Io ripasso i mei vestiti e vado («repasser»= stirare)

Mi vesto più vado («più»= poi)

Faccio la revizione dei miei corsi («revizione»= ripasso)

Studio i miei corsi comme il corso di inglese («comme»= come)

Encore, sistemo la mia casa («encore»= ancora)

Mi ballado in città («balader»= fare un giro o una passeggiata)

Il più spesso « («le plus souvent»= di solito)

Una volta terminata («une fois fini» = una vota che tutto sia finito)

Vado da mio zio che habita a Meskine («habiter»= abitare)

Parliamo di tutti e di niente («nous parlons de tout et de rien»= chiacchieriamo)

Dopo aver preso la colazione («prendre le déjeuner» = fare colazione)

Vado dal mio amico per lui dare il suo quarderno («pour lui donner»= daglielo)

Faccio i miei esercizi di historia («histoire»= storia)

D'altra parte, va notato nelle produzioni scritte dei nostri informanti errori da interferenza dal francese standard, e dal francese camerunense nello studio dell'italiano. Questi errori si distribuiscono come segue:

P1: «io godo al massimo alla televisione»

P2: «quando il sonno mi caccia vado a dormire»

P3: «la mia giornata libera è vaccamente ricca di attività»

P4: «quando finisco di studiare i miei corsi di italiano mi rendo conto che faccio un buon passo avanti verso la progressione»

P5: «quando finisco, prendo aiuto mia madre a cucinare»

Queste frasi prodotte dai nostri informanti, sono caratterizzate dall'uso di nomi e sintagmi pieni di anafore pragmatiche che caratterizzano la fase pragmatico-lessicale. Questi enunciati danno conto della scarsa normativa stabilita tra l'intenzione del parlante e dell'enunciato nel senso che, le forme linguistiche utilizzate per trasmettere il messaggio influiscono la leggibilità o la coerenza dell'enunciato. Inoltre, con gli stessi enunciati, si nota l'uso aleatorio di lessemi su un meccanismo di categorie lessicali adeguate (vaccamente/progressione) o sulle espressioni inadeguate (passo avanti verso la progressione/ godo al massimo/ prendo aiuto). La validità di alcuni enunciati come P3: «la mia giornata libera è vaccamente ricca di attività» dipende dalla contestualizzazione cioè del contesto sociolinguistico del locutore. Questo enunciato rende conto da una espressione segnata da una dimensione socioculturale. Una tale costruzione pu? essere soggetta ad una interpretazione erronea nel caso in cui gli interlocutori provengono da un orizzonte culturale diverso. Nelle (P1), (P2) e (P5), si pone un problema di coerenza dovuto a un effetto di allineamento sintattico. Questi enunciati sembrano contestualmente falsi o situazionalmente falsi perché le loro origini rimangono difficili da interpretare.

3.3.1.2. Gli errori da interferenza con le lingue locali

Come accennato in precedenza, l'85% dei discenti intervistati durante la nostra indagine sul campo ha come lingua di comunicazione la madrelingua: il fufuldé. Come noto da tutti, i soggetti che imparano una nuova lingua si affidano alla loro madrelingua o a quelle già conosciute in precedenza. La lingua materna ha quindi un ruolo facilitante nell'acquisizione della L2. Selinker (1992: 172) afferma che:

I dati disponibili avvalorano l'idea che la lingua materna abbia principalmente un ruolo facilitativo nel creare l'interlingua, qualora l'apprendente percepisca, mediante delle identificazioni interlinguistiche, un corrispondenza tra qualche proprietà della lingua materna e della lingua d'arrivo

Per il caso dei discenti incontrati durante la nostra indagine sul campo, un aspetto importante dell'influenza della L1 è il trasferimento da parte di questi discenti di alcune conoscenze linguistiche precedenti. Si tratta del cosiddetto «transfert» che riguarda tutti i livelli del linguaggio (fonologia, morfosintattico e soprattutto lessicale). Un altro aspetto importante che abbiamo notato è la tendenza dei nostri informanti a fare ricorso all'elusione. In altre parole, quando trovano alcune strutture della L2 particolarmente difficili perché molto diverse da strutture analoghe della L1 o perché nella L1 non esistono affatto: in questo caso l'influenza della lingua materna consiste nell'indurre gli apprendenti ad evitare l'uso di tali strutture. In maniera generale, gli errori da interferenza con le lingue locali dei discenti incontrati si illustrano come segue:

· Alcuni verbi transitivi e intransitivi: «mangiare, dormire, pregare» usati come verbi pronominali:

*La mattina mi mangio un pane

(....)*ho finito di guardare la TV mi dormo

(..)*quando mi also mi prego

Queste costruzioni sono dovute al fatto che questi verbi in fulfulfé sono usati come dei verbi riflessivi propri. Perché indicano un azione che ritorna sul soggetto stesso.

· La costruzione «pronome + participio passato» calcata dal fulfuldé:

*io fatto i miei esercizi

*io andato da mia cugina

*io venuto al liceo con il mio amico

· La costruzione «articoli + infinitivo del verbo» calcata da fufudé:

*la mattina fatto la studiare il francese

(..)*dopo il lavorare vado da mia zia

· La tendenza a dimenticare l'articolo davanti ai nomi calcato dal tupuri67(*) come in:

(...)*leggo libro di italiano

(....)*guardo televisione

· L'uso sistematico del pronome personale della prima persona del singolare «io» calcato dal fulfuldé e dal tupuri come si vede in questo pezzo di testo scritto da un discente:

«Durante la mia giornata libera, quando io mi also, io mi lavo. Poi io scrivo una lettera, io guardo la televisione, e io dormo. Quando io mi also, io vado a giocare e quando io ho finito, io torna a casa.»

3.3. 2. Gli errori pragmatici

La Pragmatica è una disciplina della linguistica che si occupa dell'uso della lingua come azione. Non si occupa della lingua intesa come sistema di segni, ma osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata. Più in specifico si occupa di come il contesto influisca sull'interpretazione dei significati. In questo caso il termine contesto è sinonimo della parola situazione, in quanto potrebbe riferirsi a qualsiasi fattore extralinguistico, tra cui sociale, ambientale e psicologico. In pragmatica si tende a fare distinzione tra significato dell'enunciato e intenzione del parlante. Il significato dell'enunciato è il suo significato letterale, mentre l'intenzione del parlante è il concetto che il parlante tenta di trasmettere. Detto questo, gli errori pragmatici derivano quindi da una scarsa attenzione alla situazione comunicativa o alla mancata conoscenza delle caratteristiche di organizzazione del discorso in relazione alla funzione.

Per quanto riguarda l'indagine che abbiamo condotta sul campo, non siamo riusciti a reperire gli errori pragmatici nelle produzioni scritte dei nostri informanti. Questi errori infatti non sono facili da rilevare nello sscritto e per questo, ci vorrebbe, forse, uno studio specifico condotto in un'altra maniera per poter fare un discorso scientifico al riguardo.

In conclusione, dalle tipologie di errori reperiti nelle produzioni scritte dei nostri informanti emerge che l'apprendimento di una nuova lingua chiama in causa il cosiddetto transfert che pu? inficiare ad un certo momento l'efficacia comunicativa e condurre al persistere di alcuni errori. Quindi, per l'apprendimento di una nuova lingua si deve mettere il focus di analisi sul discente, sul suo modo di apprendere e sui meccanismi dell'apprendimento linguistico68(*). Il discente ha un ruolo attivo nella costruzione del proprio apprendimento e i suoi errori sono soprattutto testimonianza del modo in cui riflette sulla lingua e formula ipotesi. L'errore, da elemento da evitare, diventa elemento auspicabile, perché dall'errore, lo studente pu? ripartire per rinegoziare e riqualificare le proprie ipotesi sul funzionamento della lingua. In questa prospettiva, l'errore non pu? essere causato esclusivamente da problemi di interferenza ma è il risultato di strategie che l'apprendente mette in atto per imparare. È il risultato di una mancata conoscenza da parte dell'apprendente di un determinato aspetto della lingua ad esempio, se lo studente d'italiano non ha ancora incontrato il futuro, il mancato uso di questo tempo verbale non pu? essere imputato ad una mancanza momentanea dovuta a ragioni di varia natura ma ad una carenza sistematica. La sua competenza dunque risulta essere incompleta e l'intervento di correzione dovrà venire dall'esterno cioè dall'insegnante, il quale deve cercare strategie idonee per intervenire al momento opportuno e nella giusta misura per correggere una forma erronea.

3. 4 . Correzione degli errori nella didattica dell'italiano L2 in Camerun

Gli errori costituiscono il punto debole della lingua scritta o parlata dell'apprendente, sono quelle parti della conversazione o della composizione che deviano da una qualche norma d'esecuzione matura della lingua. Attualmente l'errore non viene più considerato in didattica delle lingue in termini negativi come la prova evidente del mancato apprendimento, bensì in termini positivi come l'indicazione di un processo di apprendimento in atto che va perfezionato. L'errore è il segno del fatto che l'apprendente sta interiorizzando l'input, e si sforza di ipotizzare e ricostruire una grammatica della L2. Quindi, gli insegnanti e gli allievi dovrebbero concordare nel conferire all'errore un valore relativo e non assoluto, che va sempre stabilito in relazione agli obiettivi perseguiti. Errare è umano. Ma anche e soprattutto la capacità di conoscere a partire dall'errore è una competenza umana. Una competenza che si può e si deve affinare; specialmente laddove l'errore può avere gravi conseguenze. Ogni errore pu? essere un errore creativo e a partire dall'errore si pu? arrivare all'accuratezza della lingua. Allora è legittimo domandarsi: bisogna correggere gli errori?

La correzione degli errori è percepita come l'insieme degli interventi che l'insegnante fa per evidenziare difetti ed errori nella produzione linguistica di uno studente. La correzione rappresenta un'attività importante nella didattica di una lingua. Mentre tutti concordano nel ritenere l'errore uno strumento ricco di potenzialità che bisogna saper sfruttare (non un male da estirpare e combattere), le opinioni sull'utilità e lo scopo della correzione sono spesso divergenti. Per alcuni linguistici, la correzione degli errori è spesso dannosa in quanto gli allievi la vivono come un insuccesso nei loro sforzi di appropriarsi della nuova lingua. E così essi si demotivano, si fanno vincere dalla paura di esporsi allo scherno, di non saper esprimere quello che vorrebbero con lo strumento linguistico imperfetto che hanno a disposizione, di fare delle gaffe e di farsi giudicare sciocchi. Altri invece giustificano la correzione degli errori come un modo di fornire all'apprendente informazioni rilevanti per aggiustare le proprie ipotesi, un aiuto a «notare la differenza» tra il proprio sistema interlinguistico e la lingua d'arrivo. Il confronto cognitivo tra queste ipotesi e le strutture corrette della L2 può costituire una fase importante nel processo di apprendimento, che può risultarne accelerato.

Tuttavia, la correzione degli errori ha due valori: uno formativo, consiste nell'aiutare lo studente a individuare i suoi punti deboli e a progredire nell'apprendimento; l'altro, prevalentemente informativo, consiste nell'accumulare elementi di giudizio sul processo di apprendimento allo scopo sia di definire e adattare la programmazione didattica, sia di esprimere una valutazione. Quindi, ci sono ottime ragioni per difendere l'opportunità di correggere, pur calibrando attentamente la quantità e la modalità degli interventi:

· la correzione è una conferma dell'attenzione che l'insegnante dedica ai suoi studenti.

· la correzione fornisce all'apprendente la possibilità di confrontare il proprio sistema interlinguistico con la lingua d'arrivo, gli permette di verificare e aggiustare le proprie ipotesi sul funzionamento della lingua che sta imparando.

· la correzione rappresenta il mezzo più comune a cui far ricorso per combattere un fenomeno tipico dell'apprendimento di una lingua: la fossilizzazione.

Detto questo, è necessario disegnare un nuovo contesto in cui la correzione venga proposta in modo positivo e naturale, partendo dal concetto che l'errore è parte integrante del processo di apprendimento e che l'obiettivo primario dell'insegnante è di creare le condizioni per poter vivere questi eventi e processi senza l'interposizione di filtri affettivi69(*). Lo studente protagonista del proprio percorso di apprendimento dovrà essere messo in condizione di gestire l'errore, di saperlo valutare e autocorreggere. In questa ottica la gestione dell'errore diventa una pratica che si dilata nel tempo e che investe molte, se non tutte, le fasi del processo di apprendimento e non solo i momenti della correzione proposta dall'insegnante o di feedback ad esempio dopo l'esecuzione di una prova di verifica. In questo paragrafo, cercheremo di elencare i vari tipi di correzione; proponendo le possibili strategie di correzione che aiuteranno gli insegnanti d'italiano in Camerun ad intervenire al momento opportuno per poter correggere una forma erronea. Poi, passeremo in rassegna le tipologie di errori che devono esser corretti nel contesto camerunense.

3.4.1. I vari tipi di correzione

Durante la lezione sono numerose le occasioni (soprattutto nella produzione orale e scritta) in cui l'insegnante interviene per correggere una forma erronea prodotta dallo studente. Per farlo, egli pu? scegliere diverse strategie a seconda che si vogliano dare più informazioni a chi ha commesso gli errori (e a seconda del tempo e dell'impegno che pu? offrire). In questa sede, cercheremo di presentare i vari tipi di correzione a cui l'insegnante d'italiano in Camerun pu? far ricorso durante un intervento didattico.

3.4.1.1. La correzione nella produzione orale

La correzione nella produzione orale indica un complesso di strategie e comportamenti messi in atto dall'insegnante durante l'interazione in classe con i suoi allievi, allo scopo di curare la comunicazione laddove questa sia insufficiente o inaccettabile. Sono modalità di correzione che preservano il flusso del discorso, per cui è bene che l'insegnante ne tenga conto. Fra queste modalità di correzione possiamo annoverare:

3.4.1.1.1. La correzione immediata da parte dell'insegnante

Si parla di correzione immediata quando l'insegnante interviene immediatamente nel momento in cui l'errore viene fatto dallo studente. Se prendiamo questo mini-dialogo dove in classe si sta lavorando sulla forma del futuro semplice e il suo utilizzo (Cfr. Mezzadri, 2003):

Insegnante: Cosa farai l'estate prossima?

Studente: Ancora non lo so. Forse anderò a Firenze a fare un corso di italiano e...........

Insegnante: Non ti ricordi? Andrò non anderò.

Studente: Ah, giusto... e spero di conoscere molte ragazze italiane.

Viene fuori da questo esempio che, l'insegnante si comporta in modo in parte scorretto e in parte inopportuno in questo frangente. L'intervento è scorretto perché risulta punitivo nei confronti dello studente, accusato di non ricordare: gli viene fatto pesare l'errore. Il clima che ne risulta non è certo positivo e sereno. Prova ne sia la risposta dello studente che continua senza nemmeno ripetere la forma verbale sbagliata: la ripetizione invece può servire a consolidare la forma corretta ed eventualmente risolvere il problema se esso è di natura fonologica. Non viene data la giusta rilevanza all'autocorrezione. Tuttavia la correzione immediata da parte dell'insegnante non è di per sé negativa se fatta in maniera non punitiva, cioè senza l'aggravante del commento «Non ti ricordi?». Ad esempio può essere utilizzata quando non vi è tempo per una correzione più articolata e lunga o quando l'insegnante vi viene costretto dall'intervento di un altro studente che chiede delucidazioni avendo notato l'errore oppure se l'insegnante non è convinto che lo studente «debole» possa riuscire ad autocorreggersi (Cfr. Mezzadri, 2003).

3.4.1.1.2. La correzione da parte dello studente

In questo caso il docente interviene, e ritiene opportuno interrompere lo studente, quando l'errore viene fatto per portarlo a prendere coscienza dell'errore commesso. Interviene stimolando l'autocorrezione attraverso un'interruzione verbale («Ah, ah, attento...») o altre strategie non verbali: ad esempio un'espressione facciale corrucciata oppure un segno con una mano per invitare lo studente a fermarsi e riflettere, ecc. Se prendiamo l'esempio citato sopra avremo questo schema:

Insegnante: Cosa farai l'estate prossima?

Studente: Ancora non lo so. Forse anderò a Firenze a fare un corso di italiano e...........

Insegnante: Ah, ah, attento........forse.......

Studente: Ah, è vero... forse andrò a Firenze e spero di conoscere molte ragazze italiane.

(Cfr. Mezzadri, 2003)

Con questo tipo di correzione, è necessario da parte dell'insegnante una costante attenzione e una pronta memoria di quanto è stato non solo «fatto» durante la lezione, ma di quanto è lecito aspettarsi che gli studenti abbiano appreso e acquisito. Altra circostanza in cui questa tecnica può dare risultati opposti è nel caso di abuso dell'intervento da parte del docente, di esagerazione nella correzione. Quindi, l'insegnante deve superare l'ansia della correzione a tutti i costi e della perfezione per poter intervenire in modo selettivo e oculato.

3.4.1.1.3. La correzione da parte del gruppo

In questo caso, quando l'insegnante viene a reperire una forma erronea, egli decide di coinvolgere altri studenti nella correzione. Per?, affinché questo tipo di correzione sia efficace, non ci deve essere traccia di competizione tra gli studenti, né di stimolo di atteggiamenti competitivi da parte dell'insegnante che potrebbe far perdere la faccia allo studente. Se prendiamo l'esempio di Mezzadri (2003) dell'inizio avremo questo:

Insegnante: Cosa farai l'estate prossima?

Studente: Ancora non lo so. Forse anderò a Firenze a fare un corso di italiano e...

Insegnante: Ah, un momento... come hai detto?

Studente: Forse anderò a Firenze e...

Insegnante: Qualcuno riesce a correggere...

Student 2: Andrò a Firenze...

Insegnante: Esatto andrò, ce lo ripeti?

Studente: Andrò a Firenze a fare un corso di italiano.

Insegnante: Ottimo! Vai pure avanti: andrai a Firenze e...

Studente: Forse andrò a Firenze e spero di conoscere molte ragazze italiane.

Insegnante: (L'insegnante annuisce e sorride).

Emerge da questo esempio che, siamo di fronte a una classe in cui si è saputo creare un corretto clima di lavoro collaborativo. Inoltre in questo terzo esempio l'insegnante ha potuto far ricorso a questa tecnica perché sapeva che lo studente fatto oggetto di tante attenzioni non avrebbe subito in modo negativo né l'intervento dell'insegnante, né quello dei compagni. Detto questo, gli insegnanti devono andare oltre alle competenze linguistiche per essere attenti ai comportamenti non solo linguistici ma soprattutto psicologici e affettivi degli studenti. In seconda analisi, è ancora una volta opportuno rilevare che lo sviluppo delle strategie di apprendimento, tra cui quelle di correzione, rivestono un ruolo determinante e che vanno insegnate in modo integrato con il resto delle componenti dell'educazione linguistica. Questo percorso formativo deve, inoltre, essere condiviso dallo studente: ad esempio, in una situazione collaborativa non vi è spazio per atteggiamenti competitivi e se si dovessero presentare si cercherà di modificarli pian piano in modo consapevole.

3.4.1.1.4. Le altre strategie di correzione nella produzione orale

Diametralmente opposti sono due atteggiamenti didattici che a volte possono essere utilizzati, ma sempre in modo consapevole da parte dell'insegnante:

· l'insegnante sente l'errore ma non reagisce

In classe, pu? succedere che il docente sente l'errore, ma lo lascia correre. Se questo atteggiamento può rivelarsi una giusta strategia nel caso di errori commessi durante l'esecuzione di un'attività il cui fine è la comunicazione e non l'accuratezza, altrettanto vero è, però, che comportarsi sempre in questo modo pensando che lo studente prima o poi arriverà a correggersi significa da un lato sottovalutare il problema e dall'altro non sfruttare le opportunità che il contesto della classe può offrire. L'errore, poi, non è solo un prodotto finale, ma alla base spesso vi sono meccanismi, strategie di apprendimento, come ad esempio la formulazione delle ipotesi, che attraverso la correzione dell'errore in classe possono essere immediatamente e soprattutto consapevolmente analizzate da parte dello studente ai fini di un loro miglioramento.

· l'insegnante spiega il perché dell'errore

In questo caso il docente propende per una strategia che non è negativa di per sé, ma che, oltre a essere piuttosto dispendiosa in termini di tempo, porta l'insegnante a ricoprire un ruolo da protagonista togliendo allo studente la possibilità di «imparare facendo». Inoltre, non sempre è opportuno che l'insegnante faccia ricorso a riflessioni razionali in merito all'errore, in particolare se la fase della lezione è quella della globalità in cui gli studenti vengono esposti alla lingua, non attraverso la riflessione, ma in modo spontaneo e di questa spontaneità fa parte anche l'errore, la formulazione di ipotesi, la scoperta della lingua.

Fin qui abbiamo visto alcune possibili tecniche di correzione nella produzione orale. Ora ci soffermeremo sulla correzione degli errori nello scritto.

3.4.1.2. La correzione nella produzione scritta

Nella produzione scritta gli errori sono più facilmente individuabili e la pratica correttiva è in genere la più familiare per l'insegnante. Quando egli decide di intervenire direttamente su uno scritto e correggere, può scegliere diversi metodi, a seconda che voglia dare più o meno informazioni a chi ha commesso gli errori. Tenendo sempre presente in mente che correggere vuol dire fornire all'apprendente dei suggerimenti che dovrebbero guidarlo a perfezionare e consolidare la sua conoscenza delle norme linguistiche e comunicative. Presentiamo qui i più comuni di questi metodi con un'esemplificazione concreta, indicando i rispettivi vantaggi e svantaggi, nonché qualche consiglio su quando utilizzarli.

3.4.1.2.1. La correzione comunicativa e rilevativa

La correzione comunicativa consiste nel segnalare solo gli errori che compromettono l'efficacia del messaggio, aggiungendo commenti del tipo cosa vuoi dire? non ho capito. La correzione rilevativa, invece, è un sistema di marcatura che ha l'unica funzione di individuare l'errore, senza dare altre indicazioni: gli errori possono essere semplicemente sottolineati se localizzati in una parola o una locuzione, oppure contrassegnati da un linea verticale in corrispondenza di porzioni di testo scorretto più estese. A tal proposito, Diadori (2001) ci da un esempio illustrativo di questa forma di correzione come segue:



Il vantaggio di questa forma di correzione è che, dopo aver rilevato l'errore, non è necessario da parte dell'insegnante dare indicazioni ulteriori che richiedono tempo e impegno. Invece, il suo svantaggio risiede nel fatto che lo studente in molti punti avrà difficoltà a capire che tipo di errore ha commesso e non saprà come intervenire e rimediare. Inoltre, con questa forma di correzione, l'allievo prova di conoscere, cioè errori post-sistematici ( errori che compaiono quando lo studente ha scoperto il sistema corretto, ma si dimostra incoerente nell'applicazione delle regole. È la fase più interessante dell'apprendimento, detta «fase della pratica»).

3.4.1.2.2. La correzione risolutiva

Essa consiste da parte dell'insegnante nel rilevare gli errori e inseguito dare una riscrittura corretta delle parole, frasi o periodi che li contengono. Con questa forma di correzione, non si scrive direttamente sul testo, ma si contrassegnano le parole o le lettere con segni diversi che poi sono riportati a margine e accompagnati dalla correzione come segue:

(Cfr. Diadori, 2001)

Il vantaggio di questa forma di correzione è che, lo studente può osservare una versione corretta di ciò che ha sbagliato. Al contrario, i suoi svantaggi sono:

· lo studente ha un ruolo passivo, perché la soluzione fornita dall'insegnante non richiede altri interventi.

· nel caso di errori semplici, come quelli di ortografia o di concordanza, non ci sono problemi perché la correzione è pressoché univoca; nel caso invece di errori di lessico, oppure sintattici e di organizzazione del testo, può accadere che la soluzione offerta rifletta il parere dell'insegnante e comunque non sia l'unica possibile.

· per riscrivere ogni forma scorretta, a volte interi periodi, l'insegnante deve impiegare molto tempo.

Occorre notare che questa forma di correzione è usata nel caso degli errori pre-sistematici o occasionali cioè quelli che vengono commessi prima che lo studente sia consapevole dell'esistenza di regole che governano quel determinato aspetto linguistico. In questa fase le forme corrette sembrano prodotte per caso: per esempio, lo studente sembra aggiungere a caso le desinenze dei tempi ai verbi, oppure le marche morfologiche della persona verbale.

3.4.1.2.3. La correzione classificatoria

Essa consiste nel dare informazioni sul tipo di errore a margine del testo, usando un'etichetta o un simbolo. È il metodo di correzione più impegnativo, perché richiede da parte dell'insegnante un discreto lavoro di preparazione. Egli deve prima di tutto decidere su quale classificazione di errori basarsi e costruire una lista di etichette e abbreviazioni, poi essere coerente nell'uso delle etichette prescelte. Per una illustrazione dettagliata di questa forma di correzione seguiamo questo schema:

(Cfr. Diadori, 2001)


Il vantaggio di questa forma di correzione è che la correzione data dall'insegnante è la chiave su cui lo studente deve lavorare per arrivare alla soluzione, operazione che lo rende consapevole dell'apprendimento perché richiede un ruolo attivo. Per l'efficacia di questa forma di correzione, ci vuole tempo e impegno da parte dell'insegnante. Tuttavia, questa forma di correzione viene usata quando l'allievo è in grado di riconoscere e provare a correggere sé stesso. Perci?, con questa forma di correzione, vogliamo portare gli studenti a riflettere mettendo alla prova le loro conoscenze.

3.4.1.2.4. L'autocorrezione e la correzione tra pari

Di solito si pensa che correggere sia un lavoro da insegnanti o perlomeno lo pensano gli studenti. Coinvolgere in questa operazione proprio gli studenti è invece una pratica da consigliare, perché rappresenta un ottimo sistema per renderli attivi e consapevoli del loro apprendimento, oltre ad aiutarli a raggiungere un'autonoma capacità di autovalutazione. È sempre opportuno che l'insegnante condivida con lo studente le correzioni fatte, ritagliando alcuni momenti a tu per tu da dedicare all'analisi dei testi e al confronto critico, così come è utile stimolare la correzione collettiva, suscitando commenti e proposte da parte della classe. La gamma delle attività di correzione gestite dagli studenti, oltre alla maggiore o minore presenza dell'insegnante con funzione di guida, tiene conto anche di altre variabili: lo studente può correggere il proprio testo, quello di un compagno che conosce o quello di uno studente anonimo; inoltre può lavorare da solo, oppure con uno o più compagni. Quindi, per accrescere nello studente la consapevolezza di come procede l'acquisizione della lingua e delle difficoltà che incontra, oltre a individuare e correggere gli errori, è opportuno indurlo di tanto in tanto a riflettere e a dire esplicitamente quello che pensa:

· sulle cause degli errori che commette

· sulle difficoltà che a suo parere l'italiano pone anche confrontato con la lingua madre

· sugli scopi personali dello studio

· sui problemi di apprendimento che ha maggiori difficoltà a risolvere

· sugli aspetti della lingua che ritiene importante conoscere e padroneggiare (la grammatica, il lessico, la pronuncia, leggere, scrivere, ascoltare, parlare, la cultura, ecc.).

In conclusione, dal paragrafo sulla correzione degli errori emerge che nel corso dell'attività didattica e sulla base dell'esperienza, ogni insegnante mette a punto un proprio metodo di correzione, del tutto personale e funzionale agli obiettivi che intende perseguire. Tuttavia, non c'è un metodo giusto per correggere una forma erronea, la rilevanza di un errore quindi dipende da una serie di fattori fra cui:

· gli obiettivi del corso

· l'età degli allievi

· l'attività svolta e il tempo ad essa dedicato

· il grado di conoscenza della lingua da parte degli studenti

Se l'errore è come accennato in precedenza il segno del fatto che l'apprendente sta interiorizzando l'input, e si sforza di ipotizzare e ricostruire una grammatica della L2, e la correzione un modo di fornire a quest'ultimo informazioni rilevanti per aggiustare le proprie ipotesi, un aiuto a «notare la differenza» tra il proprio sistema interlinguistico e la lingua d'arrivo, è opportuno allora domandarsi: quali errori correggere nel contesto camerunense?. Visto che la peculiarità del contesto sociolinguistico e culturale del Camerun porta gli apprendenti camerunensi di italiano a commettere numerosi errori.

3.4.2. Quali errori correggere nel contesto camerunense ?

Durante l'indagine condotta sul campo abbiamo notato, con l'ausilio dei questionari somministrati ai docenti, che nel nostro contesto dobbiamo correggere gli errori da interferenze con le lingue locali soprattutto con la lingua francese perché gli allievi ne commettono troppi (Cfr. Fig.3.4.); essi parlano come hanno detto i docenti intervistati «l'italiano in francese» cioè pensano in francese prima di tradurre il loro discorso in italiano ci? che determina l'emergere dei cosiddetti francesismi o transfert negativi. Bisognerebbe quindi concentrarsi su come e quando correggerli.

3.4.2.1. Come correggere?

Va detto che la correzione di una forma erronea non andrebbe applicata indistintamente a tutti i tipi di errore commessi da uno studente ma occorrerebbe da parte dei docenti camerunensi:

· non essere invasivi:

Quando si corregge, nell'orale come nello scritto, bisogna essere discreti. Perciò, nell'interazione orale è consigliabile intervenire in modo limitato, solo se la comunicazione risulta in qualche modo disturbata. Gestire in modo troppo rigido gli scambi comunicativi, fra studenti o tra studente e insegnante, con frequenti rilievi di carattere formale, ha l'effetto di interrompere la comunicazione anziché favorirla. È meglio quindi non interferire con il flusso del discorso, ma prendere nota degli errori più frequenti e proporre in seguito attività di riflessione critica da condividere con la classe. Nella correzione scritta l'insegnante deve fare in modo che il testo originale sia sempre chiaramente visibile. Quindi evitare di correggere scrivendo sopra alle parole; è meglio usare il margine del foglio o lo spazio tra le righe, anche per interventi minimi (l'aggiunta o la correzione di una singola lettera).

· non essere ambigui :

L'insegnante deve fare in modo che, di fronte ad un errore segnalato, lo studente possa capire di che cosa si tratta (un errore grammaticale, la scelta sbagliata di una parola, il mancato rispetto di convenzioni sociali, un'informazione inesatta ecc.). Per questo è preferibile che la correzione diventi un momento di confronto tra studente e insegnante, invece di essere una pratica che l'insegnante sbriga da solo, a tu per tu con il testo dello studente.

· rispettare la personalità dello studente:

L'insegnante deve cercare di abbassare il più possibile il filtro affettivo perché, correggendo con insistenza da un lato induce l'apprendente a esercitare un maggior controllo formale sulle proprie produzioni linguistiche, ostacolando la spontaneità necessaria per un uso comunicativo della lingua, dall'altro genera frustrazione, insicurezza e perdita di autostima. È indispensabile perciò fare in modo che in classe regni un'atmosfera distesa: meno ansioso è il discente, meglio procede il suo apprendimento linguistico. Quindi, quando si propone un'attività, le regole del gioco devono essere chiare: lo studente deve sapere in anticipo se la sua produzione, orale o scritta, sarà oggetto di correzione. Questa è un'informazione che può essere determinante per la sua condizione psicologica. Quando poi l'insegnante decide di correggere, deve agire tenendo conto della sensibilità dello studente, e fare sempre in modo che non si senta umiliato. Anche nei testi scritti è molto importante che l'insegnante abbia un atteggiamento il più possibile aperto e disponibile, accettando senza pregiudizi le idee, lo stile e il linguaggio scelti dallo studente. Inoltre, è bene ricordare che la quantità di interventi da fare su uno scritto non deve essere direttamente legata alla quantità degli errori commessi. Per finire, quando si commentano le produzioni (orali o scritte) è consigliabile rilevare almeno un aspetto positivo, prima di far riflettere sugli errori. È uno dei modi per rafforzare l'autostima dell'apprendente: la convinzione di potercela fare è fondamentale per progredire.

· adeguare la correzione alle capacità dello studente:

L'insegnante che rileva con grande scrupolo ogni più piccolo errore forse sente di aver assolto pienamente il suo dovere; però, un testo disseminato di segni, oltre a mortificare lo studente, può rivelarsi inutile, perché quest'ultimo ha una limitata capacità di concentrare la sua attenzione sugli errori e di comprenderli. Inoltre un lavoro correttivo che non abbia successo è molto deprimente sia per lo studente che per l'insegnante. Risulta quindi più efficace limitare le correzioni e scegliere un certo numero di errori sui quali intervenire predisponendo strategie preventive o attività di rinforzo. È bene anche ricordare che, quando un testo presenta troppi errori, la causa non è sempre da attribuire allo studente; talvolta la responsabilità è dell'insegnante, che non ha calibrato la difficoltà del compito sulle effettive capacità dell'apprendente.

· far lavorare gli studenti sulle correzioni:

La correzione è utile solo quando permette di individuare i problemi e stimola lo studente a migliorare. Troppo spesso le correzioni non vengono quasi considerate dagli apprendenti, che badano solo alla valutazione. Per questo motivo ribadiamo l'opportunità di separare l'attività di correzione dalla valutazione e di proporre agli studenti un lavoro aggiuntivo a partire dagli errori. È utile per esempio proporre attività di autocorrezione oppure restituire agli studenti elaborati corretti chiedendo loro di copiare le correzioni fatte, o di provare a spiegare l'errore, o di riscrivere alcune parti del testo. L'insegnante dovrebbe inoltre utilizzare gli errori commessi dagli studenti per preparare attività di recupero o di rinforzo.

3.4.2.2. Quando correggere ?

Per il 100% dei docenti incontrati durante la nostra indagine sul campo, correggere è un fatto necessario. Tuttavia, per capire quale strategia di correzione seguire, la distinzione che spesso si fa è tra attività che promuovono e hanno come obiettivo l'accuratezza (ad esempio se si sta affrontando l'accordo del participio al passato prossimo, le desinenze del participio sono l'oggetto principale e un'esecuzione accurata l'obiettivo dell'attività) e altre che invece hanno come scopo la comunicazione fluente (fluency). Nel primo caso l'insegnante sarà prevalentemente indotto a un immediato intervento di correzione mirata. Nel secondo caso l'insegnante non interverrà subito e su tutti gli errori, ma ad esempio potrà annotarsi gli errori che ritiene necessario correggere per passare poi alla fine dell'attività a una fase di feedback. In questo modo lo studente o gli studenti non vengono interrotti, lo sforzo che stanno facendo è rivolto alla comunicazione senza la paura dell'errore, né la minaccia dell'intrusione dell'insegnante finalizzata alla correzione. Spesso ci si chiede quale limite porre a questo atteggiamento che da un certo punto di vista potrebbe risultare troppo «permissivo»: il docente è chiamato a uno sforzo di astrazione e deve cercare di monitorare la comunicazione che si sta realizzando, cercando di intervenire solo nel caso in cui essa si interrompa.

D'altra parte, l'esperienza didattica porta molti insegnanti a individuare due tipologie prevalenti di studente, quello che parla spinto da una forte motivazione alla comunicazione e non bada alla correttezza del proprio eloquio e quello che al contrario tende a parlare poco, ma in modo corretto, mosso da una certa paura per l'errore. Saper dosare gli interventi di correzione a seconda della natura dell'attività può aiutare i diversi tipi di studente a migliorare le proprie strategie di apprendimento. Inoltre, è utile sottolineare un'altra accortezza: l'insegnante deve cercare di superare quella che a volte risulta essere una sua vera e propria deformazione professionale e cioè l'aspirazione alla comunicazione perfettamente corretta. Se lo studente impegnato in un'attività comunicativa commette errori di vario tipo, dalla pronuncia alla scelta lessicale e strutturale, non per questo l'insegnante dovrà sentirsi in dovere di correggere tutto, ma interverrà solamente per correggere o far correggere quegli errori che più riguardano l'oggetto, l'obiettivo della lezione, oppure che più rischiano di fossilizzarsi. In linea di massima, si pu? affermare che la decisione di correggere gli errori dipende dallo scopo della lezione e dal fatto che essi interferiscano o meno con l'effettiva comunicazione. Dopo che il docente ha deciso di correggere l'errore, la decisione successiva da prendere riguarda i tempi di correzione. Se correggerlo subito oppure rimandare la correzione a un altro momento. Pu? anche decidere di annotarsi gli errori per poi usarli come spunto per una lezione successiva.

Dopo aver presentato le tipologie di errori che devono esser corretti nel contesto camerunense, e le modalità di correzione di tali errori, analizzeremo nel paragrafo che segue alcune strategie per la gestione dell'errore tenendo conto delle realtà camerunensi.

3.5. Alcune strategie per la gestione dell'errore nel contesto camerunense

La didattica dell'italiano in Camerun, come accennato in precedenza, fa fronte a molti problemi. Il fatto che la lingua italiana sia una nuova lingua nell'universo linguistico camerunense pone da parte dei docenti una serie di problematiche: quali strategie usare per correggere gli errori degli studenti? Come valutare e analizzare l'interlingua degli studenti ? Sono alcune domande che si pongono i docenti quando devono condurre un intervento didattico. Nelle scuole secondarie camerunensi dove viene insegnato l'italiano, i docenti sono costretti ad andare al di là delle loro competenze linguistiche per poter trovare delle strategie che le aiuteranno a correggere una forma erronea. Questo paragrafo cerca quindi di proporre alcune strategie che aiuteranno i docenti d'italiano in Camerun a gestire meglio gli errori degli apprendenti d'italiano. Intanto, cominciamo con presentare alcuni interventi che riteniamo necessari.

3.5.1. Corsi di aggiornamento per docenti

Durante l'indagine condotta sul campo abbiamo notato, con l'ausilio di un questionario, che l`83,33% dei docenti che opera nel nostro campo d'indagine non ha mai assistito a un seminario di aggiornamento (Cfr. Fig.3.3). L'aggiornamento, essendo un incontro tra didattici di una stessa disciplina, è il luogo dove questi didattici tentano di risolvere alcuni problemi (fra cui quelli della gestione degli errori ) legati alla loro disciplina. In quale misura può l'aggiornamento rappresentare una soluzione alla problematica della gestione degli errori?

L'aggiornamento rappresenta uno degli obblighi più importanti del docente e quello che più ne caratterizza la professionalità: un formatore che non si «forma» è una contraddizione in termini, un formatore che si «forma» un'unica volta, all'inizio del suo percorso professionale lo è altrettanto se non di più. Pensare la propria formazione come un dato concluso e chiuso una volta per tutto è assurdo, è indispensabile invece continuare a «coltivare» i propri saperi, verificandoli e ampliandoli per tutto l'arco della vita. L'aggiornamento è quindi uno spazio dove i docenti condividono i loro saperi. In altre parole, è il luogo dove i docenti acquisiscono nuove tecniche e strategie per la gestione degli errori prodotti dagli studenti durante un intervento didattico. Insomma, è un momento che chiama in causa gli attori dell'educazione. Esso si inserisce quindi su una triplice dimensione:

· insegnare ad imparare: focalizzazione sullo studente:

Il docente qui acquisisce le tecniche di base per lo sviluppo dei processi di apprendimento. Egli impara anche delle strategie e metodi sul come correggere conservando allo stesso tempo il benessere personale, la motivazione, e la personalità dello studente.

· imparare ad insegnare: focalizzazione sul docente:

Il docente qui si accosta ai più recenti approdi della sua disciplina. Come adeguare i suoi corsi al livello dei suoi studenti?

· insegnare a relazionarsi: focalizzazione sul gruppo «docenti - studenti»:

Il docente saprà qui creare un clima favorevole per il suo intervento didattico. Un clima in cui l'allievo non avrà più paura di prendere la parola. Un clima dove l'errore non verrà drammatizzato ma, percepito come un tentativo che l'apprendente mette in atto per imparare, una testimonianza del modo in cui riflette sulla lingua e formula ipotesi.

Che sarebbe quindi il problema della gestione degli errori, se il docente camerunense restasse ancorato alle sue conoscenze legate ai suoi studi, magari conclusi da molti anni, se non prevedesse un costante quanto approfondito aggiornamento delle sue conoscenze, trasformando, laddove possibile, talune di esse in competenze? È tempo per il governo camerunense di organizzare un seminario nazionale annuale per l'aggiornamento dei docenti d'italiano. Esso ci aiuterà ad affinare le strategie per la gestione efficace dell'errore nell'insegnamento dell'italiano in Camerun. Se prendiamo ad esempio il mondo dell'informatica, sappiamo quanto in tale contesto la tecnologia stabilisca che ciò che possediamo oggi, già tra un mese diventa obsoleto e sorpassato. Detto questo, l'aggiornamento appare per i docenti camerunensi come un concreto mettersi in gioco per prevedere una rielaborazione delle informazioni già in possesso. Esso è una delle strategie in cui la gestione degli errori potrebbe trovare la sua massima soluzione nel nostro paese. Accanto al corso di aggiornamento per docenti, non va dimenticato il lavoro di collaborazione tra i docenti di lingua.

3.5.2. La collaborazione tra i docenti di lingua

Dai risultati dell'indagine condotta sul campo, emerge che le somiglianze formali tra il francese e l'italiano (Cfr. Fig.3.13) percepite dai discenti incontrati si rivelano essere di grande importanza perché esse aiutano molto i nostri informanti nell'apprendimento dell'italiano (Cfr.Fig.3.14). D'altra parte, abbiamo notato che la loro competenza alle volte limitata in francese fa sì che le medesime difficoltà incontrate in francese si ripropongano più o meno con la stessa frequenza nell'apprendimento dell'italiano, ci? che genera un gran numero di errori da interferenza con la lingua francese (Cfr. Fig.3.4.)

Quindi, i docenti d'italiano e quelli di francese dovrebbero lavorare in sinergia in modo propositivo per poter riuscire a canalizzare il flusso degli errori prodotti dai discenti d'italiano. Come pu? uno studente sapere che in italiano il participio passato ad esempio si concorda in genere e il numero con il soggetto se non lo sa fare in francese? Come pu? uno studente dare le diverse funzioni del nome in italiano se non ne ha la padronanza in francese? Cos?, è necessario da parte dei docenti d'italiano non chiudersi per lavorare da soli ma, lavorare in stretta collaborazione con con quelli di francese affinché gli apprendenti di italiano abbiano delle conoscenze accettabili in francese e in italiano. Affinché questo avvenga, è necessario da parte dei due campi possedere un alto livello di intelligenza sociale, ossia la capacità di interpretare e gestire le relazioni interpersonali (Goleman, 2001). È quindi tempo per i docenti d'italiano di moltiplicare le riunioni, incontri con quelli di francese, allo scopo di trovare misure e strategie per poter tagliare le gambe all'errore nella didattica dell'italiano in Camerun e rendere il lavoro più interesante. Se l'obiettivo primario dell'insegnamento linguistico è che i discenti riescano a comunicare, il docente deve quindi favorire l'interazione in classe affinché il discente sia consapevole dei suoi possibili errori e della versione corretta dell'errore commesso.

3.5.3. Favorire l'interazione in classe

Secondo Brighetti e Minuz (2008: 140): «Parlare è uno strumento essenziale dell'insegnamento», e anche per Ehlich e Rehbein (1986) «la comunicazione in classe si presenta come un'incessante, esteriormente densa, quasi ininterrotta successione di parlato». L'interazione in classe, nel processo di insegnamento/apprendimento delle diverse discipline, coinvolge entrambi gli attori della comunicazione didattica, l'insegnante e gli apprendenti. Il primo attore crea delle situazioni di comunicazioni (role-play, drammatizzazione, dialogo) che gli permettono non solo di intervenire nel caso in cui l'errore viene commesso per riparare70(*) dando la forma corretta ma anche; di accrescere negli allievi più alti livelli di impegno cognitivo. Il secondo attore invece cerca di restituire all'insegnante le sue ipotesi formulate per l'apprendimento delle L2. In tale contesto, la loro produzione orale e il loro coinvolgimento nell'interazione verbale in classe sia previsto e guidato dalla forma della lezione e dalle strutture dialogiche a cui è correlato l'apprendimento della lingua. A tal proposito, Bosc e Minuz (2012: 94) osservano che: «la lezione è un evento comunicativo complesso nel quale, attraverso l'interazione verbale e non verbale tra i partecipanti, si trasmettono conoscenze e si sviluppano competenze, insieme alla consapevolezza dei valori attribuiti socialmente a tali conoscenze e competenze».

D'altra parte, l'insegnante è in primo luogo il regista della lezione (Orletti, 2000), il soggetto che imposta le coordinate della comunicazione didattica secondo una precisa linea argomentativa o espositiva: controlla e gestisce l'interazione, ne delimita i confini (ad esempio decretando l'inizio o la fine di un dialogo, correggendo gli errori e dando la forma corretta allo stesso tempo) e decide l'identità dei soggetti coinvolti e del contesto: gli allievi, o più in generale gli attori, i partecipanti all'interazione, abbandonano infatti temporaneamente la loro identità sociale, per assumere il ruolo di apprendenti nel contesto ben definito della classe di lingua; questo ruolo e questo contesto prevedono diritti e doveri conversazionali precisi per gli studenti, primo fra tutti quello di seguire la linea direttrice dell'interazione, indicata dall'insegnante. Il docente, a sua volta, pu? assolvere al suo diritto e dovere di registra dell'interazione didattica in quanto figura discorsivamente e socialmente dominante nella situazione della classe; per Ciliberti (2003: 94-130) questa dominanza pu? essere distinta in dominanza «quantitativa» (in quanto l'insegnante dispone di uno spazio interazionale nettamente superiore a quello degli apprendenti), «interazionale» (la possibilità di controllare l'organizzazione delle sequenze ad esempio di domanda-risposta-feedback allo scopo di insediare una forma erratta), «semantica» (controllo della corretezza degli argomenti discussi e possibilità di far prevalere il proprio punto di vista) e «strategica» (possibilità di pianificare e incidere sui risultati globali dell'interazione). Per queste caratteristiche del ruolo dell'insegnante in quanto «regista» e «attore» della comunicazione in classe è possibile riconoscere una fondamentale asimmetria interazionale nel tipo di comunicazione didattica istituzionale che si verifica nel corso della lezione, interazione che pu? essere pertanto definita «conversazione diseguale» (Orletti, 2000), laddove la disuguaglianza è identificabile nella disparità di potere interazionale fra i parlanti e nella diversità dei diritti e doveri comunicativi osservate. Entrando nel merito delle forme e dei contenuti del discorso attraverso cui questa conversazione diseguale si produce, si osserva come per gli insegnanti il mezzo usato per comunicare sia anche il messaggio didattico da trasmettere (Brighetti e Minuz, 2008).

In sintesi, per aiutare gli allievi a ridurre i loro errori, i docenti camerunensi d'italiano devono mettere l'accento sull'interazione in classe, attraverso una serie di attività durante le quali l'allievo avrà l'opportunità di esprimersi, di dare le sue ipotesi formulate per l'apprendimento della L2; e di poter avere nel caso degli errori la forma corretta da parte del docente. Tuttavia, alla fine di queste attività, il docente dovrà dare un feedback sulla progressione di ogni studente affinché tutti riescano a sapere a che punto è la loro competenza linguistica.

3.5.4. Fornire un «feedback» sulla progressione degli studenti

L'efficacia del processo d'insegnamento/apprendimento dipende in gran parte dalla capacità di coordinare gli sforzi in vista di obiettivi da raggiungere. Naturalmente, quando questi obiettivi sono chiari. Ci? vale sia per l'insegnante che per l'allievo, poiché entrambi sono coinvolti nel processo. Il primo con il compito specifico di facilitatore dell'apprendimento; il secondo come attore coinvolto in prima persona nell'esperienza di apprendimento. Per svolgere queste reciproche funzioni, entrambi hanno bisogno di ricevere informazioni che consentano loro di rendersi conto degli effetti prodotti dai reciproci comportamenti. In particolare, per quel che riguarda lo studente, numerose ricerche hanno dimostrato che, per migliorare l'apprendimento è necessario metterlo in condizione di comprendere quali siano gli obiettivi d'apprendimento della sua attività e come le sue risposte si collocano rispetto a tali obiettivi. La consapevolezza di aver svolto correttamente un compito, ossia la conoscenza degli effetti del proprio comportamento, ha un effetto retroattivo (feedback), che costituisce un rinforzo molto efficace.

Il feedback formativo71(*) è una informazione comunicata allo studente con l'intenzione di modificare la sua riflessione o il suo comportamento allo scopo di migliorare l'apprendimento. Il feedback può essere dato in svariate forme: un voto, un commento generale o specifico alla prestazione dello studente, un consiglio o un invito a correggere, un segnali (una crocetta, una sottolineatura, un segno convenzionale) dove sono stati commessi degli errori, la correzione posta nel luogo dell'errore, e altro ancora. A seconda del momento può essere fornito mentre lo studente lavora, immediatamente dopo la fine di una prestazione. Lo scopo principale del feedback è accrescere la conoscenza, le abilità e la comprensione in qualche area di contenuto o le abilità generali (ad esempio, lo scrivere, il comunicare oralmente, la soluzione di problemi). Secondo Shute (2008) il feedback ha due scopi principali: direttivo e facilitativo. Il direttivo dice allo studente quali necessità devono essere superate o corrette, quello facilitativo offre commenti e consigli per aiutare e guidare gli studenti nella loro correzione e concettualizzazione. L'obiettivo di questa valutazione è quello di segnalare l'attuale discrepanza tra la prestazione espressa e quella desiderata e l'obiettivo; ridurre il «peso cognitivo» successivo dello studente perché egli non si concentrerà più su ciò che sa fare bene, ma su ciò che non sa ancora fare bene; fornisce informazioni che possono essere utilizzate per correggere strategie inappropriate per il compito, errori procedurali o fraintendimenti. Il contesto nel quale si applica il feedback include l'emissione di una domanda, l'ascolto attento della risposta dello studente. La comunicazione del feedback segue quindi questo ordine:

· indicare gli elementi positivi contenuti nella risposta dello studente

· indicare ciò che non va, e perché;

· indicare ciò che si può migliorare e che cosa si ha bisogno per migliorare;

· quantificare la prestazione.

Così applicato il feedback assume una valenza positiva e viene dato nella prospettiva di confermare o di dare informazioni al fine di migliorare l'apprendimento dello studente. In questa ottica, Marzano e collaboratori (1992) suggeriscono che i feedback dovrebbero aiutare gli studenti a sviluppare positivi atteggiamenti circa la loro capacità di svolgere i compiti.

Inoltre, un feedback specifico, chiaro, immediato su come migliorare concetti e compiti procedurali è una buona linea guida generale da seguire. Feedback lunghi, complessi, ritardati sono in genere più problematici. In particolare, l'insegnante deve prestare attenzione a: focalizzare il feedback sul compito non sullo studente; dare un feedback che descriva che cosa, come e perché una certa strategia accresce l'apprendimento; fornire un feedback elaborato in «parti» per non sovraccaricare la mente e non correre il rischio che sia trascurato (ad esempio, collocare l'osservazione nel punto dove è stato commesso un errore); non dare un feedback generico e ambiguo perché bloccando l'apprendimento può dare un senso di frustrazione; dare solo informazioni che possono essere utili e aiutare (dire ad esempio: «Devi essere più attento!» è generico e non è molto utile). Il feedback dovrebbe chiarificare gli scopi e ridurre e rimuovere l'incertezza tra ciò che lo studente sta facendo e gli obiettivi che devono essere raggiunti. Può anche essere utile dare il feedback dopo che lo studente ha tentato la soluzione ad un errore segnalato (ad esempio, l'insegnante può segnalare che il compito contiene sei errori di ortografia e invitare a correggerli successivamente, dopo che lo studente ha tentato una correzione, essere più preciso).

In linea di massima, il docente d'italiano in Camerun deve fornire un feedback ai suoi studenti dopo una risposta falsa per far insediare la regola agli studenti. In questa prospettiva, Gentile e Ramellini (1998) ritengono che il monitoraggio settimana dopo settimana dello stato delle conoscenze degli studenti possa permettere all'insegnante di preparare interventi di integrazione, chiarimento, spiegazione e correzione perché gli studenti devono sapere a che punto è la loro competenza linguistica e se possono farcela. Il feedback è esattamente ciò che gli insegnanti dovrebbero dare, è un'analisi e una valutazione. Ciò che conta è che viene analizzato e valutato quello che è stato fatto in funzione dell'obiettivo che si voleva raggiungere, ma non viene mai valutata la persona dello studente. Con il feedback l'allievo è consapevole dei suoi errori e sa quindi che cosa si deve fare per superare questi errori.

3.5.5. Privilegiare la valutazione formativa

La valutazione fa parte integrante del processo formativo. Le valutazioni più conosciute sono di tipo sommativo e misurano con test ed esami il grado di apprendimento degli studenti o valutano l'insegnamento scolastico secondo i risultati ottenuti dagli studenti. La valutazione tuttavia può assumere anche una dimensione «formativa» quando è basata su frequenti valutazioni interattive dei progressi compiuti dagli studenti e delle loro capacità di comprensione. Essa avviene possiamo dire giorno dopo giorno durante il processo di apprendimento, gli insegnanti possono quindi adattare i loro metodi d'insegnamento per rispondere in modo più adeguato alle esigenze di apprendimento. Non va intesa come un giudizio sanzionatorio ma va finalizzata a cogliere, attraverso diversi strumenti, informazioni tempestive, analitiche e continue sul processo di apprendimento. In vista di favorire anche un'autovalutazione da parte degli studenti e di fornire ai docenti indicazioni per attivare eventuali correttivi all'azione didattica o predisporre interventi di rinforzo/recupero. La valutazione formativa dunque è un processo attraverso il quale scoprire e capire ciò che è stato appreso, ciò che ancora rimane in sospeso e come migliorare. Non tutte le attività di verifica in itinere si possono considerare formative. Sono tali solo se rispettano alcuni principi:

· lo studente è considerato protagonista attivo: La valutazione formativa aiuta lo studente a individuare chiaramente cosa sta acquisendo, come sa applicare le sue conoscenze e abilità e cosa e come migliorare, egli è coinvolto e motivato, riconosce i progressi che compie.

· le strategie valutative sono inserite nell'istruzione, mirate agli obiettivi prefissati, condivisi con gli studenti, in grado di rilevare gli aspetti critici da migliorare durante il percorso di insegnamento.

· si basa sui risultati da raggiungere: Verifica come ci si sta avvicinando ad essi e con quale qualità.

Il valore della valutazione formativa sta nella sua capacità di informare sia gli insegnanti ma soprattutto gli studenti su come si sta procedendo nel percorso di apprendimento. Ciò significa che l'insegnante deve progettare le attività di valutazione formativa in modo che si presentino, prima, durante e dopo il percorso di apprendimento; deve esplicitare agli studenti gli obiettivi da raggiungere in termini chiari, in modo da aiutarli a comprendere cosa ci si aspetta da loro e come possono fare per raggiungere i risultati attesi. La valutazione formativa è una delle strategie più efficaci per promuovere alti livelli nei risultati degli studenti. Essa è anche importante per migliorare l'equità nei risultati degli studenti e per sviluppare le loro capacità di «imparare ad imparare». La valutazione formativa è uno strumento o una possibilità in mano dell'insegnante camerunense d'italiano in grado di migliorare il successo scolastico degli studenti e di ridurre gli errori dei suoi studenti. Affinché questo sia efficace deve:

· creare in classe una cultura di apprendimento

· chiarificare e condividere le finalità dell'apprendimento all'inizio di ogni unità di apprendimento e di ogni lezione

· indicare il punto raggiunto e il progresso successivo

· fare domande opportune e significative

· accrescere la stima di sé dello studente nel momento in cui si parla di successo scolastico

Mettere in atto queste strategie consente gli studenti di riconoscere il loro successo, fa loro spostare la loro attenzione dal completamento del compito al raggiungimento dell'obiettivo, spinge gli studenti a impegnarsi per se stessi e non per l'insegnante.

In conclusione, dal paragrafo sulle strategie per la gestione dell'errore nel contesto camerunense emerge che, anche se l'errore fa parte integrante del processo insegnamento/apprendimento, si pu? almeno ridurre la quantità degli errori prodotti dagli studenti. Nel contesto camerunense ad esempio, la riduzione dell'errore potrebbe trovare la sua massima soluzione tramite: i corsi di aggiornamento per docenti, il lavoro di collaborazione tra i docenti di lingua, l'interazione in classe, il feedback sulla progressione degli studenti e, infine, la valutazione formativa. Mettere in atto queste strategie porterebbe, nel medio e lungo termine, a quello che siamo soliti definire «successo».

CONCLUSIONE GENERALE

In conclusione, il nostro lavoro intitolato: «Francese, italiano e lingue camerunensi a contatto: indagine sugli errori degli apprendenti d' italiano L2 presso il Liceo Classico e Moderno di Maroua», ci ha offerto l'opportunità di riflettere non solo sull'importanza dell'errore nell'acquisizione di una seconda lingua ma anche sulle modalità di correzione e le strategie di gestione degli errori nell'insegnamento/ apprendimento dell'italiano L2 in Camerun. Come noto da tutti, l'acquisizione di nuove competenze da parte dello studente chiama in causa il concetto di errore. Ci? non significa che l'errore debba essere visto come un evento negativo. Pu? al contrario, trasformarsi in un'opportunità per l'apprendimento. Questo vale per l'insegnamento dell'italiano in Camerun dove nel processo di apprendimento da parte di studenti camerunensi, dal contatto tra il francese, le lingue locali e l'italiano, nascono delle interferenze che molte volte determinano l'emergere di errori linguistici nella lingua target. Di fatto, il nostro obiettivo nell'analizzare la situazione della lingua italiana nello spazio sociolinguistico camerunense, affrontando non solo la questione della sua diffusione ma, specificatamente il problema degli errori linguistici e pragmatici derivanti dal contatto con le lingue locali. Per la raccolta dei dati da analizzare, abbiamo scelto come luogo di ricerca il Liceo Classico e Moderno di Maroua. Il nostro lavoro è stato elaborato in tre capitoli.

Nel primo capitolo, abbiamo fornito un quadro, sia pure non esaustivo, delle varie teorie che hanno cercato di descrivere cosa è e come avviene l'apprendimento di una seconda lingua e delle riflessioni condotte sulle modalità e sulle caratteristiche dell'apprendimento in genere e di quello linguistico in particolare. Ci siamo limitati, in questa sede, a descrivere quelle pertinenti all'argomento che ci siamo proposti di approfondire. Inoltre, questo capitolo ci ha permesso di presentare un quadro delle ricerche sull'italiano in Camerun. Abbiamo descritto in maniera generale le più rilevanti indagini che sono già state svolte relativamente alla diffusione e alla didattica dell'italiano in Camerun allo scopo di sfruttare i dati relativi alla didattica dell'italiano in Africa e in Camerun in particolare; e di tracciare un quadro sinottico di ciò che emerge dalla letteratura scientifica dell'italiano in Camerun. Alla fine di questo capitolo, abbiamo notato che, rispetto al passato dove si registravano in Camerun un numero relativamente basso di corsi, di docenti e di apprendenti d'italiano (una situazione dovuta soprattutto al minor interesse dei camerunensi a quell'epoca per la «bella lingua»). Oggi, la costante crescita della lingua italiana nel nostro paese ha attirato l'attenzione degli esperti di glottodidattica nonché quella di coloro che si interessano di diffusione dell'italiano L2 fuori d'Italia.

Il secondo capitolo ci ha permesso di presentare la situazione dell'insegnamento dell'italiano in Camerun, di mettere in risalto la specificità di tale paese sul piano linguistico, le modalità di diffusione e di insegnamento dell'italiano e i problemi legati all'insegnamento dell'italiano L2. Da questo capitolo, abbiamo notato che, gli accordi bilaterali tra l'Italia e il Camerun hanno stimolato il rafforzamento delle politiche linguistiche e l'aumento dei corsi di italiano nei centri linguistici, nei licei e nelle università statali. Per?, al termine di questo capitolo abbiamo osservato, rispetto alla diffusione e all'insegnamento dell'italiano in Camerun, che molto rimane ancora da fare per migliorare la qualità della didattica nel nostro paese e il livello di competenza dei giovani apprendenti d'italiano. Uno dei principali problemi da risolvere rimane quello della progettazione di materiali contestualizzati che tengano conto dei reali bisogni formativi dei discenti nonché delle caratteristiche intrinseche del contesto locale.

Il terzo capitolo è stato realizzato grazie alla somministrazione di un questionario ai docenti e agli apprendenti che operavano nel liceo in cui è stata svolta l'indagine. L'analisi e l'interpretazione di questi strumenti di rilevazione ci hanno fornito informazioni sull'identikit dell'apprendente d'italiano che abbiamo incontrato durante la nostra ricerca sul campo, e sulle modalità di gestione dei comportamenti errati da parte dei docenti.

Al termine della nostra ricerca viene fuori che, in base alla nuova lingua che studia e sta imparando, l'apprendente commetterà delle infrazioni perché le influenze lineari e cumulative delle conoscenze già apprese precedentemente non saranno rielaborate, bensì, saranno conservate e trasferite così come sono. Questi automatismi sono tali che l'apprendente ha, molto spesso, la tendenza a calcare, cioè a copiare modelli linguistici in una maniera spontanea e irriflessa. Percepita e definita come produttrice d'infrazioni a una norma linguistica della lingua di studio, l'interferenza conduce inevitabilmente l'apprendente a commettere degli errori che rallentano l'evoluzione del suo apprendimento. Ancora più grave è la situazione in cui questi errori diventano sistematici e si «fossilizzano», nel senso che l'apprendente si ferma ad un certo livello di competenza e non progredisce più. In questa prospettiva, l'errore diventa quindi molto utile al discente perché gli permette di controllare e di verificare le proprie ipotesi formulate e di constatare i limiti delle regole che ha ricostruito. Agente attivo che sviluppa delle attività mentali costanti per tentare di migliorare le sue competenze linguistiche e comunicative, l'apprendente commette degli errori, la cui tipologia e la cui importanza costituiscono una fonte di informazione molto ricca per gli insegnanti e i formatori. Esse saranno le pause necessarie dentro i sillabi istituzionali e gli insegnanti potranno perciò capire quali tappe di apprendimento sono state attraversate dall'apprendente e qual è la natura delle difficoltà che incontra. Detto questo, la correzione, oltre ad essere un atto «terminale», perché è un giudizio, si trasforma in aiuto per apprendere, un modo di fornire all'apprendente informazioni rilevanti per aggiustare le proprie ipotesi, un aiuto a «notare la differenza» tra il proprio sistema interlinguistico e la lingua d'arrivo. Acquisisce quindi importanza il ruolo dell'insegnante, il quale deve avere l'abilità di intervenire al momento opportuno e nella giusta misura per correggere una forma erronea.

Tuttavia, siamo consapevoli che uno dei limiti di questo lavoro è il fatto di aver lavorato su un campione ristretto. Ci auguriamo che, in futuro, altri studi del genere siano effettuati su scala nazionale per avere un quadro completo della situazione o trovare altre soluzioni per il miglioramento della qualità dell'insegnamento dell'italiano L2 in Camerun.

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APPENDICI

Appendice1: I questionari somministrati ai docenti e ai discenti

Appendice2: Il corpus della produzione scritta per i discenti

Appendice 3: Il programma ufficiale d'italiano del primo ciclo nei licei camerunensi

Appendice 4: Il nuovo programma d'italiano presso la Scuola Normale Superiore di Maroua

QUESTIONARIO SOMMINISTRATO AI DOCENTI

Il questionario che Le viene sottoposto è incentrato sugli errori fatti dagli apprendenti di italiano in Camerun; e il suo scopo è di mettere a fuoco la loro importanza nel processo didattico, e proporre alcune strategie per gestirli meglio nell'ambito dell'insegnamento/apprendimento dell'italiano L2 nei licei camerunensi. Il questionario è anonimo e non ci sono risposte giuste o sbagliate.

Sezione 1: Dati generali

1.1. Esperienza nell'insegnamento dell'italiano L2:

meno di 2 anni

più di 2 anni

più di 5 anni

1.2. In che classe insegna l'italiano?

4eme

3eme

2nd

1.3. Qual è il motivo principale che spinge i Suoi studenti a studiare l'italiano? (indicare una sola risposta)

proseguire gli studi universitari in Italia

lavorare in Camerun

arricchire il bagaglio linguistico-culturale

per curiosità

altro, e precisare .........................................

1.4. Livello dei suoi apprendenti:

principiante

elementare

intermedio

avanzato

1.5. Ha mai partecipato a seminari dell'italiano destinati a docenti?

s?

no

1.6. Se s? indichi:

Luogo: ...............................................................................................................................................

Titolo: ..................................................................... ..........................................................................

Anno: ...............................................................................................................................................................

Sezione 2 : Gli errori degli apprendenti e le strategie di correzione

2.1. Quali sono i tipi (almeno due) di errori fatti dai suoi apprendenti ?

errori linguistici

errori pragmatici

errori di interferenza con altre lingue

2.2. Questi errori La aiutano nel processo didattico ?

no

s?

2.3. Quali sono le strategie che adotta per correggere gli errori degli apprendenti?

correzione immediata

stimolare l'autocorrezione

la correzione del gruppo coinvolgendo gli altri studenti

2.4. Secondo Lei tutti gli errori vanno corretti ?

Se s?, perché? ....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Se no, quali sono gli errori che non vanno corretti?.....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

2.5. Quali tipi di errori devono essere corretti nel contesto camerunense? e perché?

............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

2.6. Secondo Lei quali sono le strategie che potranno aiutare i docenti a gestire meglio o a ridurre gli errori degli apprendenti di italiano?

seminari o corsi di aggiornamento destinati a docenti

lavoro in sinergia con altri docenti di lingua

una valutazione costante (formativa) degli studenti

altro, e precisare ................................................................................

Grazie della collaborazione !

QUESTIONARIO SOMMINISTRATO AGLI APPRENDENTI

Questo questionario è rivolto agli allievi delle classi di 3eme e 2nd del Liceo Classico e Moderno di Maroua. Il suo obiettivo è di individuare i diversi tipi di errore che commettono gli apprendenti di italiano in Camerun, e di evidenziarne le cause. Lo scopo ultimo del questionario è di proporre alcune tecniche che potrebbero aiutare in futuro i docenti a gestire meglio gli errori degli apprendenti di italiano in Camerun. Il questionario è anonimo e non ci sono risposte giuste o sbagliate.

Sezione 1: Generalità e motivazioni allo studio:

1.1. Età:

meno di 12 anni

tra 13 e 14 anni

tra 15 e 17 anni

1.2. Sesso :

maschile

femminile

1.3. Qual è la tua prima lingua di comunicazione?

..................................................................................

1.4. Come si chiama la tua madrelingua ?

...........................................................................................

1.5. Indica il tuo grado di conoscenza della madrelingua :

capisco, parlo fluentemente e scrivo

capisco, parlo fluentemente ma non scrivo

riesco solo a capire bene

capisco pochissimo ma non parlo

1.6. In che classe sei ?

3eme

2nd

1.7. I l principale motivo che ti ha spinto a studiare l'italiano :

proseguire gli studi universitari in Italia

lavorare in Camerun

per arricchire il tuo bagaglio linguistico-culturale

per curiosità

altro e, precisare .................................................

1.8. Quale è la tua impressione per quanto riguarda le somiglianze (formali) tra il francese e l'italiano?

il francese e l'italiano si assomigliano molto

il francese e l'italiano si assomigliano un po'

il francese e l'italiano si assomigliano molto poco

1.9. Il francese ti aiuta nello studio dell'italiano ?

un po'

molto

molto poco

1.10. Ti capita di usare il «voi» (e i suoi derivati) invece del «Lei» di cortesia?

sì, molto spesso

raramente

mai

Sezione 2 : Gli errori degli apprendenti e le loro cause

2.1. Quali sono gli errori che fai spesso e segnalati dal tuo insegnante ?

errori linguistici

errori pragmatici

errori di interferenza con altre lingue

2.2. Come si comporta il tuo insegnante rispetto ai tuoi errori ?

mi corregge immediatamente

mi porta a prendere coscienza dei miei errori

chiede alla classe di aiutarti

2.3. Quale ti sembra essere l'origine di questi errori ?

l'influenza della lingua francese

l'influenza della tua madrelingua

l'influenza del contesto di apprendimento

2.4. Che cosa si pu? fare per aiutarti a ridurre i tuoi errori ?

mettere l'accento sull'interazione in classe

favorire lavoro in gruppo

dare un feedback permanente della progressione di ogni studente

dare molti esercizi

altro, e precisare ........................................................................................

Grazie della collaborazione !

PRODUZIONE SCRITTA PER GLI APPRENDENTI

«Cosa fai durante la tua giornata libera»

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Grazie della collaborazione !

* 1 Datti tratti dalla ricerca condotta da Kuitche sulla diffusione e le motivazioni all'apprendimento dell'italiano nell'Africa subsahariana, disponibile sul sito: http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/22275. Ultima consultazione 03 settembre 2014.

* 2 Questo movimento è stato fondato da Chiara Lubich nel 1943, si è sistemato in Camerun a Fontem, città capoluogo del dipartimento del Lebialem, nella regione del Sud-Ovest.

* 3 Convenzionato con l'Università per Stranieri di Siena.

* 4 Convenzionato con l'Università per Stranieri di Perugia.

* 5 Convenzionato con la società Dante Alighieri.

* 6 Il termine inglese contrastive linguistics appare per la prima volta nel 1941 nella rivista Linguages and Logic, in un articolo del linguista e antropologo americano Benjamin Lee Whorf.

* 7 Teoria comportamentista riguardo agli errori.

* 8 Per approfondimenti vedi il lavoro di Cerutti, «Linguistica contrastiva e didattica di lingue affini: L'insegnamento dell'italiano ad un pubblico ispanofono», pubblicato nella rivista Romanitas, lenguas y literaturas romances e disponibile sul sito: www.romanistas.usprrp.edu . Ultima consultazione 12 ottobre 2013.

* 9 Quest'ultimo era allievo di Lado e il primo a realizzare con lui un dottorato sull'analisi contrastiva.

* 10 Il concetto fu usato per la prima volta da Larry Selinker nel suo articolo "Interlanguage" pubblicato nel 1972.

* 11 Chomsky afferma che ogni essere umano possiede un meccanismo innato di acquisizione linguistica, il LAD (Language Acquisition Device) basato su universali linguistici, sulla capacità di formulare ipotesi e la possibilità di verificare le ipotesi attraverso il feedback sui risultati prodotti. Bruner affianca al LAD il LASS (Language Acquisition Support System) che dà la possibilità di raffrontare la performance e quindi validare le ipotesi. È dato dall'ambiente familiare per i bambini, dall'azione didattica del docente e dei materiali in classe, dall'ambiente che circonda lo studente di L2.

* 12Ci riferiamo qui all'insieme delle regole che gli studenti impotizzano per arrivare ad un significato giusto nella lingua target.

* 13 La somiglianza tra lingue diverse è il punto forte del transfert. Cioè, quando l'apprendente nota che L1 e L2 si assomigliano molto il transfert occorrerà. ( nostra traduzione)

* 14 Questo schema è stato tratto dal lavoro condotto da Anna Cattana e Nesci sull'analisi e la correzione degli errori.

* 15 Precisiamo che, ai fini della nostra ricerca, abbiamo sfruttato soltanto i primi di alcuni risultati di questa indagine, pubblicati in una rivista online nel 2010.

* 16 Per rimanere nell'ambito della nostra ricerca.

* 17 Questo era valido per tutti i paesi africani coinvolti nella ricerca ma, quello che ci interessa è il caso specifico del Camerun per rimanere nel quadro della nostra ricerca.

* 18 Dati tratti dal sito: www.unesco.org/education/uie/country/Cameroon .Ultima consultazione 15 gennaio 2014.

* 19 Informazione disponibile sul sito: www.marges-linguistiques.com.Ultima consultazione 15 gennaio 2014.

* 20 Dati tratti dal sito: www.refer.sn/sudlangues.Ultima consultazione 15 gennaio 2014.

* 21 Nostra traduzione dal testo originale in francese.Per approfondimenti vedi il lavoro condotto da Wamba e Noumssi su «Le français au Cameroun contemporain : statuts, pratiques et problèmes sociolinguistiques». Disponibile sul sito: www.refer.sn/sudlangues.Ultima consultazione 03 gennaio 2014.

* 22Informazione disponibile anche sul sito ufficiale della CRTV (radio e televizione nazionale) all'indirizzo: www.crtv.cm .Ultima consultazione 03 settembre 2013.

* 23Questo è valido anche per l'inglese ma parliamo qui unicamente del francese per rimanere nel quadro della tesi.

* 24 Nostra traduzione dal testo originale in francese.

* 25La Repubblica del Camerun adotta l'inglese e il francese come lingue ufficiali di uguale valore. Lo stato garantisce la promozione del biliguismo su tutta l'estesa del territorio. ( nostra traduzione).

* 26 Nostra traduzione dal testo originale in francese.

* 27Secondo le statistiche del censimento del 2005, il Camerun possiede una popolazione estremamente giovane. Coloro che hanno meno di 18 anni rappresentano il 50% della popolazione camerunense e gli ultra sessantenni rappresentano solo il 5,5%.

* 28 Nostra traduzione dal testo originale in francese.

* 29 Disponible in: www.refer.sn/sudlangues .Ultima consultazione 03 gennaio 2014.

* 30 Nostra traduzione dal testo originale in francese.

* 31 Momento in cui il fiorentino era adottato come lingua nazionale.

* 32 Informazioni disponibili sul: http://www.ambyaounde.esteri.it/Ambasciata_Yaounde/ sito dell'Ambasciata d'Italia a Youndé. Ultima consultazione 02 gennaio 2014.

* 33Dati tratti dal sito: http://www.ambyaounde.esteri.it/Ambasciata_Yaounde/ .Ultima consultazione 02 gennaio 2014.

* 34 Cfr. http://www.ambyaounde.esteri.it/Ambasciata_Yaounde/. Ultima consultazione 02 gennaio 2014.

* 35 Dati tratti dalla ricerca condotta da Bikitik Hyppolites sull'insegnamento/apprendimento dell'italiano in Camerun e disponibile sul sito: http://wwwvenus.unive.it/italslab/modules.php/ e anche dalla ricerca condotta da Kuitche sulla diffusione e le motivazioni allo studio dell'italiano nell'Africa subsahariana francofona e disponibile sul sito http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/22275. Ultima consultazione 12 dicembre 2013.

* 36I principali centri linguistici riconosciuti dall'Ambasciata d'Italia sono : Circolo Culturale per la Promozione delle lingue, lo Sviluppo e la Pace, (CLIRAP) di yaoundé e Douala, Centro di Lingua e di Cultura italiana di Douala (CLID) di Douala , Oasi Italiana di Douala, Centro Universitario Italiano-Università di Dschang ,il Centro Sig.ra Rita Filippi di Limbe, B&K Language Institute di Yaoundé Centro Culturale Italiano Niccolò.A di Yaoundé, Institut de Culture et de Langues de Yaoundé Parliamo Italiano di Yaoundé. Informazioni disponibili sul sito http://www.ambyaounde.esteri.it/Ambasciata_Yaounde/ .Ultima consultazione 02 gennaio 2014.

* 37 Il motore per sostenere il lungo periodo di apprendimento spesso tedioso. (nostra traduzione).

* 38 Nostra traduzione dal testo originale in inglese.

* 39 Nostra traduzione dal testo originale in inglese.

* 40 Una delle condizioni fondamentali per il rilascio di tale visto è il possesso di una certificazione di conoscenza della lingua italiana. Oggi, sono presenti in Camerun le certificazioni CILS, CELI, PLIDA e IT. Esistono vari poli di insegnamento dell'italiano in Camerun e la maggior parte degli apprendenti frequenta corsi intensivi che durano mediamente nove mesi presso istituti privati presenti soprattutto nelle grandi città del paese.

* 41 Per approfondimenti rimandiamo all'articolo scritto da Kuitche sulla diffusione e le motivazioni allo studio dell'italiano nell'Africa subsahariana francofona e disponibile sul sito: http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/22275. Ultima consultazione 12 dicembre 2013.

* 42 Allegato in appendice.

* 43 Nostra traduzione dal testo originale in francese.

* 44 Questa classificazione è stata fatta da Jakobson e halliday.

* 45 Per approfondimenti rimandiamo all'opera di Diadori, senza parole.100 gesti degli italiani, pubbicata nel 1990.

* 46 Questo schema è stato tratto dalla ricerca condotta da Alberto Novello sui Modelli operativi per l'insegnamento dell'italiano lingua straniera, disponibile sul sito: http://www.venus.unive.it/filim. Ultima consultazione 12 dicembre 2013.

* 47 È una ricerca che stata difesa presso l'unità d'italiano della Scuola Normale Superiore di Maroua per il conseguimento del DIPES II e verteva sull'italiano nel panorama linguistico camerunense.

* 48 Inserito in appendice.

* 49 Dati tratti dal sito: http://linguaitaliana-in-camerun.e-monsite.com/pagine/didattica-ens maroua/page.html .Ultima consultazione 20 gennaio 2014.

* 50 Questo è l'indirizzo del sito web: http://linguaitaliana-in-camerun.e-monsite.com/pagine/didattica-ens maroua/page.html .

* 51 Un mondo sano che è chiavo e sordo dovo c'è una piccola gioia o disturbo per spingere emozioni dell'apprendente. ( nostra traduzione)

* 52 Un esempio di materiale contestualizzato è Amici del Mediterraneo, progettato e realizzato per soddisfare i bisogni linguistici di studenti delle scuole secondarie egiziane. Il manuale si inquadra all'interno di un progetto più ampio che ha visto la collaborazione del Ministero dell'Educazione della Repubblica d'Egitto, del Ministero degli Affari Esteri italiano e dell'Istituto Italiano di Cultura del Cairo. Il corso di lingua si articola in due livelli e la sua produzione è stata finalizzata a dare un nuovo impulso allo studio della lingua italiana in Egitto.

* 53 Questo concetto è stato usato da Pit Corder nel suo articolo Languages , pubblicato nel 1980.

* 54 Esso è situato al cuore del quartiere Dougoi, circoscrizione di Maroua 3e, Dipartimento del Diamaré. Il liceo è stato creato nel 1974 e inaugurato due anni dopo dal primo Presidente della Repubblica del Camerun Ahmadou Ahidjo, divenendo allo stesso momento Collegio d'Insegnamento Generale. Nel 2006, diventa Liceo Classico e Moderno di Maroua (LICLAMOMA). Sin dalla sua creazione, si sono succeduti otto presidi a capo della struttura, fra cui il Signor Hamadou da 2009. Nel suo lavoro, è assistito da 25 collaboratori adetti all'amministrazione, 70 insegnanti e circa 5000 allievi. Il liceo è dotato da un centro multimediale sin dall'anno 2005 inaugurato un anno dopo cioè nel 2006 dal Ministro degli Insegnamenti Secondari Louis Bapès Bapès .

* 55 Metodi per accertare e approfondire risposte generiche e/o confuse.

* 56 La standardizzazione delle misure, uno dei requisiti imprescindibili nelle indagini statistiche, impone infatti che le domande che costituiscono il questionario siano rivolte a tutti nella stessa forma e abbiano lo stesso significato per tutti i rispondenti al fine di garantire la confrontabilità delle informazioni ricevute.

* 57 I due questionari utilizzati durante la fase di ricerca sul campo sono allegati in appendice.

* 58 Notiamo che molti autori tendono ormai ad azzerare la sottile differenza tra domande a risposte fisse predefinite e il caso limite delle domande propriamente chiuse. Tutte le domande strutturate vengono spesso classificate semplicemente come domande chiuse che Dautriat definisce come «(...) quelle in cui i tipi di risposte sono fissati in anticipo dal questionario. L'intervistato non ha né libertà d'espressione, né possibilità di scelta, al di fuori di quelle che offre il questionario».

* 59 Il corpus della produzione scritta utilizzata durante la fase di ricerca sul campo è allegato in appendice

* 60 Per gli studenti di 4° si vede il presente indicativo durante le prime settimane. Per le classi di 3° e 2nd si fa un piccolo ripasso durante le tre settimane sui tempi dell'indicativo prima di iniziare con i loro corsi dell'anno.

* 61Informazione disponibile in rete all'indirizzo: http://didattica.antoniosantoro.com/mirabella5/ERRORE-Didattica.doc. Ultima consultazione 18 gennaio 2014.

* 62 Informazione disponibile in rete all'indirizzo: http://www.edscuola.com/archivio/ped/non_programmi.htm. Ultima consultazione 18 gennaio 2014.

* 63Per approfondimenti vedi : http://www.istituti.vivoscuola.it/isticomprelavis/pgel_pressano/archivio_1.htm. Ultima consultazione 02 settembre 2013.

* 64 Datti tratti dalla ricerca condotta da Kuitche sulla diffusione e le motivazioni all'apprendimento dell'italiano nell'Africa subsahariana, disponibile sul sito: http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/22275. Ultima consultazione 03 settembre 2014.

* 65 L'autore aveva comunque, a suo tempo, ipotizzato che con la creazione del dipartimento d'italiano presso la Scuola Normale Superiore di Maroua, si assisterà con l'andare del tempo ad un nuovo profilo degli apprendenti camerunensi e si potrà verificare una progressiva variazione della principale motivazione allo studio dell'italiano che, era a suo tempo essenzialmente legata al progetto migratorio per studi universitari in Italia.

* 66 Il fulfuldé è la lingua la più diffusa in Africa-subsahariana e occidentale. Si annovera una quindicina paese africano dove questa lingua è parlata. Per L'ALCAM (1983), il fufuldé è la lingua di cui si stima del resto che ha forse il più gran numero di locutori nativi circa 350.000 locutori. Si distingue tre varianti del fufuldé : il fulfuldé fuunaaNgere , le fulfulde hiirnaaNgere; fulfulde hooseere (Cfr. Barth, 1861).

* 67Il tupuri è una lingua parlata nel confine sud-ovest del Ciad e nord-est del Camerun cioè nella regione comunemente chiamato « bec de canard ». Oggi giorno, il tupuri è parlato nel Mayo-Danay e il Mayo-Kani. Secondo L'ALCAM (1983), i locutori tupuri nel nostro paese girano intorno al 100.000 per le regioni dell'estremo Nord e Nord dove questa lingua è radicata.

* 68 Alla fine degli anni 50, grazie al contributo di Chomsky, cambia completamente il modo di concepire l'errore. Il comportamentismo viene abbadonato per accogliere la nuova prospettiva cognitivista e spostare il focus di analisi sul discente, sul suo modo di apprendere e sui meccanismi dell'apprendimento linguistico.

* 69 Secondo la teoria di Stephen Krashen sull'acquisizione della seconda lingua, il monitor è un dispositivo mentale che controlla la correttezza di ciò che si dice richiamando alla mente le regole che si sono imparate con attività di riflessione linguistica; il filtro affettivo è un insieme di variabili affettive e psicologiche (ad esmpio. ansia, scarsa motivazione, insicurezza e mancanza di autostima) che ostacolano l'acquisizione perché agiscono sull'input linguistico come un filtro, riducendo la quantità di dati che raggiungono il LAD, cioè il dispositivo mentale responsabile dell'acquisizione della lingua.

* 70 Per Ciliberti (2003:16), Il lavoro di riparazione indica: «il continuo aggiustamento che ha luogo tra parlanti ed ascoltatori, mirante a risolvere problemi manifestatisi durante l'uso linguistico interattivo Tale lavoro è cruciale all'apprendimento in quanto costituisce un fondamentale meccanismo di feedback e di controllo per il discente. La correzione riguarda invece esclusivamente il trattamento degli errori». Esso si manifesta con osservazioni, commenti, richieste di chiarimento e riformulazioni ed, inoltre, con correzioni vere e proprie.

* 71 Ricordiamo, se ve ne fosse bisogno, che questa valutazione non è ancora la valutazione dell'apprendimento. Si tratta di un feedback valutativo ancora lungo il processo di apprendimento.

* 72 Ultima consultazione delle risorse reperibili in rete: 03. 03. 2014.






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